Covid, così la legge salva i «positivi» che violano il divieto di uscire

Non ci sono punizioni possibili per chi, positivo al virus, violi la quarantena. Le persone consapevoli di essere risultate positive al tampone — e che quindi devono restare isolate non solo per responsabilità verso gli altri, ma anche in forza del decreto legge del 25 marzo 2020 che altrimenti le sanziona «con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e l’ammenda da 500 a 5.000 euro» — in realtà non rischiano proprio nulla anche se violano il divieto assoluto di allontanarsi da casa.

Perché in Parlamento, il 22 maggio 2020 in sede di legge di conversione del decreto, passò inosservata (e poi inapplicata dai Comuni) l’aggiunta di una condizione: non solo essere positivi, ma anche ricevere una ordinanza del sindaco. E siccome da un anno a questa parte nessun sindaco di alcun Comune consegna mai questa ordinanza al cittadino positivo per intimargli di stare a casa, ecco nei fatti esclusa la punibilità di tutti coloro che, pur avendo certezza della propria condizione di positivi al virus, ma non avendo ricevuto l’ordinanza del sindaco, si sottraggono all’isolamento e violano la quarantena senza temere né l’illecito penale dell’articolo 260 del Testo Unico delle leggi sanitarie sull’«inosservanza di un ordine legalmente dato per impedire la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo», né sanzioni amministrative.

In un lungo provvedimento che fa il punto del quadro normativo, e che formula al gip la richiesta di archiviazione di una positiva senzatetto allontanatasi l’anno scorso per due ore dall’ospedale per tornare in dormitorio, la Procura di Milano argomenta i termini di questo effetto paradossale. È un effetto destinato a protrarsi se non cambierà la norma o non cambierà l’operato dei sindaci, i quali lamentano di non disporre di informazioni dalle Asl, e anzi vorrebbero (a dispetto del testo letterale della legge) ribaltare l’onere di notifica proprio sulle Asl, già «autorità sanitarie» in altri contesti. Ed è un paradosso che intanto si somma sia alla impercorribilità del reato di «epidemia colposa» (articolo 452), per l’impossibilità di provare un nesso di causa tra la circolazione della persona positiva e il momento del contagio di altre specifiche persone; sia alla inservibilità anche dell’«inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità» (articolo 650), contravvenzione tarata sulla mancata ottemperanza a provvedimenti amministrativi individuali e concreti, quindi non idonea invece a sanzionare violazioni di norme generali e astratte come nei Dpcm.

L’archiviazione chiesta dalla pm Maura Ripamonti e da una dei vice del procuratore Francesco Greco, l’aggiunto Tiziana Siciliano, è stata accolta dalla gip Alessandra Del Corvo, che peraltro l’ha disposta (nello specifico della senzatetto denunciata il 19 marzo 2020) già per un profilo precedente e assorbente: la successione di norme nel tempo sotto forma non di depenalizzazione in senso stretto, ma del rapporto tra abrogazione di una previsione penale e introduzione di una norma amministrativa punitiva.

 

 

fonte: corriere.it