L’azienda Internationale Biolife era stata selezionata dagli uffici dell’ente guidato da Nicola Zingaretti tramite conoscenze
TARANTO – Scattano i primi arresti per la maxi truffa delle mascherine rifilata alla Regione Lazio. La Procura di Taranto ha spiccato ordini di arresto per i titolari della International Biolife srl che doveva fornire mascherine alla Protezione Civile regionale direttamente e attraverso la Ecotech passando per la Ex-Or Sa di Lugano. Tutto nasce dall’interrogazione presentata in Regione Lazio dalla consigliera di Fratelli d’Italia, Chiara Colosimo.
I finanzieri del Comando provinciale di Taranto hanno eseguito un’ordinanza di custodia agli arresti domiciliari a carico di sei persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere, truffa aggravata, falso, vendita di prodotti industriali con segni mendaci, frodi nelle pubbliche forniture, riciclaggio e autoriciclaggio. Sottoposto a sequestro preventivo il provento illecito, pari a circa 4 milioni di euro.
Tutti si sarebbero procurati ingenti profitti presentandosi sul mercato nazionale e internazionale come in grado di fornire ingenti quantitativi di dispostivi di protezione individuale pur non avendone la disponibilità e anche grazie a false certificazioni. In particolare, nella prima fase dell’emergenza, la società (attiva fino al marzo 2020 solo nel settore del commercio di integratori alimentari) avrebbe garantito all’Agenzia regionale della protezione civile dl Lazio l’immediata fornitura di 6 milioni di mascherine, un milione di camici e un milione di tute, producendo anche false certificazioni: dpi consegnati in ritardo e solo in minima parte, pur avendo ottenuto un acconto dell’intera fornitura, pari a circa 25 milioni di euro. Parte degli illeciti profitti risultano trasferiti su conti esteri.
Ai domiciliari sono finiti Giacomo De Bellis, Antonio Formaro, Raffaele Buovolo, Francesco Oliviero, Pietro Rosati e Luciano Giorgetti su ordine del Gip di Taranto, Benedetto Ruberto.
La Internazionale Biolife, società tarantina attiva nel commercio di profumi, ha venduto milioni di mascherine alla protezione civile regionale nonostante pesassero sull’azienda sospetti di legami con la criminalità organizzata.
“A segnalare il nome dell’impresa alla regione è stato Dario Roscioli che è amico della Internazional Biolife”, affermava tempo fa l’avvocato Pietro Rosati (oggi finito ai domiciliari).
“Ho chiamato Roscioli come tutti gli altri imprenditori, una cinquantina di nomi, di cui mi è stato fornito il nominativo”, ebbe a dichiarare la dirigente Lorella Lombardozzi che confermava la ricostruzione fatta dai giornali. Nel frattempo Roscioli raccontava di essere amico del direttore generale (ormai ex) Andrea Tardiola.
La regione Lazio, guidata da Nicola Zingaretti, ha assegnato una commessa da 27 milioni di euro per materiale sanitario a una società i cui titolari sono stati segnalati per rapporti con ambienti criminali.
L’affidamento della fornitura è stato dato alla Internazionale Biolife, società di Taranto, a fine marzo, in piena emergenza sanitaria. Camici e tute isolanti non sono mai arrivate, le mascherine sì. La regione aveva versato per tutto il materiale un anticipo di quasi 5 milioni, già incassati dalla ditta tarantina.
Di questi, oltre 4 milioni sono finiti a una misteriosa società albanese, di cui era azionista un’italiano e adesso una manager che ha lavorato in Svizzera.
La Internazionale Biolife srl – come tante in questa vicenda – con appena 10mila euro di capitale sociale, specializzata in prodotti omeopatici. La Biolife ha attirato su di sé i riflettori della guardia di finanza e dei pm tarantini, che stanno collaborando con i magistrati romani, risultando uno degli intermediari pur essendo, allo stesso tempo, un fornitore diretto della Regione Lazio in un altro contratto di approvvigionamento dei dpi.
La società tarantina avrebbe dovuto fornire mascherine alla Ex-Or Sa di Paolo Balossi che, a sua volta, avrebbe dovuto consegnare le mascherine alla Eco.Tech. Srl di Frascati.
A quanto ricostruito fin qui dagli atti in possesso del Gico della Gdf di Roma e dai magistrati che stanno indagando, la Regione Lazio fra il 16 e il 20 marzo ha assegnato tre commesse alla Ecotech che, forte della presenza di un socio minoritario operativo in Cina, Pan Hongyi, riteneva di poter consegnare i pochi giorni la maxi-fornitura. I fornitori erano appunta la Ex-Or Sa e la Giosar che a loro volta si erano rivolti alla International Biolife.
Taranto ha iniziato ad indagare dopo la denuncia presentata da Paolo Balossi nei confronti della Biolife.
La Internazionale Biolife, è stata denunciata dopo che a Lugano le autorità ticinesi avevano sentito i vertici della Exor, raccogliendo le deposizioni sulle inadempienze del loro fornitore. In mezzo, c’è una certificazione Sgs non valida presentata l’8 aprile alla Regione Lazio, che tutti i protagonisti disconoscono e che avrebbe dovuto provare l’esistenza del carico di mascherine: grazie a questo documento, la Ecotech ha ottenuto la novazione del contratto, inizialmente revocato dalla Protezione civile.
Il contratto fra Ecotech e la Regione Lazio parla di un costo di 3,60 euro a mascherina Ffp2; le stesse sarebbero state cedute da Exor a Ecotech a 2,50 euro “escluse spese di trasporto e commissioni”, mentre Biolife avrebbe venduto a Exor le stesse mascherine ad appena 0,40 euro l’una (8,50 euro per scatola da 20).
Alla Regione Lazio manca la restituzione di 3.530.000 euro che la Ecotech pretende da Exor che a sua volta pretende alla Internazionale Biolife; di 4.740.000 euro che la Ecotech ha chiesto indietro alla Giosar; e di altri 3.504.000 euro “frutto della vendita di dispositivi di protezione individuali” sul mercato libero, come affermato in una nota del 12 maggio della Regione Lazio.
Il procuratore aggiunto di Taranto Maurizio Carbone e il sostituto Antonio Natale sono i titolari dell’indagine sul nuovo «camici-gate» per una presunta maxi-truffa da 2,8 milioni di euro messa a segno ai danni della Protezione Civile dalla Internazionale Biolife srl
Nel registro degli indagati, con ipotesi di truffa aggravata, sono finiti due tarantini, Giacomo De Bellis, 49 anni e Antonio Formaro, 63 anni, un brindisino, Raffaele Buovolo di 54 anni, residente in Bulgaria, il primo amministratore della società e gli altri due suoi soci.
C’è poi un quarto indagato, il responsabile commerciale della ditta, Francesco Oliverio, 30 anni, nato a Roma.
Il materiale sequestrato rappresentava solo una piccola parte di una maxi fornitura, valore 17 milioni di euro, di un milione di camici impermeabili, idrorepellenti con maniche lunghe e un milione di tute isolanti. La fornitura, ordinata il 30 marzo dello scorso anno, in pieno lockdown, avrebbe dovuto essere consegnata nel giro di una settimana ma la Biolife, si legge nella determina di revoca della Regione Lazio del 26 agosto, ha sempre rinviato la consegna del materiale con una lunga serie di scuse, ora dando la colpa alle dogane turche, ora ai camionisti greci, pur avendo incassato il 20 per cento di acconto sull’intero ordine, circa 2,8 milioni di euro, finiti su un conto acceso presso una filiale tarantina del Monte dei Paschi. Dei due due milioni di capi, sono stati consegnati solo 150mila camici giunti a Roma e finiti sotto chiave. La Regione Lazio, dopo aver atteso invano per 4 mesi, ha revocato l’ordine e ora chiede il pagamento di una penale di 1,4 milioni di euro, 10mila per ogni giorno di ritardo nella consegna.
Secondo la procura ionica, la Biolife sarebbe riuscita a truffare la Protezione civile del Lazio inducendola in errore circa la regolarità della fornitura falsificando una certificazione di conformità. La Regione Lazio si era affidata alla società tarantina per l’acquisto di camici e tute da consegnare a medici e personale sanitario in prima linea nella lotta al Coronavirus. La fornitura, attesa entro una settimana, è arrivata solo in minima parte. Circa 850mila camici e un milione di tute non sono mai stati consegnati.