ROMA – Sono 260 le cave autorizzate e 475 quelle dismesse o abbandonate all’interno del territorio della Regione Lazio, questo è quanto emerge dal nuovo Dossier Cave 2021 di Legambiente presentato oggi.
Tenendo in considerazione che ci sono 3 Regioni senza canone, il Lazio è tra le 4 Regioni dove il canone non arriva neanche al 2% rispetto al prezzo di vendita di sabbia e ghiaia e la nostra Regione, nell’ambito delle cave calcaree, è tra le 12 con estrazione annua maggiore di 1 milione di metri cubi, nonchè una delle 3 (insieme a Sicilia e Umbria) dove insieme si estraggono il 74,7% totale di Rocce Vulcaniche. Il Lazio è anche una delle Regioni con le ammende più dure per apertura di cava non autorizzata con multe fino a 350.000 € e con leggi regionali di riferimento (L.R. 27/1993; L.R. 17/2004; Delibera Consiglio Regionale del 20/04/2011) e Piano Approvato. Nel dossier, sono 2 le storie emblematiche raccontate dal Lazio e che riguardano oneri concessori ridicoli e attività illecite: il caso di attività abusive rilevate e quello dell’enorme bacino del travertino di Guidonia-Tivoli
“Per capire l’importanza e l’impatto delle cave nel Lazio, basta leggere i numeri del dossier e pensare alle cave presenti in particolar modo nell’area della Città Metropolitana di Roma, alla fama mondiale e alla storia secolare del travertino del Lazio – commenta Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio -; nella nostra Regione c’è bisogno in primo luogo di adeguare ampiamente i canoni concessori, oggi estremamente bassi se si pensa all’enorme portato economico che molte di queste attività producono. Poi bisogna continuare a fermare le illegalità sia dell’estrazione abusiva sia di un ripristino e risanamento ambientale che troppo spesso appare una chimera. C’è oggi una possibilità da non perdere anche nel Lazio, quella di passare da un modello lineare a grande impatto, a uno circolare puntato su recupero, riciclo, riqualificazione urbana e territoriale, in una trasformazione nell’interesse dell’ambiente e del settore, perché si aprano opportunità di innovazione e creazione di nuovi posti di lavoro”.
LINK AL DOSSIER NAZIONALE CAVE 2021 DI LEGAMBIENTE
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Le storie dal Lazio
Le attività estrattive abusive nel Lazio
Negli ultimi anni sono state numerose le infrazioni accertate nel settore estrattivo nel Lazio. Nel Settembre del 2019 la Stazione Carabinieri Forestale di Tuscania (VT), nell’ambito di controlli specifici per la tutela delle aree sottoposte a vincoli paesaggistici, ha scoperto alcune irregolarità nell’attività estrattiva nel Comune di Arlena di Castro, in località Banditaccia. La cava di materiale vulcanico ha interessato una superficie di circa 10.000 metri quadrati con i lavori in corso eseguiti in assenza di autorizzazione regionale. Più recentemente, il 12 Gennaio 2021, è stata scoperta una cava abusiva in località “Tenuta del cavaliere”, nel Comune di Guidonia (RM). La cava di pozzolana ha visto uno stop immediato, oltre ad una sanzione economica. Il 3 Marzo 2021 è stata sequestrata una cava nel territorio di Salisano (RI) perché non in possesso delle autorizzazioni, mentre, negli ultimi mesi, le operazioni si scavo si stavano addirittura espandendo. I carabinieri forestale e la Guardia di Finanza, hanno imposto il blocco delle attività estrattive al termine di un’indagine partita nel 2018.
Il caso dell’enorme bacino del travertino di Guidonia-Tivoli
Ad est di Roma, tra i comuni di Guidonia Montecelio e Tivoli, l’estrazione del travertino avviene sin dall’antichità diventando nei secoli il materiale simbolo di tutta la regione Lazio, ma le politiche di gestione nazionali e regionali non hanno tutelato l’ambiente circostante contribuendo alla formazione di diverse cave contigue, che compongono l’esteso bacino estrattivo di travertino, che si estende per circa 400 ettari tra le frazioni di Guidonia Villanova e Villalba. A margini di questo “vuoto” paesaggistico vi sono diverse situazioni ambientali, tra cui il bacino delle Acque Albulae ed il fiume Aniene. La maggior parte delle attività estrattive, circa 40, sono gestite dal Comune di Guidonia L’attività estrattiva ha modificato in modo irreversibile la morfologia del territorio ma né i Comuni interessati né la Regione Lazio hanno predisposto ed attivato un piano di recupero per l’esteso bacino preferendo lo sviluppo economico alla tutela ambientale. Uno degli aspetti più paradossali, e di cui si è discusso notevolmente negli ultimi anni, riguarda il mancato pagamento delle tasse nei confronti del Comune di Guidonia Montecelio, per un totale che ammonta a circa 27 milioni di euro, a carico delle società titolari delle concessioni per estrarre il travertino. Va ricordato che l’indotto dell’estrazione genera ai cavatori di travertino un business che si aggira intorno ai 250 milioni di euro l’anno. Si pensi, inoltre, che l’Imu relativo ai terreni utilizzati per lo scavo è di circa 54 euro/mq (delibera di Consiglio numero 23 del 16 maggio 2007), ma i cavatori vorrebbero abbassarla a circa 7 euro e 82 centesimi/mq (delibera di giunta 174 del 10 settembre 2008), cifre irrisorie rispetto ad una totale assenza di opere di compensazione ambientale. Inutili nel frattempo i tentativi dell’attuale amministrazione che, volendo applicare la delibera di Consiglio del 2007, resta invischiata nei ricorsi giudiziari dei cavatori e sta cercando di risolvere la questione tramite un affidamento ad un tecnico super partes che possa essere ascoltato dai tribunali e portare ad una nuova delibera finalmente equa. Tutto ciò senza contare l’aspetto relativo all’inquinamento, acustico ed atmosferico, da polveri e traffico, e quello delle falde. Per le cave dismesse non recuperate sarebbe previsto il riempimento con materiali compatibili ma l’assenza di tali materiali pone l’urgenza di reperire terre o rocce di scavo idonee poiché il ritombamento delle cave di travertino dismesse deve essere eseguito con una particolare accortezza dato che: l’estrazione avviene con acqua di falda costantemente affiorante, probabilmente riferibile al bacino all’adiacente bacino delle Acque Albulae; le cave sono delimitate a sud dal fiume Aniene che risulta a rischio inquinamento per lo sversamento delle acque di scarico provenienti dalle attività estrattive limitrofe; nella frazione di Villalba si sono verificati e continuano a verificarsi pesanti fenomeni di subsidenza indotta. In mancanza di tale materiale si possono elaborare diversi progetti alternativi che prevedono il continuo delle attività estrattive nel rispetto dell’ambiente, ma il nodo resta capire se le amministrazioni sono interessate ad anteporre la tutela ambientale e la salubrità sociale ad un’economia ormai insostenibile.