ROMA – Con account falsi facevano ordini di prodotti alimentari e bevande spacciandosi per società operanti nel settore enogastronomico.
Ordini insoluti alle spalle delle società vittime della truffa che la banda, con a capo una donna secondo quanto emerso dalle indagini, faceva arrivare in alcuni garage presi in affitto nei pressi della stazione Tiburtina. La merce, ordinata grazie al raggiro, una volta stoccata veniva quindi immessa in un mercato parallelo capace di far incassare al gruppo 100mila euro in 9 mesi.
È la ‘Mandrakata’, questo il nome dell’operazione coordinata dalla Procura di Roma con le indagini dei carabinieri della Compagnia dei Parioli che hanno così sgominato la banda. Nella mattinata di oggi, infatti, i militari hanno eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere ai componenti del gruppo residenti a Roma, Monterotondo, Cesano di Roma e Bracciano. Per tutti c’è l’ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata alle truffe e sostituzione di persona.
È doveroso precisare che si è ancora in una fase di indagini preliminari e che le persone arrestate godono della presunzione di non colpevolezza. Fatto sta che, stando a quanto emerso fino ad ora, il provvedimento cautelare trae origine da un’indagine condotta dal dicembre del 2019 al settembre del 2020, dei carabinieri della Compagnia Parioli nel corso della quale sono state scoperte 14 truffe perpetrate ai danni di operatori commerciali nel settore enogastronomico.
Le modalità, come spiegato dall’Arma “prevedevano la creazione di account falsi di posta elettronica, attraverso i quali simulare ordini di merce provenienti da note società di forniture di beni e servizi nel settore alimentare; canalizzare la merce, ricevuta mediante artifizi e raggiri, in un sistema di mercato parallelo illecito presso cui realizzare profitti economici; suddividersi i ruoli attraverso la designazione della figura deputata alla gestione delle comunicazioni, delle basi di stoccaggio della merce, reperimento degli strumenti per la contraffazione di marchi e la gestione delle risorse nonché la suddivisione dei guadagni illeciti; attrarre nella rete delle vittime società con sedi legali in varie parti del territorio nazionale”. Le truffe, infatti, non sono state compiute solamente a Roma ma anche a Trento, Bari e Prato.