L’invecchiamento della popolazione italiana, il mutato contesto socio-epidemiologico, l’aumento delle fragilità e l’insorgenza di multi-patologie rendono sempre più necessaria la riorganizzazione dell’assistenza territoriale. Anche a seguito della pandemia da SARS.CoV2 – che ha messo a nudo le reali criticità del sistema sanitario – si è resa sempre più evidente e centrale l’importanza delle cure di prossimità e dell’integrazione tra ospedale e territorio anche grazie all’utilizzo dei sistemi di sanità digitale e della telemedicina. Il domicilio del paziente diviene in questo scenario un ambito non più di “fastidiosa complessità” ma privilegiato e interconnesso per quella “continuità di cure di qualità” di cui è stato riscontrato l’estremo bisogno proprio nel pieno dell’emergenza pandemica, luogo dove la persona e il suo più vicino caregiver diventano attori rilevanti del processo di presa in carico. Non a caso anche il Pnrr ha delineato in una delle sue “misure”, la M6C1 un investimento di 4miliardi di euro in “Cure domiciliari e telemedicina” per coordinare i servizi domiciliary e sviluppare coerenti interfaccia con ospedali e con le reti di emergenza-urgenza.
Tutte le ampie tematiche del domicilio inteso come sfida contemporanea della qualità assistenziale sono al centro del workshop “La casa come primo luogo di cura. Proattività, prossimità, prevenzione” (10-11 novembre 2021, Aula Magna, Università della Tuscia, Viterbo) un evento della Asl di Viterbo in collaborazione con l’Università della Tuscia e la Regione Lazio.
Donetti (Asl Viterbo): cambiare il paradigma della medicina prestazionale
“Per innovare e rendere la casa primo luogo di cura”
Roma – “L’esperienza del Covid è stato un momento tragico, duro ma anche formativo e importante, perché abbiamo messo insieme procedure e processi per affrontare in modo professionale e altamente performante la pandemia. Il virus ha cambiato il paradigma organizzativo, abbiamo da subito modificato le nostre aziende sanitarie, inserito figure professionali nuove, guadagnando nuove competenze professionali e garantendo valore aggiunto ai processi organizzativi in corso. E’ emersa però anche la fragilità del territorio, soprattutto perché la medicina lavora ancora sul paradigma prestazionale, per questo abbiamo bisogno di costruire un sistema attivo, pro attivo, mirato alle esigenze del paziente”. Lo afferma Daniela Donetti, direttore generale della Asl di Viterbo intervenendo all’incontro ‘La casa come luogo di cura’, organizzato dall’Azienda sanitaria di Viterbo, presso l’Università della Tuscia.
“Per cambiare il paradigma- prosegue- serve rendere la casa il primo luogo di cura, dove la persona è consapevole del proprio stato di salute anche attraverso l’assistenza sanitaria e sociale, e gestisce quindi con consapevolezza le cure che riceve. Il modello territoriale deve essere coerente, se vogliamo che il domicilio diventi la cura, se vogliamo che sia l’innovazione di cui abbiamo bisogno. Il Pnrr può aiutarci ad intervenire sulla trasformazione di questo paradigma”.
Mantoan (Agenas): con Pnrr rinascimento ma serve cambiamento culturale
“Stiamo vivendo una sorta di Rinascimento della sanità, la sanità era uscita dall’agenda della politica, il Covid ha fatto sì che la sanità si prendesse la sua vendetta. Nel 2024 arriveremo ad avere 28 miliardi aggiuntivi: tutto quello che è stato tolto lo riavremo indietro nella sanità. Ora c’è una grande responsabilità, da un parte il Pnrr mette i soldi e il governo mette le risorse per la spesa corrente, nel mezzo dobbiamo inserire un modello organizzativo. Su tutto questo dovranno entrare in campo i direttori generali, di distretto, per questo investimento che è culturale innanzitutto, oltre che organizzativo”. Così Domenico Mantoan, direttore generale di Agenas, intervenendo all’incontro ‘La casa come luogo di cura’, organizzato dall’Asl di Viterbo, presso l’Università della Tuscia.
“Ci siamo lamentati del Dm70 che però ha portato un po’ di ordine nella rete ospedaliera, che ha portato la divisione tra hub e spoke, difficile da concepire all’epoca, c’è stata però la grande incompiuta: il territorio- ammette Mantoan- E’ stato fondamentale ripensare e colmare l’incompiuta con la casa della comunità, che sarà un hub, intorno vi saranno le case di comunità spoke, e potranno anche esserci gli ambulatori”.
Per il direttore generale di Agenas “questo significherà che la casa di comunità sarà un luogo fisico che i cittadini riconoscono. Quando si chiudeva un ospedale, per quanto scalcagnato, si creavano i comitati dei cittadini contro la chiusura. Adesso abbiamo l’occasione di dare ai cittadini un luogo fisico aperto sette giorni su sette e che si prendono in carico il problema del cittadino anche immediato. Si dovrà prendere in carico una comunità”.
“I medici di medicina generale, peraltro, avranno un aiuto sia organizzativo che burocratico, oltre agli infermieri di famiglia. Una situazione quindi di sviluppo che ci porterà ad un livello ancora più apprezzato. Anche l’agenda dei medici di base deve essere nelle mani dei direttori generali delle Asl, solo così si potrà lavorare sul nuovo modello organizzativo- rimarca Mantoan- Quando avremo avviato il modello ci sarà da fare un grande lavoro culturale, credo siano tutti consapevoli della grande sfida, tutti stanno facendo qualcosa per cambiare ciò che non si è cambiato in venti anni. Bisogna prepararsi, tutti, per attivare il cambio di organizzazione e anche sociale”, conclude Mantoan.
Lorusso: strategia trasformazione digitale elaborata con altri ministeri
“Le sfide sono tante ma il percorso è iniziato con il piede giusto, ci saranno cose da migliorare ma la direzione è corretta. La strategia sulla trasformazione digitale del SSN non nasce tra le quattro mura del ministero della Salute ma con gli altri ministeri proprio perché il disegno è complessivo, non parziale. Un percorso avulso dagli altri progetti o dalla strategia nella sua interezza sarebbe stata una perdita di risorse e di tempo”. Lo afferma Stefano Lorusso, già capo segreteria tecnica del ministero della Salute e ora coordinatore del gruppo che lavora sul Pnrr, intervenendo all’incontro ‘La casa come luogo di cura’, organizzato dall’Asl di Viterbo, presso l’Università della Tuscia.
“Questa è una delle prime iniziative- prosegue Lorusso- che affronta il tema del Dm71 in modo organico e l’organizzazione del convegno riflette la partecipazione con cui si sta contribuendo alla stesura del decreto. Nel modello organizzativo che stiamo scrivendo stiamo recuperando il ruolo delle Usca e in particular modo le UsCovid, che avete costituito qui a Viterbo. Ricordiamo anche da dove nasce il Dm70, il primo documento che ha differenziato tra hub e spoke, concepito nel 2012 per essere approvato nel 2015. E’ stato però percepito come depotenziamento della sanità perché non è stato accompagnato da misure specifiche per la medicina territoriale- ammette Lorusso- Il Dm71 contiene un nuovo approccio, proprio per invertire la rotta: investimenti sull’assistenza territoriale, per la presa in carico, e rivalutazione del Dm70”.
“Stavolta abbiamo le risorse per intervenire e la consapevolezza degli errori e dei punti di forza- spiega Lorusso- in questo ragionamento si inserisce il Pnrr, con cui le maggiori risorse le investiamo nell’assistenza a domicilio, perchè il target che ci siamo dati è raggiungere il 10% delle persone over 65 a domicilio”.
Per Lorusso, che coordina il gruppo di lavoro sul tema, “Le risorse del Pnrr creeranno una struttura di presa in carico, in questo senso il progetto è in capo all’Agenas. Ma poi c’è il secondo livello che è la casa della comunità, che avrà aspettative nuove rispetto alle case della salute già esistenti-evidenzia Lorusso- La parola comunità ha un senso profondo: quel luogo deve diventare riconoscibile per l’integrazione socio-sanitaria, dove trovare servizi sociali e dare spazio alle associazioni. Non vi sarà solo la medicina ma una valutazione e una presa in carico multidimensionale. Ci sarà altresì un grande investimento sugli ospedali di comunità per I quali servirà potenziare la rete comunitaria dell’assistenza”.
“Il Pnrr agisce per centri concentrici su cui si innesta un asse trasversale- ricorda Lorusso- gli investimenti per il digitale, che permetterà una rivoluzione copernicana a partire dal fascicolo elettronico, un grande repository nazionale e quelli locali in grado di gestire i dati che dovranno nascere già digitali. Poi c’è il problema del personale: serve superare il tetto delle assunzioni che non hanno alcun razionale. Inoltre servirà fare un intervento di modifica sulla medicina convenzionata, integrando le cure primarie e i servizi messi a disposizione dalle Asl, si deve lavorare nell’ottica di una rivisitazione complessiva. Serve un’integrazione tra sistemi, strumenti e risorse”, conclude Lorusso.