Il pensionato lombardo era un abituale frequentatore delle Saline ma il suo scopo non era quello di godersi l’oasi…
TARQUINIA – La storia ormai la conosciamo tutti. Soprattutto il suo epilogo. Protagonisti il tecnico di laboratorio presso l’Università di Pavia in pensione, Claudio Cesaris oggi detenuto nel reparto di malattie protette dell’ospedale di Belcolle. Dario Angeletti biologo marino e professore associato dell’Università della Tuscia – sposato e con due figli. La ricercatrice di Pavia, Adriana B., separata con due figli perseguitata dal pensionato lombardo e collega di lavoro di Angeletti.
Un amore non corrisposto. La gelosia per quello che Cesaris riteneva un muro che ostacolava la sua passione e morbosa gelosia per la ricercatrice quarantenne.
Si è detto e scritto di tutto ma quello che più conta e che costerà, in termini di condanna, tantissimo al Cesaris la premeditazione dell’omicidio di Angeletti.
Claudio Cesaris usciva di casa in tenuta da escursione quasi tutti i giorni. Immancabili le scarpe da trekking. Bastone. Tutti i giorni o quasi un’unica direzione. L’Oasi naturale delle Saline a Tarquinia Lido.
Dopo che sono state rese le sue generalità sono tante le persone che oggi lo ricordano da quelle parti. Soprattutto chi, quotidianamente, faceva camminate o jogging in quel pezzo di paradiso incontaminato.
Una professione ricca di soddisfazioni quella di Claudio, non ultima, qualche settimana fa, proprio a Pavia dove l’Università lo aveva omaggiato con la medaglia Teresiana in quanto neo pensionato.
Si era invaghito di questa ricercatrice già a Pavia. Aveva lasciato la famiglia e tutto quello che aveva trasferendosi dove lei aveva cercato di iniziare un percorso lontano da lui.
La donna si sfogava con Dario Angeletti e tra loro era nata una forte amicizia che andava oltre al lavoro quotidiano. Questa cosa non è stata mai digerita dal pensionato lombardo che ha iniziato ad odiare sempre di più l’ignaro docente universitario di Tarquinia.
Si era conosciuti e parlati sporadicamente. Incontri “provocati” sempre da Cesaris e mai causali.
In questi ultimi due anni Claudio ha avuto modo di conoscere l’oasi palmo a palmo. Strade, stradine e percorsi sconosciuti ai più.
La sua macchina è stata immortalata da alcune delle 90 telecamere posizionate a sicurezza del territorio centinaia di volte. Soprattutto nei giorni precedenti l’omicidio. Deve essere successo qualcosa che lo ha reso furioso. Un frenetico via vai. Appostamenti. Pedinamenti. Come se stesse pianificando qualcosa.
Martedì Dario Angeletti all’ora di pranzo si è recato al solito negozio di alimentari per farsi preparare un pasto. Forse un panino. Forse con lui c’era anche lei. Finita la pausa il ritorno in ufficio. Probabilmente Angeletti si era accorto da tempo di essere pedinato dal pensionato lombardo e per questo aveva deciso di chiarire con lui, una volta per tutte, la vicenda.
Il suo errore è stato sottovalutare Cesaris che girava armato. Un porto d’armi regolarmente ottenuto ma che forse non gli consentiva di girare con la pistola.
Una pistola minuta. Piccola. Una Beretta calibro 6,35 dalle quale ha esploso il colpo fatale alla nuca di Angeletti dopo avergli aperto la portiera del passeggero essere entrato parzialmente al suo interno. Il bossolo ha rimbalzato sullo sportello ed è finito a terra. Sarà ritrovato il giorno dopo dai carabinieri nascosto tra l’erba.
La fuga nelle vie secondarie sconosciute ai più hanno fatto credere a Cesaris di averla fatta franca.
Non si era mai accorto di una piccola e nascosta telecamera posizionata all’altezza del ponticello di legno, ingresso unico all’Oasi naturale delle Saline.
Il grandangolo ha ripreso la scena dell’omicidio in tutte le sue fasi. Dal loro brusco arrivo. Dall’azione fulminea di Cesaris e la fuga.
Le immagini hanno ripreso la scena da lontano. Gli inquirenti hanno dovuto lavorarle un po’ per avere certezza del modello dell’altra auto. Dal controllo del telefono di Angeletti non era emerso nulla di anomalo. Si scoprirà successivamente che Cesaris e Angeletti non si sono chiamati o parlati.
Le immagini e le celle telefoniche hanno però ristretto il campo di ricerca fino alla svolta. I militari dell’Arma ottengono il mandato di perquisizione dell’appartamento di un sospettato. Si recano a San Martino al Cimino, frazione collinare di Viterbo, in via Cadorna 112 dove il pensionato viveva in affitto da qualche tempo.
L’uomo accusa un malore e viene trasferito a Belcolle dove si trova tutt’ora piantonato. I carabinieri cercano l’arma dell’omicidio. Presumibilmente una Beretta 6,35 che aveva provocato la ferita mortale del docente dell’Unitus.
Una ferita che non ha prodotto un decesso immediato. Sangue è uscito tanto ma lentamente lungo il fianco destro del professore.
Adesso quell’amore morboso di Cesaris per la ricercatrice gli costerà un “fine pena mai” e ha prodotto la distruzione di due famiglie doppiamente vittime della follia umana.
Non sappiamo se corrisponda al vero la denuncia presentata per stalking dalla ricercatrice nei confronti di Claudio Cesaris. Se lo fosse sarebbe ancor più grave il fatto che nessuno gli abbia ritirato il porto d’armi e sequestrato le armi.
Tanti dettagli che si potranno conoscere nel dettaglio in dibattimento quando si celebrerà il processo in Corte d’Assise a Civitavecchia.
La salma di Dario Angeletti, dopo l’esame autoptico, sarà restituito ai familiari per la tumulazione.