CIVITAVECCHIA – Ci sono voluti due anni ma nei giorni scorsi il gip del Tribunale di Civitavecchia Francesco Filocamo ha disposto l’archiviazione del procedimento penale a carico del dottor Marco Iacomelli nei confronti del quale la Procura della Repubblica aveva avanzato l’ipotesi di reato di omicidio del consenziente, a seguito della querela sporta nei suoi confronti dai familiari di Giuseppe Gaetano, per tutti Baffone, titolare dell’omonimo ristorante di viale Garibaldi, morto a dicembre 2019.
Un reato per il quale è prevista una pena molto severa che va dai sei ai quindici anni di reclusione.
“Questa spada di Damocle è stata pendente sulla testa del medico per oltre due lunghissimi anni di approfondite indagini, durante le quali la Procura della Repubblica di Civitavecchia – ha raccontato l’avvocato Roberta Sacco, amica e difensore del medico assistito anche dal consulente tecnico Gino Saladini – ha svolto un encomiabile lavoro certosino, grazie al quale è oggi possibile escludere, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il cardiologo abbia cagionato intenzionalmente la morte di Baffone, determinata, secondo le conclusioni del dottor Alessandro Santurro consulente della Procura, da cause naturali. Due anni di “calvario giudiziario” per il dottor Marco Iacomelli”.
Tutto era cominciato il 27 dicembre del 2019 quando il dottor Iacomelli, intento a svolgere il proprio servizio nel reparto cardiologia, veniva raggiunto dai Carabinieri che gli notificavano atti relativi alle indagini disposte a suo carico a seguito della morte del suo paziente Gaetano Giuseppe. “Iacomelli, laureato nel 1981 a soli 24 anni con il massimo dei voti, già nel 1980 volontario presso il locale nosocomio, a 27 anni definitivamente strutturato in ospedale dopo aver conseguito la specializzazione in medicina interna ed anche quella in cardiologia – racconta ancora l’avvocato Sacco – decide di rimanere a lavorare nell’ospedale della città natale per tutto l’arco della propria vita solo per una precisa scelta dettata dall’amore per la propria città e per i propri concittadini e, alle soglie della conclusione di una fulgida carriera, si vede indagato per un simile reato. Comprensibile, quindi come la notizia di essere sottoposto ad indagini per aver posto volontariamente fine alla vita di una persona, nonché buon conoscente e concittadino, lo abbia completamente devastato tanto da impedirgli di rispondere alle numerose richieste di reclutamento di medici specialisti durante i terribili giorni della prima emergenza Covid”.
L’avvocato Roberta Sacco e il consulente di parte Gino Saladini, fermamente convinti della innocenza del medico, durante la fase delle indagini hanno lavorato fianco a fianco per far emergere ogni elemento capace di escludere ogni dubbio in merito alla assoluta innocenza del proprio amico assistito. Tanto che lo stesso sostituto procuratore Alessandro Gentile, aveva proposto al Gip l’archiviazione della notizia di reato ma l’avvocato Taormina, che assisteva la famiglia Gaetano, aveva proposto opposizione chiedendo supplemento di indagini.