Da Roma arrivano venti di pace per alcuni indagati nell’operazione “Maschera”, questo sembra irritare qualcuno del Partito Democratico (perché?)
FROSINONE – Mentre nella coalizione di centrodestra sembra ormai superato ogni ostacolo, con la convergenza univoca di tutta la colazione sul nome di Riccardo Mastrangeli, nel campo progressista alcuni sembrano non gradire il democratico strumento delle primarie.
Chi per convinzione, chi per prese di posizioni senza senso.
Come quella dell’alibi che qualche sprovveduto cerca di tirare in ballo per far saltare candidature di peso.
Nei giorni scorsi si è svolto un importante vertice del Partito Democratico alla presenza del segretario regionale Bruno Astorre, del provinciale Luca Fantini e della presidente e coordinatrice del circolo Stefania Martini.
Il Pd di Frosinone, nella riunione, ha deciso che il candidato sindaco alle elezioni 2022 sarà selezionato attraverso le primarie con la costruzione di un campo più largo possibile.
Senza, però, indicare un nome da candidare. Anche perché questo strumento democratico da questa parte dello schieramento, sembra interessare (a livello di candidature) soltanto a Mauro Vicano.
Sul suo nome, però, nell’area progressista alcuni cercano di fare “resistenza”.
Non certo da parte di Italia Viva e Azione che hanno già espresso parere favorevole ad una sua candidatura.
Si tratta di altri soggetti che, senza proporre nomi alternativi, mettono veti soltanto per una vicenda che, con molta probabilità, non avrà strascichi clamorosi. I soliti giustizialisti ad orologeria per intenderci.
Si tratta della famosa inchiesta “Operazione Maschera”, della quale ci siamo interessati in modo approfondito, che ha preso il via anni fa ma su cui ancora non si è scritta la parola fine.
Anzi, con molta probabilità, visto il numero degli imputati e la complessità della materia, l’inchiesta rischia soltanto di creare enormi problemi a chi nella vicenda ci è entrato solo di “striscio”.
Magari senza aver mai saputo cosa sia un Codice CER perché chiamato a gestire Società con ruoli politico o gestionali e non con ruoli tecnici.
Nella vicenda, insieme ad altri 40 soggetti, è rimasto coinvolto anche il probabile candidato sindaco Mauro Vicano.
Qualcuno, nell’area di centrosinistra, storce la bocca quando viene fuori il suo nome ma gli stessi soggetti non sanno realmente cosa sia realmente successo e cosa succederà in vista dell’epilogo dell’inchiesta “Maschera”.
I mestieranti della politica lo sanno bene ma è meglio non raccontare certe verità al popolino. Le verità si usano per altre cose, mai per difendere qualcuno ritenuto scomodo.
Il popolino, quello che lavora, non ha tempo di leggere le carte giudiziarie ma vorrebbe conoscere verità e leggerla ma sui giornali (di area) spesso non vengono scritte (non aggiungiamo altro su alcuni colleghi) o riportate in modo parziale.
Il pubblico ministero che si occupa della vicenda “Maschera” è Alberto Galanti, non uno qualunque. Magistrato in servizio per la DDA di Roma specializzato in traffico illecito di rifiuti.
La prima cosa da sapere è che quello che poteva essere il personaggio chiave (società fisica e titolare) in questa inchiesta è uscito di scena in modo poco fragoroso con l’archiviazione della doppia posizione.
Lo stesso magistrato, pressato dalle domande dei giornalisti, non ha nascosto l’intenzione, nell’udienza del prossimo 13 aprile, di valutare altre posizioni da stralciare (quindi più d’una).
Tra queste, evidenziata e sotto valutazione c’è proprio quella di Mauro Vicano.
Non abbiamo mai fatto sconti a Vicano ma sentir parlare di “Severino” e di ipotetici problemi in caso di rinvio a giudizio ci fa credere che qualcuno nel Partito Democratico ciociaro ci sia qualche “malintenzionato”.
Se avessero letto le carte, il ruolo di Vicano, come quello del suo predecessore Augusto Cesare Fardelli , è stato soltanto di mera gestione politica della Società pubblica SAF.
E’ evidente che la conoscenza dei codice Cer che sono centinaia è quasi impossibile per i tecnici figuriamoci per chi nella vita ha studiato tutt’altro.
Altrettanto vero che la sua iscrizione era un atto dovuto proprio per valutar il ruolo e capire se ha avuto a che fare con la gestione tecnica dell’ente o se spingeva qualche bottone per avviare i motori dell’impianto.
Agli atti e al vaglio della polizia giudiziaria i documenti che attestano le deleghe firmate da Vicano a tecnici a cui è stato il ruolo di visione e controllo degli atti amministrativi.
Per quelli che sbandierano lo spauracchio dell’applicabilità della “Legge Severino” possiamo stimare la durata del primo grado tra i sei e i dieci anni.