Tarquinia – Angeletti ucciso per aver detto: “Le donne quando hanno le gambe aperte sono tutte uguali”

La frase riportata nel verbale d’interrogatorio di Claudio Cesaris che ha sparato due colpi alla nuca del professore dell’Unitus. Aveva messo un GPS nell’auto dell’ex amante. La donna racconta la sua versione dei fatti

TARQUINIA – “Margherita (nome di fantasia) o no, le donne quando hanno le gambe aperte sono tutte uguali”. Questa frase pronunciata da Dario Angeletti ha fatto scattare il raptus omicida di Claudio Cesaris, il 68enne ex dirigente tecnico del laboratorio in Scienze della terra dell’università di Pavia.

Il pensionato milanese era seduto sul sedile posteriore della macchina di Dario Angeletti, un Volvo V40 grigia. Sono all’incirca le 13 quando estrae dal giubbotto da trekking una Browning 6,35 e spara due colpi a bruciapelo dietro la nuca del docente associato in Ecologia all’università della Tuscia.

Angeletti è stato colpito da due proiettili calibro 6,35 nel retro auricolare destro

Due piccoli fori, quasi impercettibili visto il calibro così ridotto ma efficaci, appena dietro l’orecchio, a pochi centimetri l’uno dall’altro.

Gli uomini del commissariato lo troveranno ancora con la cintura di sicurezza allacciata, la mascherina di protezione nera e un rivolo di sangue lungo il collo.

Cesaris tira il freno a mano e con estrema calma si dirige verso la sua vecchia Subaru e si allontana.

Durante il tragitto che poi lo riporterà a casa si è disfatto dell’arma di proprietà di un vecchio zio e ritrovata in un cassetto del padre defunto.

Lui ha un amore folle per l’attuale ricercatrice all’università della Tuscia, Margherita (nome di fantasia) 39 anni, due figli di cinque anni.

La macchina di Dario Angeletti

La loro relazione è finita nel luglio 2020, dopo quattro anni di relazione, quando Margherita precaria all’università di Pavia, dove nasce la loro storia, vince un concorso bandito all’Unitus e si trasferisce a San Martino al Cimino.

Questo il racconto della donna ai carabinieri di Viterbo, che hanno risolto il caso in soli tre giorni.

“Me l’aveva consigliato Margherita di prendere quella casa”, dichiara Cesaris ai militari dell’Arma. Secondo l’accusa il killer ha agito con premeditazione. In casa, oltre una pistola Glock, gli hanno trovato anche un Gps con il quale ha ammesso di seguire gli spostamenti di Margherita. Aveva messo un microchip dentro la macchina della ricercatrice e quindi può rintracciarla in qualsiasi momento.

Browning 6,35 simile a quella utilizzata per uccidere Angeletti

“Avevamo mantenuto un rapporto di cordialità – dice lei – in qualche occasione era anche venuto a trovarmi a casa, a San Martino. Nel tempo però era diventato pressante, mi diceva che se avessi avuto un altro mi avrebbe sputato in faccia”.

Margherita se l’era ritrovato davanti, all’improvviso, durante un fine settimana trascorso con un’amica a Bolsena. Poi ancora alle Saline, “un venerdì, tre settimane prima dell’omicidio – ricorda – aveva un binocolo in mano, mi ha detto che era lì per guardare gli uccelli”.

I messaggi trovati sul suo cellulare e scritti da Cesaris raccontano però un’altra storia.

Un mese prima dell’omicidio “ruba” le parole a un testo di Fausto Leali: “Mi manchi, sei il mio rimpianto senza fine“. Il 20 novembre, alle 19.49, aggiunge: “Rileggi quello che ci siamo scritti e vedrai che anche tu credevi nell’amore eterno“.

Lei glissa: “Certo Claudio, buon rientro”. Il giorno dopo Cesaris si sfoga: “Ci mancava solo che negassi. Fino a che ti ha fatto comodo, l’amore era tutto, adesso è quasi una bestemmia. Sei cambiata. Sei un panzer che passa su tutto senza pietà. Ti è cresciuto il pelo sullo stomaco che neanche un Grizzly- ripete – adesso il tuo motto è mors tua vita mea. Sei diventata uguale a quelli che hai sempre criticato, per questo farai carriera”.

Claudio Cesaris

Un carteggio digitale fitto, “dai toni ossessivi”, durato più di un anno. Cesaris seguiva Margherita e il suo professore. “Con Angeletti avevamo un rapporto confidenzale – assicura lei – il 4 dicembre“, tre giorni prima dell’omicidio, “con Dario eravamo stati a cena a Monte Romano. Usciti dal ristorante eravamo rimasti nella mia macchina fumare. Prima di salutarci ci eravamo abbracciati. Gli avevo dato un bacio sulla guancia“. Il killer seguiva l’auto con il Gps, ha visto tutto con i suoi occhi e medita vendetta. Tre giorni dopo quell’abbraccio di Monteromano ha aspettato il professore lungo la strada, ha chiesto un passaggio e poi “bum bum” il rivale in amore non c’era più.