Montefiascone – Dante e la filosofia: tra Pitagora, Aristotele, San Tommaso e Sigieri di Brabante

MONTEFIASCONE – Nell’ambito della collaborazione tra il Club per l’UNESCO Viterbo Tuscia e il Centro di iniziative culturali di Montefiascone, mercoledì 20 aprile alle ore 16,30, alla Biblioteca comunale di Montefiascone si terrà la conferenza del prof. Luciano Dottarelli sul tema Vir philosophie domesticus. Vita, filosofia e poesia in Dante”.

La conferenza ricostruirà l’itinerario di Dante dall’iniziale conversione alla vita filosofica come descritta nel Convivio all’originale pensiero poetante della Commedia.

La ricerca di carattere storico-filosofico e filologico-letterario di questi anni, avvantaggiandosi anche degli strumenti che le digital humanities mettono a disposizione, ha fatto passi enormi per ricostruire il contesto delle dispute filosofiche e teologiche degli ultimi decenni del XIII secolo, in cui ha un ruolo decisivo la tradizione averroista a cui Dante si dimostra particolarmente sensibile. Il riverbero di quelle dispute costringerà Dante a fare presto i conti con l’aporia della gioia e della tristezza del pensiero, dell’inquietudine che è all’origine e sempre accompagna la scelta di un modo di vivere che egli riconosce come il più autenticamente umano.

La condizione di estrema indigenza spirituale e la fame di senso, che Dante ha conosciuto e oltrepassato, benché mai completamente quietato, troverà momenti di ristoro nella maturazione della grandiosa esperienza del poema, che fa toccare con mano, in primo luogo a lui stesso, la possibilità di salire a una visione conciliata della vita.

È alla potenza dell’immaginazione poetica di Dante, ai cortocircuiti a cui quasi ci costringe l’autonoma vita delle figure che ha saputo generare, che forse dobbiamo rivolgerci per comprendere la discussa presenza in Paradiso di un’anima la cui travagliata vicenda esistenziale aveva intersecato in due momenti decisivi quella di Simone de Brion, il papa goloso Martino IV da cui prenderà avvio l’excursus di Luciano Dottarelli.

Si tratta di Sigieri di Brabante, l’esponente più significativo dell’averroismo nella Facoltà delle Arti a Parigi, combattivo protagonista di forti dispute con i maestri della Facoltà di Teologia. Il cardinale de Brion, come legato pontificio, nel 1275 si era impegnato a dirimere proprio quegli aspri conflitti teologici sorti nell’ università parigina ma nel 1277 diverse proposizioni tratte da opere di Sigieri, spesso estrapolate dal contesto, erano state solennemente condannate dal vescovo Stefano Tempier.

Secondo una lunga tradizione – che studi recenti tendono a ridimensionare – dopo essersi trovato costretto a lasciare l’insegnamento, benché non fosse nominato espressamente nella condanna, Sigieri avrebbe incrociato di nuovo il proprio destino con quello del cardinale de Brion, divenuto ormai papa Martino IV, proprio ad Orvieto, dove lo sventurato magister era giunto per appellarsi alla corte papale e dove poi sarebbe morto in circostanze non del tutto chiarite.

Dante, con uno di quei gesti audaci e generosi che ne evidenziano l’originalità di pensiero e la tempra poetica, lo pone in Paradiso nel cielo degli spiriti sapienti. E a presentarlo al poeta è proprio uno dei suoi principali avversari in vita, san Tommaso d’Aquino, l’autore – come non ricordarlo in questo rincorrersi di suggestioni? – del Panis angelicus, composto su richiesta di papa Urbano IV per la festa del Corpus Domini intorno al 1264.