Schiralli: “Educare le emozioni per sconfiggere bullismo, violenza e dipendenze tra i giovani”
VITERBO – Rosanna Schiralli è psicologa e psicoterapeuta. Presidente dell’associazione no profit “Emotional Trainig Center”, autrice di diversi libri e ricercatrice nell’ambito dell’educazione emotiva, a cui si dedica insieme al marito, il dottor Ulisse Mariani.
“L’educazione emotiva è efficace come una medicina, è il fattore protettivo che ci aiuta nei confronti di malesseri psichici e dipendenze patologiche”. Inizia così il nostro incontro con la dottoressa Schiralli.
Ma cos’è questo tipo di educazione?
“E’ l’educazione alle emozioni, serve per contrastare i disagi dei più piccoli e dei giovani e soprattutto aiuta a prevenirli. Fa sì che il bambino e l’adolescente non abbiano paura del proprio mondo interiore, ma trovino il loro baricentro emotivo prendendo confidenza con le proprie emozioni senza temerle.
Una buona educazione “interiore” ci rende più forti ed emotivamente stabili. Abbiamo sperimentato come, nel corso degli anni, protegga dal fare uso di droghe o alcool.
Oggi molti bambini sono dei “piccoli imperatori, abituati ad ottenere tutto e subito, contornati di genitori, nonni e zii sempre a loro disposizione.
Una volta adolescenti, si accorgono che il mondo non gira intorno a loro: una cotta non corrisposta, ad esempio, per un ragazzino tredicenne costituisce un brutto colpo e soprattutto una frustrazione mai conosciuta: stavolta nessuno di casa può “comprargli” ciò che vorrebbe. Lo assale allora il il senso di angoscia, e se si accorge che fumando uno spinello, prendendo una pasticchetta, bevendo alcolici o stando convulsamente al computer sta meglio, lo fa anche se fa male. Fragilità e impreparazione portano a compensare in modo errato, non sono attrezzati ai “No!” non hanno quella che definisco “la valigia della sicurezza”. Per questo possono andare incontro a malesseri psicologici e a dipendenze.
Come si fa a dare una buona educazione emotiva?
Occorrono empatia, accoglienza, condivisione degli stati d’animo, ascolto, dialogo, parlare con comprensione, cercando di interiorizzare quelli che possono essere i problemi dei nostri giovani senza banalizzare. ma soprattutto regole.
Servono i divieti a promuovere curiosità, desiderio e sacrificio. Il lasciar fare è la forma educativa peggiore.
E’ la famiglia quindi che deve essere capace di fornire certi strumenti…
In teoria la famiglia dovrebbe essere capace di fornire certi strumenti, ma spesso non è in grado per tutta una serie di motivi.
Oggi grazie al nostro progetto, stiamo portando l’educazione emotiva nelle scuole, con la mia équipe abbiamo tenuto incontri con diversi genitori in tutta Italia, da Trapani a Trieste per diffondere appunto i principi e il metodo dell’educazione emotiva in famiglia e della Didattica delle Emozioni ®️ a scuola.
L’educazione emotiva in neurobiologia
Costruire l’empatia significa allenare i “neuroni specchio”, particolari neuroni scoperti circa trent’anni fa in Italia da un gruppo di ricercatori dell’istituto di neurofisiologia di Parma, coordinati da Giacomo Rizzolatti. Si tratta di particolari neuroni motori in grado di farci sentire quello che l’Altro sente: sono la base dell’empatia. La scoperta dei neuroni specchio, ache detti neuroni mirror, hanno rappresentato una vera e propria rivoluzione nell’ambito della neurobiologia.
“Non basta averli alla nascita, la particolarità è che vanno educati ed allenati, tanto più in una società che sta vivendo un processo di deumanizzazione mai visto prima, dove la “capacità di mettersi nei panni dell’Altro” è in via di estinzione. Solamente un’ educazione emotiva che promuova l’empatia può fare invertire la rotta verso un nuovo Umanesimo.
Quando nasciamo prevale la parte inferiore o istintiva del cervello, mentre la parte superiore o razionale non è ancora sviluppata.
Nella zona emotiva inferiore hanno sede istinti e pulsioni che costringono il bambino a volere tutto e subito senza possibilità di differire la scarica e di attendere.
Se il bambino rimanesse sempre sotto il comando delle pulsioni sarebbe davvero problematico, anche perché la Vita ci obbliga spesso a dovere rimandare ciò che vogliamo e ad affrontare frustrazioni per sostenere le quali dobbiamo trovarci attrezzati. Se non siamo in grado di tollerare le frustrazioni e gestire la pulsione, possiamo essere assaliti da agitazione e angoscia da lenire in qualsiasi modo (alcool, sostanze, dipendenze…).
Accoglienza e regole permettono di uscire dalla schiavitù della pulsione, trasformandola in qualcosa di più gestibile che prende il nome appunto di emozione.
L’educazione emotiva mira a questo obiettivo.
Il cervello per svilupparsi impiega circa 22 anni durante i quali si creano neuroni, reti, sinapsi e molto altro, la qualità del loro funzionamento dipende dalla relazione educativa che i genitori stabiliscono con un figlio sin dalla nascita.
Abbiamo vent’anni di tempo per stabilire le giuste connessioni, e possiamo essere i peggiori o migliori “architetti” che concorrono allo sviluppo del cervello di figli e studenti”.
E per gli adulti, come si può intervenire in caso di difficoltà emotive ad affrontare la vita? Un buona psicoterapia ristrutturante profonda può portare a modificazioni neurobiologiche ed espressione dei geni a qualsiasi età. Insomma, c’è sempre possibilità di una sorta di recupero.
School Empathy Project
Il progetto porta nelle scuole la Didattica delle Emozioni ®️attraverso docenti formati per insegnare ad educare l’intelligenza emotiva. La ricerca ha durata di un anno, alla fine del quale si analizzeranno le modifiche psicobiologiche relative ad alcuni enzimi responsabili dei livelli dello stress, come il cortisolo e l’aumentato livello di produzione di sostanza benefiche attraverso test salivari.
Il progetto è realizzato in collaborazione con l’Università dell’Aquila, l’Università “Federico II” di Napoli, l’Ateneo “San Raffaele” di Milano e la Società di Psiconeuroendocrinoimmunologia SIPNEI di Roma.
È stato infine reso possibile grazie a degli sponsor, imprenditori illuminati, che sostengono la ricerca (Leggi tutto).
B.F.