Le pizze con cheeseburger e quelle all’ananas non hanno fatto breccia nei nostri palati, ma la catena americana si consola con numeri da record: ha quasi 19mila negozi e ha superato anche Pizza Hut. Giornali americani scrivono: “Aprire Domino’s Pizza in Italia è come provare a vendere la neve al Polo Nord”
ROMA – È stata una delle notizie di questo agosto, insieme con la siccità, la ripresa del turismo, la ripartenza del campionato e ovviamente la campagna elettorale: Domino’s Pizza ha deciso di andarsene dall’Italia.
La catena di pizzerie, fondata nel 1960 ad Ann Arbor, nello Stato americano del Michigan, ha scelto di cessare tutte le sue attività nel nostro Paese: chiusi gli ultimi 29 punti vendita, abbandonato il faraonico progetto di aprirne altri 800 e passa, lasciati a casa tutti i dipendenti.
Che non erano suoi ma di ePizza Spa, la concessionaria italiana che ha dichiarato fallimento.
omino’s Pizza era arrivata in Italia nel 2015 ed era al momento attiva solo a Bergamo, Bologna, Milano, Modena, Roma, Torino e in varie località del Veneto: la società non è stata chiarissima nel motivare la decisione della chiusura e ha dato la colpa soprattutto alle mancate vendite e alla concorrenza. Sostanzialmente, gli affari sono andati (più o meno) bene sino al 2019, poi “la pandemia di Covid-19 e le successive restrizioni prolungate hanno gravemente danneggiato ePizza”. In parole povere: per ovvie ragioni, il biennio del coronavirus ha fatto impennare l’offerta di cibo a domicilio, con tantissimi ristoranti e pizzerie (anche le più tradizionali) che si sono buttate nel mondo del delivery, creando una concorrenza che quelli di Domino’s forse non si aspettavano e che probabilmente non erano pronti per affrontare.
A questo si è aggiunto l’inevitabile scetticismo di noi italiani per una pizza che non è la nostra pizza, con condimenti incredibili come cheeseburger, pollo e pancetta e ovviamente ananas: difficile immaginare che sia tutta colpa della Pizza Hawaiana (che hawaiana non è), ma sicuramente non ha aiutato a fare breccia nei palati nostrani.
Va detto che l’Italia è uno dei pochi posti del mondo in cui Domino’s Pizza non ce l’ha fatta e ha dovuto ritirarsi: a oggi, l’azienda è presente in oltre 80 Paesi e in più di 5.500 città con 18.848 punti vendita (il dato è aggiornato al 2021). Di più: è stata la prima del settore a permettere di ordinare online, nell’ormai lontanissimo 2007, ha una capitalizzazione di mercato di oltre 14 miliardi di dollari e negli ultimi 6 anni ha aperto una media di 1.000 nuovi negozi ogni anno. Che vuol dire 2-3 aperture ogni giorno.
È davvero un colosso, e questo ritmo di crescita le ha permesso di diventare la catena di pizzerie più grande al mondo: l’anno scorso ha superato per la prima volta Pizza Hut, ferma (si fa per dire) a 18.381 punti vendita. Questo marchio in Italia non c’è, così come non c’è Papa John’s, che è terza in questa curiosa classifica, con 5.650 negozi sparsi in una trentina di Paesi.
Chissà se, vista la sfortunata esperienza dei rivali, Pizza Hut e Papa John’s proveranno davvero a portare le loro pizze nel Paese della pizza, come si vocifera da tempo (soprattutto per la prima).
In attesa di scoprirlo, è interessante notare come la notizia della chiusura di Domino’s in Italia sia stata raccontata da quotidiani e siti d’informazione degli Stati Uniti. Con ironia, soprattutto: dal romantico “Italy says arrivederci to Domino’s Pizza” della CBS al “Ma che sorpresa: gli italiani preferiscono la loro pizza” del Washington Post. Lo storico e autorevole quotidiano della capitale si è spinto anche oltre, riportando alcuni tweet irriverenti, come “Ma chi è che comprerebbe la pizza di Domino’s in Italia, a parte qualche turista americano ubriaco?” oppure “Aprire Domino’s Pizza in Italia è come provare a vendere la neve al Polo Nord”. Difficile dare loro torto, in effetti.