ROMA – E’ il valore dei diamanti rubati a Roma nel giugno scorso per cui la Polizia di Stato del I Distretto Trevi Campo Marzio, a seguito di approfondite indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma, ha individuato e fermato due persone gravemente indiziate del reato.
Il furto, avvenuto al centro di Roma nell’agosto scorso, è il risultato di una articolata pianificazione delittuosa, portata a termine con la tecnica del ”rip-deal”, una tecnica truffaldina che consiste nel promettere l’acquisto di oggetti preziosi in cambio di denaro falso o con valuta estera.
La vicenda ha avuto origine a giugno, allorquando la vittima, gioielliera presso una società di Montecarlo, veniva contattata telefonicamente da un intermediario che le manifestava l’intenzione di fare da tramite nell’acquisto di gioielli per conto di clienti esteri. A questa telefonata seguivano vari incontri di affari e cene, a Sanremo e Milano, dove gli intermediari e i compratori discutevano dell’acquisto di una partita di gioielli.
Il primo tentativo di scambio soldi/gioielli, avvenuto in un albergo della Città dei fiori a fine luglio, non era andato a buon fine, ma era di fatto servito per accreditare gli acquirenti agli occhi della vittima. Gli intermediari organizzavano allora un nuovo incontro in agosto, questa volta nel centro di Roma, in un lussuoso albergo prenotato dalla vittima.
Il sedicente compratore russo si presentava presso la struttura unitamente ad una donna che si qualificava come ”esperta di pietre preziose”, che avrebbe avuto proprio il compito di scegliere i preziosi da acquistare. I due acquirenti mostravano interesse solo per i diamanti, accordandosi per l’acquisto di 5 pezzi per la cifra di 1.346.000 euro. Mentre il compratore russo attendeva presso il bar, la gioielliera e la donna che l’aveva accompagnato presso la sua camera salivano in una stanza dell’hotel, al fine di verificare l’autenticità dei gioielli.
Giunte in camera la venditrice li posizionava sul letto e la donna ne sceglieva 5 su 6, mettendo tutti quelli che aveva selezionato all’interno di alcuni sacchetti in velluto e successivamente li poneva nuovamente all’interno di un borsello color caramello avvolgendoli con del nastro da imballaggio, chiedendo alla gioielliera di prenderle una penna per siglare l’involucro. Cogliendo l’attimo di distrazione della vittima, la donna effettuava lo scambio dei borselli, riponendo al posto di quello contenente i gioielli veri, un altro contenente delle riproduzioni, e invitava la venditrice a riporlo all’interno della cassaforte presente in camera.
Subito dopo la gioielliera scendeva con la donna nella hall e raggiungeva il compratore russo, che nel frattempo era uscito dall’albergo per andare a prendere un borsone di colore blu, contenente il corrispettivo in mazzette di banconote da 200 euro.
L’uomo la invitava a trattenere la borsa come garanzia in attesa di perfezionare le operazioni di pagamento, a seguito delle quali al loro rientro avrebbero ritirato i gioielli dalla cassaforte e contato le mazzette di banconote contenute nella borsa. Mentre i due uscivano dall’albergo, la parte lesa si recava subito presso la sua stanza e dopo aver atteso invano il loro rientro, apriva il borsone che le avevano lasciato, notando al suo interno numerosissime banconote del taglio di euro 200, riportanti, però, la dicitura fac-simile su di un lato. Immediatamente si recava in cassaforte per controllare i gioielli, avvedendosi che gli autentici erano stati sostituiti con delle copie.