Lo scopritore Anacleto Antonelli, escursionista e guida ippoturistica, ha raccontato le forti sensazioni avute di fronte alla scoperta
di Enzo Campodono
CIVITA CASTELLANA – Anche la terra degli etrusco-falisci aveva una sua
Stonehenge?
La risposta è sì, stando a quanto emerso nella conferenza tenutasi lo scorso sabato 29 ottobre per la presentazione dei primi studi effettuali sui Monoliti di Santa Susanna, a Civita Castellana, oggetto di una imminente pubblicazione.
L’interessante incontro promosso dal Corpo Italiano di San Lazzaro ha avuto luogo nella Sala Consiliare del Comune di Civita Castellana (VT) ed ha visto la partecipazione di esploratori e studiosi del territorio assieme ad una folta presenza di pubblico.
Prima del racconto degli studiosi dalla loro viva voce è stato proiettato un breve documentario sulla scoperta.
Lo scopritore Anacleto Antonelli, escursionista e guida ippoturistica, ha raccontato le forti sensazioni avute di fronte ai monoliti quando ancora erano avvolti dalla vegetazione e che oggi non superano i 9 metri di altezza, 3 dei quali, quelli meglio conservati e formanti una prima triade allineata, ricordano in piccolo le 3 Cime di
Lavaredo in Alto Adige.
Così Antonelli ha rievocato l’irresistibile impulso a scalarli e indagarli per verificare la presenza di qualche traccia che denotasse l’intervento dell’uomo.
Per gli appassionati di cinema d’autore e di letteratura non si può non ricordare l’attrazione descritta verso le misteriose rosse alture in Picnic a Hanging Rock.
E infatti attrazione fu, unitamente alla sensazione di perdersi nel racconto della scoperta, non tanto per l’estensione dell’area – in verità relativamente ristretta –
quanto per la sete di ulteriore conoscenza che l’enigma dei Monoliti suscita.
In particolare nella parte alta del monolito centrale, quello più alto, si rinvenivano una nicchia ovoidale con taglio regolare e base piatta, nonché una sorta di seduta
quasi in cima.
Lo studioso di archeoastronomia Stefano Cavalieri ha analizzato l’allineamento dei 3 monoliti sia rispetto agli assi nord-sud ed est-ovest che orizzontalmente rispetto
al profilo del Monte Soratte, con tanto di sovrapposizione delle cime dei 3 Monoliti con le
principali cime del complesso del Soratte, come noto teatro di culti antichissimi quali quelli posteriori del Dio Sole/Suri, del dio Giano bifronte e della Dea Feronia/Ferocia.
Cavalieri ha ipotizzato che il sito di Santa Susanna fosse un paleo-osservatorio astronomico realizzato con le tecniche dell’epoca, all’incirca del 3000 avanti Cristo, quando ancora la Stella Polare non era un riferimento per trovare il settentrione nel nostro emisfero.
L’archeologa Tatiana Melaragni, giovane energica e con grande esperienza di scavi e ricerca in Etruria e in Medio Oriente, attualmente impegnata con l’Università
di Firenze proprio nel viterbese, ha inquadrato il complesso monolitico nel periodo preistorico dell’Eneolitico (4000-2100 A.C.). Ha comparato il ritrovamento con altri osservatori del territorio etrusco, enfatizzando il carattere religioso del sito, probabilmente dedicato al Culto della Madre Terra, a pochi metri da dove non casualmente sorgerà la Chiesa di Santa Susanna, da cui l’attuale toponimo.
Ha ricordato il primato in Europa degli etruschi (come dei Celti), rivali poi alleati dei Falisci, nel campo dello studio degli astri e dell’aruspicina.
Il che potrebbe dare maggior risalto alla scoperta preistorica di Santa Susanna
ove venisse finalmente sancita la provenienza autoctona degli Etruschi, al cui fianco si sarebbero stanziati in seguito gli italici Falisci.
Tutto ciò in un territorio, quello civitonico, di confine in epoca storica – a seconda del periodo – tra Etruschi, Falisci, Umbri, Celti, Sabini e perfino con un avamposto
tiberino degli Equi (altrimenti attestati dalla Prenestina fino al reatino), come si è ipotizzato per via della presenza di Aequum Falsicum/Faliscum nella più antica
mappa stradale dell’Impero romano, la Tabula di Peutinger, ubicata dove oggi si trova la Frazione di Borghetto di Civita Castellana, non distante da Santa Susanna (Sassacci di Civita Castellana).
Melaragni ha narrato la scoperta da lei stessa effettuata durante il primo sopralluogo con Antonelli di un colatoio e di canaline che servivano a far filtrare dall’alto
e defluire attraverso la roccia liquidi – si ritiene vino o latte – all’interno della nicchia centrale, presumibilmente per la celebrazione di rituali che favorissero la fecondità
dei campi e delle donne.
Il che non può non farci pensare per un verso alla cultura fallocratica dei Falisci dell’antica Fescennium (Corchiano), per altro verso agli antichi rituali cristianizzati in voga nella Chiesa di Santa Romana sul Soratte che propiziavano la produzione del latte
materno. Soprattutto la studiosa trasteverina ha messo in luce il fatto che i Monoliti tufacei, frutto di antichissime eruzioni (non lontano dal Monte Cimino o dal Vulcano di Vico), siano stati realizzati da mano umana ‘per sottrazione’, cioè scavando e rimuovendo parti friabili di formazioni vulcaniche isolate in modo da erodere il terreno e lasciar torreggiare i Monoliti tuttora visibili. Infine Melaragni ha richiamato l’organizzazione dei culti primitivi nel territorio individuando centri di attrazione
religiosa e sociale dotati di una propria energia e forza quasi magnetica. In tal senso la postazione a sedile per una figura sciamanica sacerdotale non faceva che risaltare il potere anche ‘politico’ che in antichità tali luoghi di culto dovevano occupare in una società dove la divinazione e lo studio degli astri, pure per il controllo e la previsione delle stagioni agricole, erano riservate ad una cerchia ristretta.
Anche per rispondere alle domande dei presenti prendeva la parola il Sindaco di Civita Castellana Luca Giampieri che assicurava fin da subito la dovuta attenzione dell’Amministrazione per avviare un proficuo confronto con la proprietà privata dall’area di Santa Susanna e per l’adozione delle prime misure di sicurezza e protezione in attesa di interventi sovracomunali quali vincoli ministeriali o regionali.