Garante della privacy è finalmente intervenuto a difesa dei dipendenti accertando le gravi violazioni nei confronti degli stessi. Continuano gli strascichi della disastrosa amministrazione Zingaretti. Adesso paghi il responsabile e non i cittadini laziali
ROMA – La nostra inchiesta ha incastrato la regione Lazio. Il 9 settembre scorso abbiamo raccontato di come l’Avvocatura regionale era diventata una specie di Kgb “de’ noantri”, e l’avvocato Murra aveva fatto “spiare” le mail di legali e dirigenti.
Nel nostro articolo avevamo raccontato la storia della denuncia verso due dipendenti regionali all’autorità giudiziaria per “violazione del segreto d’ufficio”. Gli stessi, però, sono stati successivamente prosciolti in fase istruttoria perché “il fatto non costituisce reato”. Avevamo anche invocato l’intervento del Garante della privacy, sollecitato in difesa dei lavoratori, che fino ad allora non era mai intervenuto
Garante che sarebbe dovuto intervenire perché i due dipendenti, nell’essere accusati di aver divulgato la nota prot. 374234 del 16.5.2019 a firma del Responsabile Rodolfo Murra, che doveva rimanere “segreta”, sono stati scoperti solo grazie alla collaborazione (richiesta dai responsabili regionali) di alcuni tecnici di LazioCrea, che hanno controllato tutte le postazioni degli avvocati in servizio presso quel dipartimento e setacciato le loro mail scaricando chilometri di tabulati. Uno ad uno, una ad una. Ovviamente senza avvisare nessuno. Senza diritto alla difesa. Senza che nessuno fosse presente mentre nessuno può escludere a priori che possano avergli sbirciato cose magari personali.
Ora, dopo la nostra inchiesta e la palese violazione della privacy dei poveri dipendenti regionali, è arrivata la sanzione per la regione Lazio che sarà costretta a pagare una multa (per ora) di 100.000 euro. Qualcuno potrà pensare che si tratti di poca roba, visti i milioni di euro buttati dalla finestra da questa amministrazione a guida Zingaretti per le mascherine (tanto per fare un esempio), però si tratta comunque di una considerevole cifra che qualcuno dovrà pagare. Non certo i poveri e già tartassati cittadini laziali. Chi ha sbagliato paghi.
Nel dettaglio la decisione del Garante della privacy che ha sanzionato la regione Lazio per illecito controllo metadati email dipendenti pubblicato su Agenzia Nova. Sembra una replica di quanto da noi scritto il 9 settembre scorso.
“No al controllo dei metadati della posta elettronica dei dipendenti senza adeguate tutele per la riservatezza e in violazione delle norme che limitano il controllo a distanza dei lavoratori.
Questa la decisione del Garante per la privacy nei confronti della Regione Lazio, cui ha comminato una sanzione di 100.000 euro e vietato i trattamenti tuttora in corso. Il caso nasce dalla segnalazione di un sindacato che aveva lamentato un monitoraggio posto in essere dall’amministrazione sulla posta elettronica del personale in servizio presso gli uffici dell’avvocatura regionale – si legge in una nota del Garante -.
Nel corso dell’istruttoria, l’ente pubblico aveva dichiarato di aver avviato una verifica interna sulla base del sospetto di una possibile rivelazione a terzi di informazioni protette dal segreto d’ufficio. Oggetto del monitoraggio, i metadati relativi ad orari, destinatari, oggetto delle comunicazioni, peso degli allegati.
Il Garante ha accertato che la Regione aveva potuto effettuare il monitoraggio del personale dell’avvocatura, in particolare dei dipendenti che inviavano messaggi a uno specifico sindacato, sfruttando i dati conservati per generiche finalità di sicurezza informatica per 180 giorni, in assenza di idonei presupposti giuridici violando così i principi di protezione dei dati e delle norme sul controllo a distanza. Nel provvedimento, l’Autorità ha chiarito che la generalizzata raccolta e l’estesa conservazione dei metadati della posta elettronica – che in quanto forma di corrispondenza e’ tutelata dalla Costituzione – non sono strumentali allo “svolgimento della prestazione” del dipendente, ai sensi dello Statuto dei lavoratori.
In questi casi, infatti, il datore deve avviare le specifiche procedure di garanzia (accordo sindacale o autorizzazione pubblica) previste dalla legge. Il trattamento di dati personali posto in essere ha, tra l’altro, consentito al datore di lavoro di entrare in possesso di informazioni relative anche alla sfera privata dei dipendenti, a partire dalle loro opinioni, contatti e fatti non attinenti all’attività lavorativa.
Oltre alla sanzione amministrativa di 100.000 euro, il Garante ha vietato alla Regione Lazio ogni ulteriore operazione di trattamento dei metadati relativi all’utilizzo della posta elettronica dei lavoratori e disposto la cancellazione di quelli illecitamente raccolti”.