Campagna elettorale surreale. Fiumi d’inchiostro, ogni giorno, nei confronti di Francesco Rocca per uno sbaglio vecchio quasi quarant’anni che ha ampiamente pagato, ma viene ignorata una sentenza della Corte dei Conti, di appena quattro mesi fa, che ha condannato D’Amato per aver utilizzato fondi (275 mila euro)della regione (che vuole governare) per fini politici personali
ROMA – Quello che sta succedendo in questa campagna elettorale per la presidenza della regione Lazio è fuori da ogni logica.
Ogni giorno attaccano il candidato del centrodestra, Francesco Rocca, per una condanna riferita a fatti avvenuti quasi quaranta anni fa, spulciano le sue liste per cercare di trovare personaggi scomodi, se la prendono con chi, legittimamente, organizza convegni, feste, ecc. Il niente.
Però non parlano dell’unico fatto grave avvenuto, di una condanna che avrebbe dovuto avere come conseguenza le immediate dimissioni da assessore e la non candidatura alla presidenza della regione: il candidato del centrosinistra, Alessio D’Amato, il 2 settembre scorso è stato condannato dalla Corte dei Conti a restituire 275 mila euro alla regione Lazio.
Soldi che D’Amato ha ricevuto dalla regione stessa e che avrebbe indebitamente usato tra il 2005 e il 2008 a fini politici. Infatti, la Fondazione Italia Amazzonia Onlus, di cui era presidente, non ha utilizzato quei soldi per gli scopi nobili amazzoni, ma per fini politici.
Secondo l’accusa, il denaro che sarebbe dovuto andare nelle casse della onlus per l’Amazzonia sarebbe stato dirottato verso l’associazione Rosso Verde, che promuoveva D’Amato come consigliere regionale.
Ricordiamo, inoltre, che sul fronte penale, invece, il processo, buon per lui, è stato prescritto. La prescrizione del reato non c’entra nulla con l’assoluzione.
Essere prosciolti per intervenuta prescrizione vuol dire semplicemente che lo Stato non ha fatto in tempo a chiudere il processo. Per quanto riguarda il procedimento davanti la Corte dei Conti, invece, la richiesta di patteggiamento avanzata dall’avv. Piazza era stata respinta, e il rito si è celebrato in via ordinaria.
Ad oggi non ci risulta che la regione, lo stesso Ente rappresentato da D’Amato (che ricopre la carica di assessore alla sanità), si sia mosso per recuperare i 275 mila euro. La stessa Corte dei Conti aveva espresso, inoltre, perplessità sulla regione per non aver agito nei confronti di Alessio D’Amato e del suo attuale capo segreteria Egidio Schiavetti, per aver recuperato i soldi da loro spesi in modo illegittimo.
Alessio D’Amato, sicuro di sé, pensa di stare dalla parte della regione: le sentenze le rispettino gli altri.
Ricordiamo le due parole di D’Amato una volta appreso della condanna: “Apprendo dalla stampa, a cui è stata trasmessa prima che alle parti, della sentenza emessa dal collegio presieduto dal presidente Tommaso Miele. La ritengo ingiusta e ingiustificata: sarà depositato immediatamente l’appello…nonostante la procura regionale della Corte dei Conti per ben tre volte avesse aderito alle richieste procedurali dei miei difensori, per ben tre volte e con motivazioni infondate e sorprendenti, le ha respinte con verbali che non corrispondono all’effettivo svolgimento del giudizio. Per questo motivo sarà depositato un dettagliato esposto al consiglio della presidenza della Corte dei Conti e una denuncia per falso ideologico alla procura della Repubblica di Roma”. Quando una sentenza “vira” a sinistra, dunque, si apre un percorso tortuoso per i giudici, che rischiamo anche esposti e denunce.
In merito alla posizione del suo capo segreteria, Egidio Schiavetti, che insieme a D’Amato gestiva l’associazione, i magistrati contabili in maniera molto “tenera” hanno specificato:” presentando fraudolentemente – ai fini dell’indebita liquidazione – una rendicontazione sostanzialmente fittizia corredata da fatture non veritiere per spese prive di inerenza e in taluni casi materialmente contraffatte”. Un racconto che ricorda il famoso film di Totò e Peppino: “La banda degli onesti”.
Nei mesi scorsi abbiamo discusso sulla eventuale incompatibilità dell’assessore alla sanità in quanto condannato a risarcire l’Ente che rappresenta nel suo organo di governo. La fattispecie che riguarda Alessio D’Amato, infatti, ricade nella previsione di cui al comma 1, n. 6 dell’art. 63 del TOUEL, essendo ravvisabile l’ipotesi di incompatibilità in presenza di una sentenza, munita di formula esecutiva, della Corte dei Conti, Terza sezione giurisdizionale centrale d’appello, ed essendo lo stesso formalmente messo in mora. Ma a D’Amato piace portarsi avanti con il lavoro. Non lascia, anzi, raddoppia. Continua a fare l’assessore e tenta il colpo grosso cercando di conquistare la poltrona che fu di Nicola Zingaretti, altra vecchia conoscenza della Corte dei Conti.
Detto questo, non si possono ignorare le parole di Giuseppe Conte, pronunciate appena un mese fa, sul mancato accordo tra M5S e PD. Se qualcuno pensa che il problema principale sia stata la questione “termovalorizzatore” si sbaglia di grosso. La questione è morale e le parole dell’ex premier non lasciano spazi a dubbi: “Io non posso accettare che in una lista del Movimento 5 Stelle ci possa essere una persona che deve alla Regione Lazio quasi 300mila euro perché ha creato un danno erariale accertato dallo Stato. Non posso accettarlo come candidato alla Regione, perché non posso candidare una persona che deve alla sua regione, mentre si candida ad amministrarla e governarla, una somma accertata dai magistrati contabili. La questione morale esiste o non esiste? Ci accusano di essere giustizialisti, ma io sono garantista nel midollo, da avvocato so quanto la presunzione di innocenza e il ruolo del difensore siano essenziali. Ma cosa c’entra col fatto che si fa finta che non ci sia un danno erariale accertato? Questa è la questione morale”,
Francesco Rocca ha pagato per i suoi errori passati. D’Amato, fino adesso e fino a prova contraria, non ha versato neanche un euro del danno erariale causato alla regione Lazio, Ente che ambisce ad amministrare insieme al suo capo della segreteria, Egidio Schiavetti.