Lazio – La Lega contesta l’assegnazione dei seggi ma fa un buco nell’acqua. Paterna (Fd’I) e le altre rimarranno al loro posto

Con le osservazioni inviate all’Ufficio elettorale si tenta di nascondere i malumori e il pessimo risultato (di percentuali e preferenze) nella Capitale. Oggi contestano la legge elettorale, ma nel 2018 è stata accettata da tutti. Un testo che sembra scritto da un “Drago”

ROMA – Sull’assegnazione dei seggi alla Pisana e la composizione del nuovo Consiglio regionale del Lazio c’è un punto interrogativo. Una memoria che la Lega ha presentato alla Corte d’Appello di Roma e al Viminale punta a mettere in discussione la ripartizione comunicata dal Ministero dell’Interno.

Prima di entrare nell’agone della notizia e sul perché la politica si interroga solo oggi della legge elettorale sbagliata voluta dal Partito democratico e fatta passare grazie alla complicità di Abbruzzese ed altri dell’epoca diciamo che nessuno perderà il seggio conquistato legittimamente dieci giorni fa.

Andiamo per ordine. La Lega, a cui si è accodata Forza Italia, non ci sta. Vuole più seggi e promette battaglia. Rimandando, però, una attenta analisi politica del voto. Che non può essere considerato soddisfacente nonostante la grande affermazione di Francesco Rocca, che ha raggiunto percentuali altissime, ben oltre ogni più rosea previsione.

Intendiamoci, se c’è stato un errore è giusto che questo venga fatto notare. E’ un dato di fatto, però, che al di là dell’assegnazione o meno di un seggio in più, qualcuno dovrebbe analizzare il voto in maniera approfondita. A cominciare dalle preferenze che, su Roma, hanno visto trionfare il gruppo che fa capo a Pino Cangemi (con lui eletta anche Laura Cartaginese, i due andavano in accoppiata) e lasciare agli altri, graditi ai vertici del partito, le cosiddette briciole.

Sembrerebbe che, nella settimana appena trascorsa, all’interno del Carroccio si sia aperta una ampia discussione su “chi andrà a ricoprire i ruoli di assessore o Presidente del Consiglio regionale”, con tanto di richieste (e sfilate?) di diretti interessati e amministratori locali ai vertici regionali (e non solo) di partito. I malumori sono tanti e c’è il rischio che qualcuno, se non verrà accontentato, possa pensare di cambiare aria.

A rimanere fuori, nella lista della Lega, Tony Bruognolo. Questa eccellente esclusione ha causato mal di pancia all’interno del partito romano. Eletti, invece, come detto, Pino Cangemi e Laura Cartaginese. Il primo protagonista del famoso “patto d’Aula” che ha salvato Zingaretti dagli scompensi causati dall’anatra zoppa di inizio legislatura scorsa (prima che l’ex Governatore imbarcasse i grillini nella sua barcollante maggioranza). La seconda, invece, votò contro la mozione di sfiducia a Zingaretti presentata in massa da tutti i partiti di centrodestra e dal Movimento 5 Stelle.

Recriminare oggi queste cose dagli stessi “compagni” di partito appare pressoché ridicolo. A rimanere fuori dal Consiglio regionale anche Pasquale Ciacciarelli, candidato nella circoscrizione Frosinone e provincia. L’esponente politico ciociaro che, nel giorno della mozione di sfiducia a Zingaretti nel dicembre del 2018, pensò bene di non votare e volare in Scozia. Oggi rivendica un posto in giunta dall’alto delle sue tante preferenze.

Nella ricostruzione fatta dalla Lega (e da Forza Italia) anche il partito di Berlusconi e la lista civica Rocca avrebbero un seggio in più. Uscirebbero tre donne, Paterna a Viterbo, Berni a Rieti e Savo a Frosinone (tutte di Fratelli d’Italia), per far posto a Bruognolo (Lega), Carolina Casini (Civica) e Enrico Cavallari (Forza Italia).

Nella ricostruzione trasmessa all’Ufficio elettorale regionale, Lega e Forza Italia lamentano di essere penalizzati dall’attuale legge elettorale. Chiedono una diversa interpretazione e alcuni contestano addirittura la legittimità della stessa legge. Entrata in vigore, ricordiamo, nel 2017 e portata avanti da uno dei più grandi amici e sostenitori di un escluso eccellente (Ciacciarelli), quel Mario Abbruzzese ex Presidente del Consiglio regionale nella legislatura Polverini (finita in anticipo per lo scandalo rimborsopoli) e Presidente della Commissione che si è occupata della riforma della legge elettorale insieme a Daniele Sabatini.

Una legge che, ironia della sorte, ha visto penalizzata proprio la provincia di Abbruzzese e Ciacciarelli che, con poche migliaia di elettori in meno, ha eletto la metà (solo 3) dei consiglieri rispetto a Latina (ben 6). Ma che, con la ricostruzione posta dalla memoria della Lega, rischierebbe di perdere un ulteriore consigliere.

Dunque una legge scritta male, forse illegittima, ma comunque è questa la norma che disciplina l’elezione dei 50 + 1 consiglieri regionali. Contestarla adesso sembra quantomeno bizzarro visto che sono passati quasi 6 anni dalla sua approvazione e ha già avuto applicazione per la ripartizione dei seggi nel 2018, dopo la striminzita vittoria di Nicola Zingaretti. All’epoca nessuno gridò allo scandalo quando il Partito Democratico si accaparrò la quasi totalità dei seggi del premio di maggioranza. Né il Presidente della Commissione che fece approvare la legge, né i vertici della Lega, né quelli di Forza Italia. Come è stata accettata dai due partiti che, per puro caso, ne hanno beneficiato: PD e FdI.

Se avesse vinto Alessio D’Amato il Partito Democratico avrebbe fatto incetta di seggi del premio di maggioranza perché la legge elettorale è questa. Saremmo curiosi di sapere, però, se qualcuno si sarebbe permesso di alzare tutto questo polverone per contestare i seggi assegnati al PD. Come, d’altronde, è già successo 5 anni fa.

Ha ragione Donato Robilotta quando in un tweet ha scritto “Studiando le leggi elettorali ho scoperto che la norma della legge del 2017 della regione Lazio cd salva province è stata ripresa dalla legge Toscana. Solo che lì è scritta bene da noi l’hanno copiata con i piedi”. Per l’ex assessore della giunta Storace, dunque, una legge copiata con i piedi. Ma alcuni se ne accorgono solo ora, a sei anni dall’approvazione.

Più che una legge scritta da un Ufficio legislativo, sembra proprio una legge scritta (o copiata) da un “Drago”!

Ora veniamo al punto. La regione Lazio non possiede un ufficio elettorale e quindi si è convenzionata con il Ministero dell’Interno che ha svolto tutte le operazioni burocratiche. I verbali sono stati trasmessi alla Corte d’Appello che verificherà la congruità dei dati e darà il via libera alla convalida degli eletti.

Dal punto di vista tecnico il ricorso e pseudo tale presentato al Ministero dell’Interno e alla Corte d’Appello equivale a niente. Fuffa. L’unico ricorso possibile è presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio e contro la regione Lazio. Il problema è che il Tar Lazio si è già espresso in modo netto. Dunque a cosa è servito o serve fare tutto questo casino?

Semplicemente a chiedere qualche posto dove allocare chi, suo malgrado, è rimasto senza lavoro. Valentina Paterna, Berni e la Savo possono tranquillamente iniziare ad organizzare le proprie segreterie. Nessuno può toccare quello che legittimamente hanno conquistato.

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