Regione Lazio – Rifiuti, impianti TM (disastrosi per l’ambiente) lasciati in eredità da Zingaretti, serve una commissione d’inchiesta

Il nuovo assessore all’ambiente (sperando non sia Simeone) dovrà chiedere che la commissione trasparenza si occupi di controllare il lavoro di Valeriani & Co.

ROMA – Gli impianti di trattamento rifiuti urbani indifferenziati, per normative Comunitarie e nazionali dovrebbero rispondere ad alcune caratteristiche, che tuttavia nel Lazio non vengono minimamente prese in considerazione.

Ma per capie gli impianti, è necessario comprendere che il rifiuto “eer 200301 rifiuto urbano indifferenziatoè notoriamente ricco di sostanza organica, e poiché gli impianti di solo trattamento meccanico non sono in grado di eliminarla, qualora questo rifiuto sia destinato a questi impianti, la sostanza organica si “concentra” nello scarto di “sottovaglio” che diventa una vera “bomba organica” che finendo nelle discariche da innumerevoli anni non può che generare danni ambientali.

Infatti lo scarto che viene prodotto dagli impianti di trattamento meccanico ovvero il “EER 19.12.12” è esentato per lo smaltimento in discarica dal limite del DOC e quindi dell’IRDP), e di questo si è “giovato il sistema laziale zingarettiano” degli ultimi anni), questo finchè anche l’ARPA LAZIO ha dovuto mettere nero su bianco le criticità che attualmente esistono (e che purtroppo esistono da ormai diversi anni) ma nel frattempo cosa ha generato tutto questo dal punto di vista ambientale??

Ovviamente le norme esistono da anni, e anche il piano regionale ne ha dovuto prendere atto, ma l’autorità competente regionale ha rilasciato nel corso degli ultimi 10 anni di Governo Zingaretti una quantità innumerevole di autorizzazioni al trattamento di rifiuti urbani indifferenziati EER 20.03.01 a favore di semplici impianti di tritovagliatura e/o trattamento meccanico, ha indicato tali impianti nel Piano Regionale senza scrivere chiaramente cosa potevano e non potevano trattare, ed oggi trattano di fatto in maniera totalmente indisturbata un rifiuto che obbligatoriamente dovrebbe essere sottoposto a trattamento biologico.

Ma specifichiamo meglio cosa è avvenuto durante il governo Zingaretti… molti impianti di trattamento meccanico esistevano già, alcuni erano anche autorizzati a trattare il codice EER 20.03.01 nelle loro autorizzazioni (poiché rientrava in codici assimilabili nelle vecchie procedure semplificate) , tuttavia non potevano ritirare tale rifiuto se proveniente dalla raccolta stradale o porta a porta proveniente dalle abitazioni poiché per tale rifiuti ci vuole una gestione appropriata e una tariffa amministrata che questi impianti non avevano (proprio perché non autorizzati a ritirare “quello specifico rifiuto”

Ma il Governo Zingaretti ha deciso di SANARE queste situazioni, e regalare al lazio ben 4 impianti TM.

Per una capacità complessiva di circa 800.000 ton/anno – impianti che NON POSSIEDONO SEZIONE DI STABILIZZAZIONE DI SOSTANZA ORGANICA OBBLIGATORIA PER LEGGE rilasciando tariffe di accesso, ordinanze contingili e urgenti e note esplicative di vario tipo, dove ha di fatto avviato lo spostamento di enormi flussi di rifiuti indifferenziati (precedentemente sottoposti al più completo trattamento biologico meccanico ) al solo trattamento meccanico.

NORMATIVA DI RIFERIMENTO

La normativa di settore vigente all’epoca del rilascio di molte di queste autorizzazione era la seguente: (art. 182-bis, d.lgs. 152/2006; D.M. 29.1.2007, circolare ministeriale 42448-GAB del 06.08.2013; Corte giust., caso C-323/13 del 15/10/2014; decisione di esecuzione della Commissione (UE) 2018/1147, attualmente vigente) e il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (all’epoca vigente: PRGR 2012 non troppo diverso da quello attualmente vigente: PRGR 2020),tutti i documenti elencati impongono che i flussi di RSU indifferenziati EER 20.03.01 siano conferiti esclusivamente agli impianti “idonei”.

Tali sono – a parere degli organi pubblici preposti (si v. infra anche quanto dedotto da ARPA Lazio) – gli impianti TMB/TBM dotati, in aggiunta alla sezione “meccanica”, della sezione “biologica” deputata alla stabilizzazione del rifiuto in uscita dall’impianto non destinato a termovalorizzazione

I principi di “autosufficienza” e “prossimità” sono, pertanto, subordinati – anche letteralmente – a quello di “idoneità” degli impianti di trattamento: tra gli impianti “idonei” va reperito il più “vicino”; non ogni impianto “vicino” è per ciò stesso “idoneo”.
Nel sistema pianificatorio previgente e attuale, nel caso in cui un Ambito Territoriale Ottimale (ATO) sia “deficitario”, deve rivolgersi all’ATO limitrofo non deficitario. Dunque, se l’ATO “Roma” non ha sufficienti impianti TMB/TBM per l’idoneo trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati EER 20.03.01, dovrà conferirli, fino a capienza massima, negli impianti TBM/TMB presenti negli ATO limitrofi non deficitari.

Non si dà il caso, invece, che – pur in presenza di capacità disponibile in impianti TMB/TBM a livello regionale – sia possibile autorizzare, in palese contrasto con le disposizioni di legge e di piano, il conferimento dei suddetti rifiuti EER 20.03.01 in impianti “inidonei”, quali sono i TM come quelli di Ecosystem e Porcarelli (provincia di Roma) oppure CSA e Refecta (provincia di Latina), in quanto privi della prescritta sezione biologica di trattamento.

Ne consegue che, le autorizzazioni rilasciate ai vari impianti TM, a trattare flussi di rifiuti EER 20.03.01 – che invece a rigore di legge, le dovrebbe essere inibita, dovendo tali rifiuti essere indirizzati a impianti “idonei” – sono evidentemente illegittime.

D’altra parte, entrambi i suddetti strumenti di pianificazione – proprio per fare fronte alla procedura di infrazione europea che già aveva fruttato una condanna della Corte di giustizia nel 2014 hanno esplicitamente dimensionato il proprio fabbisogno, e recano specifiche disposizioni, nel senso che i flussi di rifiuti EER 20.03.01 devono essere indirizzati, fino a esaurimento della relativa capienza, presso gli impianti “idonei” dotati di sezione biologica, siano TMB e/o TBM (PRGR 2012 PRGR 2020).

L’autorizzazione all’utilizzo di un TM per il trattamento del rifiuto EER 20.03.01 – pur in presenza di capacità TMB/TBM inevasa – è quindi in principio illegittima.

Il Governo Zingaretti non si è limitato a gestire delle “deroghe” alle norme vigenti , in passato, con eventuali provvedimenti contingibili e urgenti in asserita mancanza di alternative praticabili ma ha addirittura rilasciato ordinarie autorizzazioni integrate ambientali, emanate in situazioni normali e dotate della usuale efficacia temporale.
In uno dei vari procedimenti di Riesame di impianto TM Arpa Lazio rilascia un proprio supporto tecnico/parere in cui si può leggere:

“nella propria attività istruttoria preordinata al rilascio del parere per quanto riguarda le modalità di monitoraggio e controllo ed al supporto tecnico a codesta AC, Arpa Lazio ha effettuato le proprie valutazioni, come di consueto, a partire dall’analisi della documentazione specificamente agli atti del presente procedimento, tenendo conto delle indicazioni fornite in materia di autorizzazione integrata ambientale dalla parte seconda del D.Lgs. n. 152/06, nonché da quanto riportato nei pertinenti documenti di riferimento europei quali il documento Bref Best Available Techniques (BAT) Reference Document for Waste Treatment del 2018, nelle Conclusioni sulle BAT di cui alla Decisione UE n. 2018/1147 del 10 agosto 2018, nei documenti di riferimento nazionali costituiti dalle Linee Guida di settore relative agli impianti di selezione, produzione di CDR (D.M. 29/01/2007), dalla ulteriore normativa settoriale applicabile puntualmente richiamata all’interno della presente valutazione. [Omissis]

Gestione del rifiuto urbano indifferenziato (CER 20 03 01)

Con riferimento al rifiuto urbano indifferenziato in ingresso CER 20 03 01, analogamente a quanto già rappresentato dalla scrivente Agenzia in casi similari affrontati nell’ambito di altri procedimenti di rilascio/riesame di autorizzazione integrata ambientale, e come anche sottolineato da codesta AC nel corso della prima seduta della conferenza di servizi, si richiama che la questione concernente le modalità di trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati è stata affrontata dal Ministero dell’Ambiente con Circolare del 6 agosto 2013 recante “Ammissibilità in discarica dei rifiuti tritovagliati – Superamento circolare del 30 giugno 2009”. Nella medesima è riportato che: Nell’ambito della procedura di infrazione n. 2011/4021, la stessa Commissione, con il parere motivato prot. 9026 del 1/06/2012, ha fornito dei chiarimenti sui contenuti minimi essenziali che le attività di trattamento devono osservare per essere conformi al dettato comunitario e, con il ricorso depositato il 13 giugno 2013 contro la Repubblica Italiana – registro della Corte numero causa C-323/13 – ha, tra l’altro, rilevato la necessità di un trattamento adeguato anche sui rifiuti residuali provenienti da raccolta differenziata.

Come noto, con Sentenza del 15 ottobre 2014 nella causa 323/13, recante «Inadempimento di uno Stato – Ambiente – Direttive 1999/31/CE e 2008/98/CE – Piano di gestione – Rete adeguata e integrata di impianti di smaltimento – Obbligo di istituire un trattamento dei rifiuti che assicuri il miglior risultato per la salute umana e la protezione dell’ambiente», la Corte di Giustizia Europea ha statuito che: “Tenuto conto di quanto precede, occorre quindi constatare che la Repubblica italiana, non avendo adottato tutte le misure necessarie per evitare che una parte dei rifiuti urbani conferiti nelle discariche del SubATO di Roma, ad esclusione di quella di Cecchina, ed in quelle del SubATO di Latina non venga sottoposta ad un trattamento che comprenda un’adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e la stabilizzazione della loro frazione organica, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del combinato disposto degli articoli 1, paragrafo 1, e 6, lettera a), della direttiva 1999/31, nonché degli articoli 4 e 13 della direttiva 2008/98.”.

Rispetto a quanto sopra, emerge quindi che un adeguato trattamento del rifiuto urbano indifferenziato, codice CER 20 03 01, comporta una selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e la stabilizzazione della loro frazione organica, al fine di garantire il rispetto delle norme sul corretto conferimento degli scarti a discarica.

Circa le corrette modalità di trattamento occorre fare riferimento al documento Bref comunitario Best Available Techniques (BAT) Reference Document for Waste Treatment JRC113018 che definisce le migliori tecniche disponibili. In particolare, le tecniche di trattamento che comportano un’adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e la stabilizzazione della loro frazione organica sono riportate alla Sezione 4.4, relativa ai trattamenti meccanici biologici. Nello specifico, nella Sezione 4.4.1, le attività contemplano una separazione meccanica dei rifiuti e il trattamento biologico (trattamento anaerobico e/o aerobico) della frazione organica. Dalla separazione primaria viene pertanto ottenuto un sottovaglio, costituito da materiali biodegradabili da destinare alle successive fasi di trattamento di natura biologica, ed un sopravaglio, costituito da materiali ad alto potere calorifico, da destinare alle successive fasi di raffinazione per la produzione di combustibile da rifiuto.

Viceversa, i trattamenti di natura esclusivamente meccanica previsti nella Sezione 3.3 sono relativi al caso di gestione di rifiuti il cui trattamento non comporta la produzione di materiali biodegradabili che devono successivamente essere stabilizzati e quindi non sono pertinenti agli impianti quali l’impianto in oggetto. Infatti le attività di trattamento meccanico descritte nella Sezione 3.3 contemplano, a valle dei trattamenti previsti, la produzione di combustibile da rifiuti ma non prevedono la formazione di materiali biodegradabili, da destinare a successivi trattamenti biologici, sul presupposto della loro totale assenza nel rifiuto di partenza.

Nel caso in oggetto, come in altri casi analoghi esaminati, l’assetto tecnologico e gestionale adottato prevede una attività di tritovagliatura del rifiuto e la produzione di un sottovaglio che, senza essere sottoposto a successive fasi di trattamento di natura biologica, viene avviato ad impianti terzi per successiva operazione di termovalorizzazione oppure successivo trattamento di stabilizzazione, come anche dichiarato dal Gestore nel corso della prima seduta della conferenza di servizi.

Sulla base di quanto sopra, tenuto conto che l’installazione in oggetto non risulta possedere le dotazioni impiantistiche previste dal documento BREF comunitario Best Available Techniques (BAT) Reference Document for Waste Treatment JRC113018, ovvero quelle previste nella Sezione 4.4.1 in caso di gestione dei rifiuti urbani indifferenziati di cui al codice CER 20 03 01, come sopra rappresentato, la medesima non appare coerente con le BAT di settore.

L’assetto tecnologico e gestionale dell’impianto in argomento risulta altresì non coerente con quanto previsto nelle pertinenti Linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili per gli impianti di selezione, produzione di CDR e trattamento di apparecchiature elettriche ed elettroniche dismesse di cui al Decreto del 29 gennaio 2007. Si rappresenta difatti al riguardo che le tecnologie descritte al punto D.7.2, finalizzate al “trattamento intermedio dei rifiuti urbani e speciali indifferenziati residui dalla raccolta differenziata” delle citate Linee Guida prevedono la compresenza di fasi di trattamento di natura meccanica e fasi di trattamento di natura biologica.

Si rimettono le suddette considerazioni tecniche all’AC ai fini delle valutazioni e decisioni di competenza” (enfasi in grassetto aggiunta: NdA).”