Viterbo – Bonaria Manca e Maria Prymachenko in mostra: simbolo di tutte le donne

“Se so ricamare, saprò anche dipingere”, si è aperta ieri la mostra voluta dall’assessore alla Bellezza Vittorio Sgarbi e dalla sindaca Chiara Frontini in collaborazione con il Museo nazionale Taras Shevchenko di Kiev e il supporto di Archeoares

Viterbo –  E’ dedicata a due donne la mostra che si è aperta ieri sotto i portici di Palazzo dei Priori, dove resterà fino al 4 giugno 2023: in mostra, la pittrice e pastora Bonaria Manca e l’artista ucraina Maria Prymachenko. Ad un anno dall’invasione della Russia all’Ucraina, l’assessorato alla Bellezza del Comune di Viterbo, guidato dal sottosegretario per la Cultura Vittorio Sgarbi ha voluto fare questo regalo alla città. “Le arti, sono l’unica possibilità per indurre le persone ad alzare lo sguardo verso il cielo e non a combattersi per uccidersi“, ha dichiarato di fronte alle opere della Primachenko, quadri salvati  il 27 febbraio 2022 da un attacco militare russo che ha distrutto il Museo di storia e storia locale di Ivankiv, nei pressi di Kiev.  “Oggi siamo di fronte a due poetesse che invocano la pace. In Bonaria tutto è festa, umanità e amicizia e in Maria traspare tutta la sua emozione arcaica“. L’ ingresso alla mostra  è gratuito per viterbesi ed ucraini.

Entrambe ingenue schiette e primitive offrono la loro visione magica della realtà nel dialogo tra due donne legate dalla sofferenza imposta dai fatti della vita, che si fa spazio tra la natura e le terre d’origine, protagoniste assolute ed espressione del divino che entrambe elargiscono “come dono e come cura”.

 

 

Maria Primachenko  (12 gennaio 1909 – 18 agosto 1997) ha mosso i primi passi nell’arte già da bambina, grazie anche all’influenza della madre, esperta ricamatrice. La piccola si dilettava a sua volta a creare disegni con ago e fili colorati e a dipingere le tipiche uova pasquali. Ma un episodio fu catartico durante la sua infanzia, che lei stessa ha così raccontato: “Una volta, da bambina, inseguivo un branco di oche. Quando raggiunsi una spiaggia di sabbia, sulla riva del fiume, prima di attraversare un campo punteggiato di fiori selvatici, iniziai a disegnare con un bastone sulla sabbia fiori reali e immaginari… Più tardi, decisi di dipingere i muri della mia casa usando pigmenti naturali. Dopo di ché non ho più smesso di disegnare e dipingere”. Tutti rimasero incantati dalla fantasia e dal talento della bambina, che abbracciò così la sua passione. Fu colpita dalla poliomielite che la costrinse per molto tempo a letto, ma la malattia contribuì ancor più ad avvicinarla all’arte, tanto da diventare  una delle maggiori rappresentanti dell’arte Naif. Le sue opere sembrano nate dalla terra, sono il simbolo della cultura ucraina tra vita reale e arcaica in una tavolozza di colori sempre più vibranti  Si sposò, ma la coppia fu subito separata dalla guerra e l’artista rimase vedova mentre era incinta. L’altra perdita importante che dovette sopportare fu quella del fratello, giustiziato dai nazisti.

Pablo Picasso di lei disse “Mi inchino davanti al miracolo artistico di questa brillante ucraina”,

L’UNESCO ha dedicato a Maria Prymachenko l’anno 2009.

Bonaria Manca (1925 – 2020) (nella foto sopra con Vittorio Sgarbi) Bonaria Carmela Manca nasce a Orune (provincia di Nuoro) in Sardegna, il 10 luglio 1925, dodicesima di tredici figli, di cui solo nove, sei maschi e tre femmine, raggiungeranno l’età adulta. La sua era una famiglia di pastori da generazioni, e fin da quando era bambina di cinque anni era solita seguire la madre e il padre nelle loro attività, sia in casa che nei campi intorno a Orune, lavando la lana e facendo il bucato al fiume , fare il pane, piantare le patate nell’orto, persino guidare i buoi se necessario: tutto questo ha caratterizzato la sua infanzia! Ha conseguito la licenza elementare in una scuola degli anni Trenta, in una classe dove i maschi erano separati dalle femmine. In gioventù apprende le basi del ricamo, che svilupperà egregiamente negli anni a venire. Sua madre Speranza era membro dell’Azione Cattolica ed era una Dama di Carità, e Bonaria divenne la prima delegata juniores all’interno dell’Azione Cattolica all’età di tredici anni. Nel gennaio 1940, a soli 14 anni, perse il padre Partì definitivamente da Orune per trasferirsi a Tuscania nel 1956, qui divenne addirittura pastora obbligata dalle circostanze e dai bisogni dei suoi parenti, mettendo loro a disposizione le sue capacità e le sue energie, cosa che non avrebbe mai potuto fare nella sua terra d’origine. È stato sconvolgente per sua madre vedere sua figlia lottare e sacrificarsi con le greggi: “e Bonaria andava a cavallo dietro le sue greggi, a volte “anche a pelo”, senza sella e senza redini. Guidava anche una moto, lasciando a bocca aperta non pochi, in un paesino come Tuscania negli anni Cinquanta. Ha iniziato a dipingere nei primi anni Ottanta, fino a quel momento creativa solo attraverso il ricamo: si diceva: “se sono capace di ricamare, dovrei saper dipingere anche”! Il suo grande talento artistico è emerso nella solitudine più profonda, occasione per entrare in contatto con la parte più profonda di sé, per la quale l’arte diventa veicolo di espressione Lei stessa ha detto: “È tutto qualcosa che è uscito da dentro, non l’ho cercato. Era dentro di me ma io non lo sapevo”. Nelle sue opere è rappresentata la sua vita di bambina e giovane donna ad Orune, la sua numerosa famiglia, i fratelli, le sorelle, il padre facilmente riconoscibile, perché sempre raffigurato nel costume tradizionale sardo, con la madre al fianco. E poi la pastorella Bonaria a Tuscania, filando la lana, tessendo i propri abiti, seguendo il suo gregge, sempre immersa in una natura che rispetta e ama. Religiosità e preghiera continuamente rivolte a Dio, molti dipinti raffiguranti Cristo, la Natività, processioni religiose che si svolgono nella stessa Tuscania, ma anche visioni di mondi preistorici scomparsi, come quello etrusco, con i loro protagonisti: dei, magistrati, condottieri, prigionieri, artisti , artigiani e commercianti da una natura morta alla natura rigogliosa e colorata in un mondo agro-pastorale con fiori, alberi, uccelli, pesci, mucche, pecore, capre, cavalli, maiali, ea mondi lontani rappresentati da giraffe, mammut e yak.

La sua Casa dei Simboli è oggi una Casa-Museo.

B.F.