Civitavecchia – Sepoltura dei feti, se ne è parlato al Movimento per la vita

CIVITAVECCHIA – Riceviamo e pubblichiamo –  Venerdì  21 aprile 2023, nell’ambito del ciclo di conferenze organizzate dal Movimento per la vita di Civitavecchia, si è svolta la conferenza dell’avvocato Emiliano Ferri, vicepresidente ADVM, sul tema: “Sepoltura dei feti: violazione della coscienza delle donne o pietà cristiana?”.
L’avvocato Ferri, con la consueta chiarezza, professionalità e moderazione, ha risposto a questo interrogativo, partendo dal presupposto che, per poter rispondere a questa domanda, sarebbe, come è, necessario uno studio interdisciplinare che, partendo dal dato normativo, interpella la filosofia, l’antropologia, la psichiatria e l’ambito religioso in senso generale.
Partiamo dal dato normativo, rappresentato dal testo dell’art. 7 del DPR. 285/90 che consente, entro le 24 ore (un tempo forse eccessivamente ridotto) successive all’espulsione, ai genitori, i parenti o chi per essi, di richiedere i resti dei prodotti abortivi (di presunta età di gestazione dalle 20 alle 28 settimane complete) e dei prodotti del concepimento (di presunta età inferiore alle 20 settimane) per potergli dare una sepoltura presso un cimitero, piuttosto che destinarli alla spazzatura.
Come si evince dal dato normativo, non c’è alcuna distinzione tra aborto procurato o aborto spontaneo. E questo è un dato che garantisce la laicità, in senso generale, della norma e che dovrebbe suggerire a tutti gli attori dell’agone socio-politico un dibattito caratterizzato da una certa onestà intellettuale. Onestà intellettuale che dovrebbe accettare pacificamente che la scienza medica oramai prende in seria considerazione la possibilità che all’aborto (sia spontaneo che provocato) possa far seguito una sindrome post-abortiva. Una svariata complessità di sintomi può essere indotta dalla mancata genitorialità, coinvolgendo la donna e l’uomo non più genitori, e anche i loro familiari”(prof. Pierluigi Bruschettini, ordinario di Pediatria presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Genova Ospedale Gaslini). Perché si tratta di dover elaborare un lutto vero e proprio (un lutto troppe volte negato dalle ideologie) così come evidenziato da recenti ricerche in ambito psichiatrico e dall’esperienza del Comitato Scientifico del Progetto “Fede e Terapia” coordinato dall’Ass. Difendere la Vita con Maria. Progetto che ha messo anche in luce come non solo gli attori familiari vengono segnati dall’evento aborto (qualunque ne sia la causa), ma anche il personale ospedaliero e ambulatoriale. Tant’è verso che alcuni degli Ospedali più grandi in Italia autonomamente, e ai sensi di legge, provvedono alla sepoltura dei resti degli aborti dopo la 20° settimana, e scaduto inutilmente il termine delle 24 ore dall’espulsione. Non si tratta di una violazione della coscienza delle donne, ma di u rispetto che ciascuno di noi nutre nei confronti di cadaveri, più o meno grandi, ma nell’evidenza riconosciuti e riconoscibili come essere umani. Ancor di più nelle situazioni degli aborti spontanei e degli aborti cosiddetti terapeutici. Da una parte il rispetto dovuti per i morti, dunque, e dall’altra la possibilità per la famiglia (e non solo) di elaborare quel lutto. Non si tratta di una presa di posizione dei cattolici, che trovano comunque riferimento nell’Istruzione “Donum Vitae” I, IV (e da ultimo nella Disposizione della Conferenza Episcopale Laziale “Davvero il Signore è risorto!” I, 4, 3° capoverso), ma in generale della società umana. Basti pensare all’elaborazione dei riti giapponesi denominati “Mizuko Kuyo” o, ancora, ai cimiteri dei bambini abortiti in Vietnam o in Corea. Non si può e non si deve trattare questo argomento nell’ottusità della dialettica ideologica, ma si tratta di affrontare con carità un argomento che, si voglia o no, coinvolge sempre e comunque la sfera personale di donne e di uomini.