Viterbo – Rifiuti, dalla Csa di Castelforte arrivano non conformi spediti anche a Monterazzano. Per Rizzo l’impianto non è idoneo

La grande confusione generata dalla regione Lazio negli ultimi dieci anni di gestione Zingaretti. Gli impianti TM svolgono attività contra legem

VITERBO – La conferenza stampa tenuta dall’amministratore unico della “Futuro Rifiuti Zero” di Formia, Raffele Rizzo investe anche la nostra città nel silenzio assordante delle istituzioni locali (impegnate a rispondere sullo sfalcio dell’erba).

Ad inizio settimana il dottor Rizzo ha tenuto una conferenza stampa dai toni durissimi dove denunciava delle gravissime incongruenze sulle modalità di smaltimento dei rifiuti. A pochi mesi dalla sua nomina non poteva far altro che far presente questa situazione per evitare che la giustizia contabile prima e penale poi gli presentasse un conto salatissimo.

Andiamo con ordine e cerchiamo di capire cosa c’è di poco chiaro in questa faccenda che, come in tutte le storie che riguardano i rifiuti, diventa materia quasi incomprensibile.

La Centro Servizi Ambientali S.r.l., è titolare di un impianto di Trattamento Meccanico deputato a trattare la frazione secca del rifiuto urbano indifferenziato.

La piattaforma dello stoccaggio è situata nel centro di una vasta zona industriale sviluppata tra il Lazio e la Campania.

L’impianto è autorizzato ai sensi del D.Lgs n.59 del 18 febbraio 2005 all’esercizio dell’attività di stoccaggio provvisorio con “Autorizzazione Integrata Ambientale DEC. N.12 del 04.04.2008” rilasciata dalla Regione Lazio per un quantitativo annuo di 41.000 Ton. Ogni anno vengono trattate migliaia di tonnellate di rifiuti recuperabili valorizzandone circa il 90% che diventa nuova materia prima.

Occorre fare una premessa sostanziale e fondamentale. I rifiuti del Lazio dovrebbero essere trattati solamente in impianti TMB (Trattamento Meccanico Biologico).

Gli impianti di trattamento rifiuti urbani indifferenziati, per normative Comunitarie e nazionali dovrebbero rispondere ad alcune caratteristiche, che tuttavia nel Lazio, a causa del mancato piano rifiuti, vengono tutt’oggi disattese.

Per capire la differenza degli impianti TMB da TM, è necessario comprendere che il rifiuto “eer 200301 rifiuto urbano indifferenziato” è notoriamente ricco di sostanza organica.

Gli impianti di solo trattamento meccanico (TM) non sono in grado di eliminarla.

La sostanza organica si “concentra” nello scarto di “sottovaglio” che diventa una vera “bomba organica” che finendo nelle discariche può generare danni ambientali.

Infatti lo scarto che viene prodotto dagli impianti di trattamento meccanico che escono con il codice “EER 19.12.12” è esentato per lo smaltimento in discarica nonostante anche l’ARPA LAZIO abbia messo nero su bianco tutte le criticità.

Nonostante ci siano chiare normative europee inserite nel vecchio piano regionale la stessa autorità competente regionale ha continuato a rilasciare, nel corso degli ultimi 10 anni, una quantità innumerevole di autorizzazioni al trattamento di rifiuti urbani indifferenziati EER 20.03.01 a favore di semplici impianti di tritovagliatura e/o trattamento meccanico senza scrivere chiaramente cosa potevano e non potevano trattare.

Questo ha permesso che gli impianti potessero continuare a trattare un rifiuto che obbligatoriamente dovrebbe essere sottoposto a trattamento biologico.

Non lo diciamo noi ma la Corte di Giustizia Europea con giusta sentenza emessa nel lontano 2014 che ha condannato lo Stato italiano per la mancata adozione delle disposizioni ambientali:

CORTE GIUSTIZIA EUROPEA 2014

I comuni che raccolgono i rifiuti urbani dalle strade devono conferirli in impianti dotati di tecnologia per trattamento dei rifiuti indifferenziati.

Parliamo del trattamento meccanico-biologico, anche conosciuto con l’acronimo TMB, una modalità di trattamento dei rifiuti indifferenziati utilizzata per recuperare da quest’ultimi alcuni materiali che possono essere riciclati o recuperati.

Nel rispetto dei principi di autosufficienza e prossimità, i rifiuti urbani non possono essere conferiti in impianti situati in regioni diverse da quella di produzione se non dopo aver subito il trattamento biologico.

Sulla sentenza della Corte Europea ci sono due passaggi che riguardano proprio Latina:

I passaggi evidenziati non lasciano spazio ad interpretazioni.

Con recente sentenza dell’11 novembre 2021 (causa C-315/20), la Corte di Giustizia Europea torna a pronunciarsi sul tema dei rifiuti urbani non differenziati sottoposti a un trattamento meccanico. In particolare, la Corte precisa che, in base al regolamento (CE) n. 1013/2006 del 14 giugno 2006, i rifiuti urbani non differenziati che siano stati classificati sotto la voce 191212 del CER a seguito di un trattamento meccanico per il loro recupero energetico (che non ne ha però alterato le proprietà iniziali), devono essere considerati come rifiuti urbani differenziati provenienti da raccolta domestica e, per questa ragione l’autorità competente può opporsi alla loro spedizione.

La sentenza in questione spiega un principio, a volte disatteso, ma che sarebbe bene tenere a mente: il trattamento di un rifiuto, da solo, non implica l’alterazione delle sue proprietà originarie.

Effettuare un trattamento non è condizione sufficiente per cambiare la codifica di un rifiuto che può variare se, e solo se, ad essere alterate sono le proprietà originarie del rifiuto stesso.

Rizzo ha denunciato questo. La società in house del Comune di Formia una volta raccolti i rifiuti li manda alla CSA di Castelforte che però non è idoneo al loro trattamento. In particolare quelli provenienti dall’isola di Ventotene a fronte di un contratto frutto di un accordo ritenuto non in linea con le disposizioni delle leggi in materia di rifiuti.

Nella determinazione n. G13002 della regione Lazio che autorizza la CSA di Castelforte ci sono dei passaggi che, almeno per noi comuni mortali, sono poco chiari e sui quali occorrerebbero fare delle riflessioni. Parliamo di quanto riportato nella determinazione e che abbiamo messo in evidenza:

Doc. 6 - Determinazione 26 ottobre 2021 in evidenza

Proprio quei passaggi hanno fatto suonare un campanello d’allarme al numero uno della “Futuro Rifiuti Zero” Rizzo che ne ha denunciato le criticità ai giornalisti.

I rifiuti trattati dalla CSA di Castelforte, secondo Rizzo, non sono idonei ad essere conferiti in discarica come avviene puntualmente a Viterbo (obbligata dalla regione Lazio) nella discarica di Monterazzano.

La corretta gestione del rifiuto non può in alcun modo essere chiusa se passa attraverso impianti non idonei.

Gli avvocati della CSA di Castelforte hanno già anticipato azioni legali nei confronti di Rizzo. Ben venga questa iniziativa che può servire a far chiarezza sul solito pasticcio compiuto dalla regione Lazio in epoca Zingarettiana dove bastava qualche viaggio ai tropici, qualche gioiello da indossare e qualche regalia in contanti per aver autorizzazioni “facili”.