VITERBO – Respinto il ricorso in Cassazione per sei dei sette autori della rapina alle poste di Canino (per il settimo, Bruno Laezza, “il palo della banda”, è ancora in corso il processo con rito ordinario presso il Tribunale di Viterbo), nella mattina del 16 giugno i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Via San Camillo De Lellis e della Compagnia di Tuscania ed il personale della Polizia Stradale di Viterbo hanno dato corso congiuntamente ai provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria ormai divenuti definitivi a seguito della pronuncia degli ermellini con cui erano stato dichiarati inammissibili i ricorsi, confermando così le condanne della Corte D’Appello, che aveva inflitto alla banda pene per complessivi 33 anni. Giunge quindi a conclusione la storia giudiziaria del colpo che venne messo a segno il 28 novembre 2020, eseguito materialmente dal solo Riccardo Carloni Modesti, con Bruno Laezza e Massimiliano Gallo che lo aspettavano a bordo di un’autovettura. I tre vennero però fermati poco dopo da una pattuglia della Polizia Stradale sulla base della nota di ricerca data immediatamente dai carabinieri di Tuscania, che il giorno dopo perquisirono il direttore di banca Massimiliano Ciocia, su cui da subito si erano concentrati i sospetti dei militari. Il direttore venne sorpreso con una parte del bottino, 30.000 euro in banconote sulle quasi 200.000 portate via, ed il prosieguo delle indagini ha condusse poliziotti e carabinieri sulle tracce degl’ideatori del colpo, ovvero Domenico Palermo, Christian Lanari e Daniele Casertano, questi ultimi due compaesani del Ciocia.
Nella mattina di giovedì il personale della Polizia di Stato e dell’Arma dei carabinieri che all’epoca dei fatti si occupò con successo delle indagini ha bussato a casa delle rispettive abitazioni di tutti i componenti della banda, con esclusione di Laezza, per cui il processo come detto è ancora in corso, e Gallo, già in carcere per altri reati, dando esecuzione al provvedimento emesso dall’Ufficio Esecuzioni Penali della Procura di Viterbo. I cinque sono stati quindi associati in carcere.