“Condizioni pessime di abitabilità delle case, sfruttamento tramite falsi contratti, sovraffollamento e mancanza di servizi o di spazi di socializzazione”
VITERBO – Riceviamo e pubblichiamo – “La vicenda recente del quartiere di S. Faustino andrebbe narrata in una chiave meno strumentale di quanto avviene in queste ore, tra demagogia e propaganda politica. Tentando anche di dare il giusto peso – neutralizzando l’enfasi – alle rivendicazioni di alcuni residenti, riuniti in Comitati, che hanno degli eventi una visione limitata e non possono essere il punto di riferimento per la restituzione e tantomeno per una analisi complessiva.
Ho cominciato a lavorare nel quartiere molti anni fa. Negli anni in cui la dirigente Paola Pascolini, oltre venti anni addietro, dirigeva i plessi di via Bianchi, la scuola era già impegnata nel processo di integrazione, in un quartiere che contava allora oltre 20 etnie. Fu organizzato anche un convegno su questo. Negli anni il numero delle famiglie di stranieri è aumentato, complice l’aumento dei flussi, una pessima condizione del patrimonio edilizio – disponibili alla locazione – e i bassi prezzi degli affitti. Nel tempo vari enti e associazioni hanno provato a costruire percorsi, con poche risorse e ancor meno convinzione. Da parte degli enti locali e del comune di Viterbo un vuoto profondo e assordante. Ad essere mancati la comprensione del proprio ruolo e gli strumenti per leggere la realtà.
Nel mentre le classi delle scuole di via Bianchi hanno cominciato ad avere una presenza in molti di casi di soli stranieri e sparuti italiani. Una situazione che è stata più volte sottoposta – inutilmente – agli attori istituzionali. Servivano programmi e risorse per l’integrazione che non sono arrivati. Le condizioni pessime di abitabilità delle case, lo sfruttamento tramite falsi contratti, il sovraffollamento, la mancanza di servizi o di spazi di integrazione e socializzazione per persone spesso sfruttate nei luoghi di lavoro: di fatto si è creato negli anni una sorta di ghetto, nel quale tuttavia nessuno può dire che si siano verificati fatti gravi dovuti alla incapacità di coesistenza tra gli abitanti.
Eventi estemporanei hanno caratterizzato la cronaca (liti, risse e rumorosi assembramenti) ed effettivamente in alcune situazioni localizzate i comportamenti di gruppi di persone straniere (riconducibili a specifiche etnie) rendono la situazione difficile, soprattutto e spesso nelle ore notturne. Una percezione e un malessere reale, non si può negare. Ma il quartiere è vivo e tranquillo nel complesso. Si svolgono varie attività di socializzazione. Le scuole stanno recuperando la centralità della loro funzione sociale oltre che didattica grazie al lavoro dei docenti. Nascono nuovi negozi mentre in altre zone chiudono. Alcune importanti realtà come Caritas e Casa dei Diritti Sociali aprono spazi proprio a S. Faustino. La parrocchia della Trinità è una delle più attive e promuove progetti di integrazione. Il problema è che queste cose non vengono restituite forse in modo plausibile e non creano quella preziosa consapevolezza collettiva e quel valore aggiunto che solo in una realtà multietnica può realizzarsi. Un patrimonio su cui investire, sia economico che culturale. Ma molto è ancora da fare: troppe le povertà e le solitudini.
Purtroppo la grande assente è l’amministrazione pubblica, da sempre. Senza un progetto organico e di lungo respiro è difficile capire quale sia la situazione e quale modello si vuole creare; neutralizzando così i conflitti ovvero precedendoli (mettendo in campo facilitatori e mediatori) e comprendendoli in un processo nel quale soppesare criticità e positività. Questo soprattutto a vantaggio dei residenti, che devono essere protagonisti dei processi e non subirli. Una nuova comunità, integrata (italiani e stranieri insieme), che gestisce i problemi e se ne fa carico, dal basso, costruendo una nuova identità di cui sentirsi orgogliosi; rifiutando responsabilmente le scorciatoie o le approssimazioni usate da alcuni improvvisati “capipopolo” che pensano che la soluzione passi attraverso il controllo delle forze dell’ordine. Un intervento dall’esterno e solo repressivo. Una proposta sbagliata e odiosamente strumentale.
Quella di S. Faustino è la zona più interessante e creativa della città, potenzialmente l’immagine stessa della città del futuro, colorata e vitale. Basta rendersene conto e agire di conseguenza, evitando le trappole della propaganda politica e di parte e delle superficiali e strumentali restituzioni degli ultimi fatti di cronaca”. Conclude la lettera dell’educatore Umberto Cinalli.