80 anni fa gli Alleati sbarcarono in Sicilia. Mio nonno, come tanti altri soldati italiani, era lì

Tanti libri su quello storico evento, da “Uccidi gli italiani” di Andrea Augello a “L’anima muore di sera” di Paolo Casolari

Quello dello sbarco in Sicilia è uno degli eventi che si studia sui libri di storia e che molto spesso passa inosservato, sebbene rivesta un ruolo fondamentale nell’esito della Seconda Guerra Mondiale. Per di più, sono molti i siciliani che non prestano attenzione ad una parte di storia che si è svolta sul proprio territorio come nel caso dello sbarco in Sicilia.

Anche mio nonno Primo Mecali era lì, classe 1912, in prima linea. Dentro un infuocato bunker che dall’alto di Pachino si affacciava su Porto Palo di Capopassero.

Noi non avevamo telefoni e televisioni ma i racconti intorno al fuoco dei nonni e le domande sempre le stesse: Hai ucciso qualcuno? Com’è la Guerra? Cosa hai visto? Cosa hai fatto?

Di questo argomento lui, nonno Primo ha sempre parlato poco. Cioè delle brutture della Guerra e della morte. Mi raccontava i luoghi. Me li faceva diventare visibili. Gela, Cassibile, Noto, Acitrezza, Acicastello, Acireale, Gela, Licata, Avola e Pachino.

Da grande sono andato a far visita in quei luoghi e l’ho ritrovati come lui me li raccontava. Niente colpi di fucile, niente morti. Solo la bellezza straordinaria di quella Sicilia vissuta da un soldato di Montefiascone che fu fatto prigioniero e portato in un campo di concentramento in Africa.

Ecco il racconto dell’operazione che cambiò il corso della guerra in occasione del suo 80esimo anniversario.

Sbarco in Sicilia: l’Operazione Husky

Ben 80 anni fa, all’alba del 10 luglio 1943, le forze Alleate diedero il via alla campagna militare in Sicilia allo scopo di cambiare le sorti della Seconda Guerra Mondiale. “Operazione Husky” è il nome dato al piano militare che prevede la liberazione dell’Italia dalle forze nazi-fasciste partendo dal sud del Paese, vale a dire dalla Sicilia. Nello specifico, l’obiettivo principale degli Alleati in merito all’Operazione Husky era quello di aprire un secondo fronte in Europa, in modo da poter alleggerire la pressione effettuata dall’esercito nazista nel nord-est del continente europeo. In particolare, a chiedere l’apertura di un secondo fronte era Stalin, a capo dell’Unione Sovietica i cui territori erano fortemente provati dall’esercito nazista. Tuttavia, per aprire il secondo fronte furono necessari anni di interventi diplomatici tra le forze Alleate e l’Unione Sovietica.

Dopo una lunga e attenta pianificazione della campagna militare in Sicilia da parte degli Alleati, e dopo numerose operazioni preliminari come “Mincemeat”, celebre anche grazie al recente film realizzato sulla sua storia, il 10 luglio 1943 gli anglo-americani sbarcarono in Sicilia. Il tutto nonostante le cattive condizioni meteo di quella sera che resero complesse le operazioni di sbarco per le forze alleate. Una volta approdati in Sicilia, gli Alleati iniziarono le battaglie contro le forze nazi-fasciste presenti sul territorio.

 

Sebbene le forze alleate non riuscirono ad evitare la ritirata degli avversari, entro il 17 agosto 1943 la Sicilia fu libera dall’occupazione nazi-fascista. Inoltre, la conquista del territorio siciliano da parte degli Alleati ebbe diversi effetti sugli eventi del tempo, accelerando la destituzione di Benito Mussolini e la caduta del Fascismo in Italia. Quest’ultima, in particolare, fu suggellata con la firma dell’armistizio di Cassibile, anche se la lotta contro i nazi-fascisti proseguì al Nord Italia dando vita al periodo noto come la “Resistenza italiana”.

I luoghi dello sbarco in Sicilia

Ma quali sono i luoghi dello sbarco in Sicilia? In generale, l’operazione Husky coinvolse tutto il territorio dell’Isola, sebbene in alcune aree ci furono interventi maggiori rispetto ad altre. Tuttavia, per la fase di sbarco vera e propria furono considerati soprattutto i territori di Licata, Gela, Capo Passero e Avola. Fu quindi la parte sud-orientale dell’Isola ad essere protagonista delle prime fasi dell’operazione Husky. E in queste zone è ancora possibile trovare tracce del passaggio degli Alleati o riscoprire i luoghi dello sbarco.

A seguire, le forze Alleate si batterono per ottenere sempre più campo e ridurre la presenza nazi-fascista in Sicilia. Fu così che pian piano gli Alleati risalirono per tutto il territorio siciliano tra battagli e lotte contro le forze nazi-fasciste. In soli 38 giorni, fino al 17 agosto 1943, gli Alleati riuscirono a conquistare l’intera Sicilia, da una punta all’altra. Il 29 agosto dello stesso anno, Eisenhower atterrò a Catania e lui stesso annunciò l’armistizio su Radio Algeri l’8 settembre. Il proclama avvenne dopo cinque giorni di segretezza dalla firma, mentre gli Alleati avevano iniziato le operazioni militari in Calabria e in Campania.

Operazione Husky: la “Guida del soldato in Sicilia”

Una curiosità relativamente all’operazione Husky è quella della “Guida del soldato in Sicilia”. Si tratta di un libretto consegnato ai soldati Alleati dal titolo “Soldier’s guide to Sicily” redatto in lingua inglese. Lo scopo della guida era quello di supportare i soldati delle forze Alleate a interagire con la popolazione siciliana, le sue tradizioni e costumi. A tal proposito, la guida conteneva descrizioni della Sicilia a livello geografico, storico, considerandone il clima e i punti strategici.

Inoltre, nella guida erano inserite anche informazioni riguardo le città più grandi e la composizione delle loro popolazioni e ancora informazioni relativi ai servizi idrici, ferroviari, indicazioni igienico-sanitarie relative a malattie presenti sul territorio. Infine, era incluso anche un mini frasario di espressioni utili in italiano standard per interloquire con il popolo siciliano.

Tuttavia, la parte più curiosa è quella relativa alla descrizione dei siciliani, presentati come più bassi della media italiana, scuri di carnagione e capelli, anche se vengono sottolineate alcune eccezioni di occhi e capelli chiari anche dovute a ereditarietà di precedenti dominazioni. In aggiunta, la popolazione siciliana è indicata come molto credente ed è sottolineata l’importanza delle feste patronali. Infine, nella guida viene specificato come l’alimento principale fosse la pasta, come spaghetti e maccheroni e come i siciliani fossero particolarmente gelosi delle proprie donne, e di come fossero pronti a farsi giustizia da soli se lo ritenevano necessario.

Poi ci sono i libri scritti da chi ha avuto legami con questa storia. Ci piace ricordare il compianto senatore Andrea Augello che scrisse “Uccidi gli italiani”.

“Uccidi gli italiani” era la parola d’ordine dei paracadutisti britannici durante l’operazione Husky che diede inizio, nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1943, all’assalto alla Fortezza Europa.

Andrea Augello

Nel dopoguerra fu accreditata l’immagine di un’occupazione quasi pacifica della Sicilia, una marcia trionfale dei liberatori acclamati dalla popolazione. Le cose andarono diversamente, e queste pagine raccontano, ora per ora, la battaglia di Gela: l’accanita e determinata resistenza dei reparti italiani impegnati contro le forze da sbarco statunitensi, le incertezze e gli errori dei tedeschi, la violenza, spesso cieca e brutale, delle truppe del generale Patton. Un affresco non abbastanza conosciuto di quella lontana estate che determinò la crisi del fascismo e pose le premesse per l’armistizio dell’8 settembre.

Poi un altro libro profondo di storie vere e di racconto dei padri è quello di Paolo Casolari “L’anima muore di sera”.

A 20 anni a mani nude contro i Titani

Una storia vera, a tratti commovente, ricca di spigolature e completata da un corredo storico militare e fotografico inedito sull’ultima battaglia in grigioverde nella seconda guerra mondiale dove si fronteggiò l’impossibile: l’invasione angloamericana.

E’ lo spaccato che emerge dal volume “L’anima muore di sera”, alla sue seconda edizione con la casa editrice Morrone di Siracusa.

Carlo casolari

Descrive la vicenda al fronte di un ventenne modenese universitario di ingegneria, il sottotenente d’artiglieria Carlo Casolari, addestrato in pochi mesi e invitato a comandare un manipolo di artiglieri siciliani sulla battigia di Sciacca, nel 1943. Si tratta di un diario/quaderno scritto con calligrafia nitida e palpitante – ritessuto senza retorica e con garbato distacco dal figlio Paolo, giornalista – che apre un inedito percorso nel vuoto della memorialistica di parte italiana sulla guerra in Sicilia.

Tratta di forti sentimenti e continui addestramenti, distanze insopportabili, incontri d’amore, punizioni, passando per i pensieri ribelli, i sogni di volo, lo scirocco, la malaria, le licenze che non arrivano, le lettere ad amici modenesi. Ma anche i combattimenti contro gli americani, gli incontri importanti, i sentori di una regia perversa nello scollamento delle nostre unità in Sicilia occidentale, per procedere con la cattura, la fuga, l’esodo liberatorio a piedi per centinaia di chilometri attraverso un’isola che passa vieppiù col vincitore grazie anche alla mafia, sino all’epilogo, con un finale da manuale di “vissuto militare italiano”.

L’Ufficio Storico dell’Esercito Italiano ne ha riconosciuto l’originalità e ne ha curato la presentazione perché l’opera è tra le poche a rendere omaggio alla parte italiana: 39 giorni di resistenza ad uno sbarco mai visto prima al mondo, che sono un’eternità se paragonati al crollo dell’intero invitto esercito francese del ’40, avvenuto nello stesso tempo.

L’autore poi ne ha completato il corredo del libro con una traduzione a fronte in lingua inglese, una serie inedita di 50 fotografie di guarnigione e di combattimento, schede tecniche sui cannoni italiani e un riepilogo storico sullo sbarco che non trascura l’apporto della mafia agli statunitensi e le vergognose stragi di prigionieri italiani ordinate (ed eseguite) dal comandante statunitense Patton. E’, infatti, assai carente la divulgativa storico militare italiana sulla vicenda: in Sicilia è probabilmente mancato l’epos, in una guerra ormai perduta e spesso mal condotta. E neppure la tempra di un dignitoso comandante, il generale Guzzoni, e di una decorosa difesa, sono bastate a sollevare l’oblio in cui caddero i protagonisti.

Era, in verità, troppo tardi per sognare.

Carlo Casolari però, quello scorcio di storia, l’aveva vissuto, da ragazzo, accompagnato da tutti i suoi sogni. E il rinvenimento, da parte del figlio, dell’agenda su otto mesi di vita quotidiana in “zona d’operazioni” ha aperto una finestra sul destino comune di una Nazione che, nella tragedia della seconda guerra mondiale, ha visto marchiata a fuoco e in gran parte perduta la sua “meglio gioventù”.

E’ un quadro d’insieme che ribalta la vulgata prevalente che ancor oggi insiste nel descrivere i soldati italiani di allora come demotivati e straccioni. Ma il disincanto delle confidenze apre canali di verità e l’onestà con se stessi è la prima prova d’amor di Patria.

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