Il cambiamento climatico getta nel panico i ricercatori dell’Enea. Questi ultimi hanno sviluppato un nuovo metodo per designare una mappatura delle aree costiere a rischio inondazione.
ENEA ha sviluppato un nuovo servizio in grado di mappare le aree costiere a rischio inondazione per il cambiamento climatico che abbina modelli ad alta risoluzione, tecnologie satellitari e rilievi sul campo. Il nuovo servizio climatico è stato messo a punto da un team di ricercatori composto da climatologi, esperti GIS, oceanografi e geologi ed è stato presentato al XXI Congresso International Union for Quaternary Research (INQUA), una delle più importanti conferenze internazionali sulle scienze del Quaternario[3] che si è svolta di recente a Roma. Ad oggi, sono state completate le mappe di Follonica-Piombino e Marina Di Campo in Toscana, Fertilia-Alghero in Sardegna e Parco Nazionale del Circeo (Latina-Sabaudia) nel Lazio, mentre sono in via di definizione quelle dei litorali della Spezia, Roma, Napoli, Brindisi, Taranto e Cagliari.
Nella mappa si può vedere che il territorio pontino è caratterizzato di diverse aree di colore blu, ovvero con un grave rischio di finire sotto il livello del mare entro un periodo compreso tra il 2070 e il 2099.
Ciò che più preoccupa è che non si parla solo di zone che si trovano a ridosso del mare o delle lingue di terra che separano i laghi dal mare, ma anche di aree un po’ più interne.
In particolare a borgo Sabotino dove il rischio di inondazione è indicato in maniera evidente.
“Il nuovo servizio climatico – spiega l’agenzia Enea – è stato messo a punto da un team di ricercatori composto da climatologi, esperti Gis, oceanografi e geologi. Il servizio intende fornire a decisori pubblici e pubbliche amministrazioni centrali e locali le tendenze evolutive del territorio, in modo da pianificare le strategie di adattamento al cambiamento climatico”.
E ancora, fa eco un ricercato di Latina, Sergio Cappucci: “I risultati dei nostri studi hanno dimostrato che entro la fine del secolo, i beni maggiormente esposti al rischio di inondazione sono le zone umide, le aree di retrospiaggia e retroduna e alcune infrastrutture marittime.
Per ciò che riguarda le zone umide e le aree di retrospiaggia aggiunge il rischio di inondazione rispetto all’attuale livello medio del mare è dovuto alla bassa quota e alla subsidenza, mentre per le infrastrutture costiere come porti, opere di difesa, moli, casse di colmata, la causa sembra riconducibile al naturale affondamento sul fondo marino”.
Ma da dore arrivano queste previsioni? I ricercatori si sono basati su immagini digitali ad altissima risoluzione raccolte nel periodo 2008-2012 “Nelle proiezioni di aumento del livello del mare mancano i dettagli regionali che sono fondamentali per lo studio di un’area così speciale come quella del Mediterraneo” evidenzia Roberto Iacono, del Laboratorio Enea di Modellistica climatica.
“In questo contesto la messa a punto del nuovo approccio consente di valorizzare gli sforzi che la comunità scientifica ed europea stanno facendo per condividere piattaforme di dati e informazioni ambientali e per realizzare un servizio climatico open access ad alta risoluzione, con scenari sempre più affidabili e realistici, al fine di valutare gli impatti futuri del cambiamento climatico e pianificare opportune strategie di prevenzione e adattamento”.