Perugia – Giro di droga nei night e locali, arrestate cinque persone

PERUGIA – I finanzieri del Comando Provinciale di Perugia, su delega di questa Procura, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal G.I.P. del Tribunale del capoluogo umbro, nei confronti di cinque persone – di cui una, di origini albanesi residente ad Umbertide, destinataria degli arresti domiciliari, e quattro, una albanese, una rumena e due italiane residenti, queste ultime, in provincia di Arezzo, sottoposte all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria – che allo stato delle indagini risultano indagate, a vario titolo, per i reati di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e trasferimento fraudolento di valori.

Contestualmente, è stato eseguito il sequestro preventivo del capitale sociale e del compendio aziendale di tre società, aventi sede a Città di Castello, Umbertide e Lerchi (AR) esercenti le attività di bar e night club, la cui proprietà, riconducibile al cittadino albanese, sarebbe stata da questi fittiziamente ceduta agli altri destinatari delle misure.

Il procedimento trae origine dalle risultanze emerse nell’ambito di una più ampia indagine coordinata da questo Ufficio e condotta dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Perugia, che aveva portato, già nell’autunno dello scorso anno, all’applicazione di misure cautelari, per i delitti di riciclaggio, autoriciclaggio, emissione di fatture per operazioni inesistenti, nei confronti di dieci soggetti, alcuni dei quali connessi alla criminalità organizzata, e all’esecuzione di sequestri per oltre un milione di euro.

In tale contesto, erano emersi anche circostanziati e rilevanti indizi di attività di spaccio da parte di un sodalizio di origini albanesi operante nell’area dell’Alta Valle del Tevere.

Nel corso delle successive indagini, svolte mediante l’utilizzo di avanzate tecnologie di intercettazione telefonica ed ambientale, di videosorveglianza e di localizzazione satellitare, sono stati documentati numerosi episodi di spaccio di considerevoli quantitativi di sostanze stupefacenti, che hanno portato all’arrestato in flagranza di due soggetti, un italiano ed un albanese, ed al sequestro di circa 2 kg di cocaina, oltre ad hashish, marijuana e strumenti utilizzati per il taglio ed il confezionamento delle dosi.

Gli sforzi investigativi dei finanzieri si sono, inoltre, concentrati sull’analisi, sotto il profilo economico-finanziario, delle operazioni di investimento, acquisti e cessioni di quote societarie, poste in essere dal principale indagato, giungendo alla ricostruzione di operazioni di fittizia intestazione di attività commerciali (bar e locali di intrattenimento notturno).

Nel dettaglio, il cittadino albanese si è mostrato capace, in poco tempo, di dar vita a proficue attività commerciali, intestandole a soggetti che, solo formalmente, appaiono come titolari delle stesse, ma che, sulla base del copioso compendio indiziario, risulterebbero meri “prestanomi”, in quanto privi di effettive capacità imprenditoriali e di risorse finanziarie.

Egli, peraltro, attraverso tali fraudolente operazioni, non solo sarebbe riuscito ad eludere potenziati misure di prevenzione patrimoniale, ma avrebbe impiegato il denaro proveniente dal traffico illecito di sostanze stupefacenti.

Il Giudice per le indagini preliminari, ritenendo sussistente il pericolo concreto ed attale di reiterazione dei reati, stante le specifiche modalità della condotta delittuosa tenuta dagli indagati e la personalità degli stessi, ha disposto le misure cautelari personali ed il sequestro del capitale sociale e dei beni aziendali di tre società per un importo complessivo di circa 40 mila euro.

L’operazione è frutto della costante attenzione e dell’impegno profuso dalla Guardia di Finanza, in perfetta sinergia con l’Autorità Giudiziaria, per contrastare, anche mediante l’aggressione patrimoniale, fenomeni criminali, come il traffico di sostanze stupefacenti, particolarmente diffusi nel territorio perugino e sempre più appannaggio di consorterie di matrice etnica che come quella individuata nel corso delle indagini, si è rivelata particolarmente “inserita” nel contesto locale, giungendo finanche ad avvalersi di “teste di legno” di origine italiana, per schermare i reali assetti proprietari.