Giornate Fai d’autunno, tre tesori da scoprire a Tarquinia, Gradoli, Orvieto e non solo

Sabato 14 e domenica 15 ottobre le aperture di luoghi inaccessibili ai turisti perché privati

Tornano le Giornate FAI d’Autunno, l’amato e ormai atteso evento di piazza che il FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano ETS dedica, da dodici anni, al patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese.

Durante il fine settimana, animato e promosso con entusiasmo dai Gruppi FAI Giovani, assieme a tutti i volontari della Rete Territoriale della Fondazione, saranno proposte speciali visite a contributo in centinaia di luoghi straordinari in tutta Italia, selezionati perché solitamente inaccessibili oppure perché curiosi, originali o poco valorizzati e conosciuti.

Il pubblico potrà meravigliarsi di fronte alla ricchezza e alla varietà dei tesori di storia, arte e natura che si celano, inaspettati e stupefacenti, in ogni angolo della Penisola: tra questi si scopriranno palazzi storici, ville, chiese, castelli, e ancora esempi di archeologia industriale, musei, collezioni d’arte, aree archeologiche, biblioteche, laboratori artigiani e siti produttivi. Saranno in programma, inoltre, itinerari nei borghi e percorsi in aree naturalistiche, parchi urbani, orti botanici e giardini storici.

Le Giornate FAI d’Autunno sono organizzate nell’ambito della campagna di raccolta fondi della Fondazione “Ottobre del FAI”, attiva per tutto il mese.

Due le aperture nella Tuscia, una a Tarquinia e l’altra a Gradoli.

La Bandita di Sebastian Matta a Tarquinia

Durante le Giornate d’autunno 2023 la Bandita apre con il Fai per far conoscere parte degli spazi privati dell’artista che ospitano alcune delle sue opere, dal giardino al cortile del convento, fino alla cappella in cui Matta per anni ha lavorato e dove ora riposa.

Situato nella campagna tarquiniese, nella bassa Maremma, il Ritiro della Bandita è un ex convento dei frati passionisti fondato da san Paolo della Croce nel 1750.

Il convento passò poi al Comune e quindi, grazie a Luisa Laureati, amica e gallerista di Matta, venne acquistato nel 1968 dall’artista che, avendo vissuto a Roma negli anni Cinquanta, cercava un posto nei dintorni della capitale in cui creare un rifugio per vivere e lavorare. Il Ritiro della Bandita fu la casa di Sebastian Matta fino ai suoi ultimi anni di attività. Oggi sede degli archivi Matta, il complesso conserva sculture in bronzo, ceramiche, pastelli, tele, disegni e mobili e racconta l’immaginario fantastico e inimitabile di uno dei più carismatici, brillanti e visionari artisti del Novecento.

Indirizzo

Località Bandita San Pantaleo – Strada provinciale la Roccaccia, TARQUINIA, VT

Orari

Sabato: 10 – 17 (ultimo ingresso 16,30)

Domenica: 10 – 17 (ultimo ingresso 16,30)

Villa Caviciana a Gradoli

Villa Caviciana, bene del Fai, è un’azienda agricola di prodotti biologici nata dal sogno di Friedrich Wilhelm e Monika Metzeler, un avvocato di Dusseldorf e una collezionista d’arte partiti per una vacanza e tornati in Germania innamorati della zona attorno al lago di Bolsena.

Dal 1989, a poco a poco, acquisirono 144 ettari di colline, campi e boschi tra i comuni di Grotte di Castro e Gradoli, sulla sponda settentrionale del lago, davanti all’isola Bisentina. Il luogo era ideale, con dolci declivi, terreno fertile di origine vulcanica e il clima mite del lago. Piantarono 7mila ulivi, 35 ettari di oliveto, cui si aggiunsero 20 ettari di vigneto, i boschi – pini, castagni, noccioli, querce e corbezzoli – i campi, i pascoli e i prati.

Realizzarono una tenuta moderna ed efficiente, precocemente biologica, con un frantoio e una cantina propri, e dotata dei migliori macchinari e di personale e spazi per la produzione di olio e vino, ma anche di miele, formaggi e carni, dall’allevamento, in origine, di pecore e maiali.

All’efficienza teutonica di Friedrich, Monika aggiunse lo stile: chiamò due grandi architetti tedeschi, Bernard Korte e Wolfgang Doring, a disegnare rispettivamente il verde e gli edifici. La cantina ha un’architettura minimalista, linee pulite e rigorose, ma con felici guizzi, come la lunghissima scala che sale dal seminterrato, e un sofisticato recupero delle materie locali, come il tufo morbido e poroso che scalda di giallo senape le geometriche facciate.

Nelle forme si legge il desiderio di inserirsi discretamente nel paesaggio, che è il protagonista assoluto di questa storia: il panorama sul lago che si gode dalla cantina, incorniciato dal vigneto e da un prato ordinato, punteggiato di opere d’arte, che sfuma nell’oliveto, è un atto d’amore il paesaggio.

Villa Caviciana, la prima azienda agricola produttiva del Fai, è un modello in cui attuare principi e pratiche di coltivazione tradizionali ma anche innovative, sostenibili dal punto di vista ecologico ed economico.

Monastero di San Paolo ad Orvieto

Il monastero di S. Paolo, attualmente di proprietà delle suore adoratrici del Sangue di Cristo, e l’annessa chiesa, quest’ultima di proprietà del FEC, sono inseriti nel tessuto urbano del centro storico di Orvieto. Come gli altri conventi cittadini si colloca al margine della Rupe, anularmente alla città.

Il complesso come si presenta oggi è il frutto di modifiche architettoniche avvenute lungo i secoli.

Il monastero fu edificato nel 1221 dai monaci di S. Paolo in Roma dell’ordine di S. Benedetto e successivamente concesso all’ordine femminile dello stesso istituto. Sembra che sia stato il primo monastero benedettino in città, ricordato come il più importante in città nel periodo tra il 1294 e il 1304. Quattro comunità religiose ne occupavano lo spazio.

Le due chiese annesse, di S. Caterina e S. Pancrazio, vennero demolite e sostituite con cappelle nella chiesa principale. I due chiostri ancora esistenti sono legati ai due primitivi nuclei, il primo con arcate quattrocentesche, il secondo con pilastri cinquecenteschi.

Nel 1541 è testimoniata la presenza nel convento di Vittoria Colonna.

La struttura dall’esterno appare molto semplice. Da un primo impianto medievale, il complesso edilizio si ampliò nel tempo dando luogo a più monasteri destinati a diverse comunità religiose, successivamente inglobate e accorpate in un unico ordine.

Nella chiesa di San Paolo troviamo un ciclo di affreschi raffiguranti episodi della vita del Santo eseguito, molto probabilmente, nel 1647 da Giovan Maria Colombi.

Gli affreschi hanno origine da un voto di suor Faustina Monaldeschi la cui presenza è documentata nel monastero già nel 1617 e ritratta in una cornice ovale sulla parete destra.

Nell’oratorio attiguo alla chiesa troviamo un ciclo pittorico, probabilmente realizzato nella prima metà del cinquecento, dove vengono raffigurate ad affresco le storie della Passione di Gesù.

Nell’ex refettorio del monastero è possibile ammirare l’Ultima cena, affresco del XVI realizzato da un artista di ambito toscano.

Nell’iconografia dell’Ultima Cena, le espressioni dei visi e la mimica dei gesti degli apostoli esprimo le emozioni e i turbamenti di ciascuno all’annuncio del tradimento. Nell’affresco sono dipinti diversi animali, tra cui il gatto il cane, uno scoiattolo e una tartaruga, cosa che non trova precedenti in altre opere con questo soggetto iconografico.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI?

Il monastero di San Paolo è un luogo solitamente non aperto, le suore non sempre possono garantirne l’apertura, tuttavia all’interno sono contenute opere d’arte di rilievo a testimonianza dell’importanza del complesso e della sua complessa storia.

Il percorso di visita proposto attraverserà i secoli e susciterà l’interesse di un viaggio attraverso immagini e opere prodotte nei secoli.

Passeremo dalle mura esterne medievali, al primo chiostro protorinascimentale, proseguiremo con l’Oratorio, o Chiesa del SS Salvatore con gli affreschi risalenti alla prima metà del ‘500, procederemo attraverso il refettorio per ammirare un insolito affresco raffigurante l’ultima cena, usciremo all’esterno, nel secondo chiostro con stilemi tardorinascimentali, per poi completare la visita con la Chiesa di San Paolo, ornata con affreschi del pieno ‘600 sulla volta ed altari con pale ed affreschi mirabili.

Un luogo davvero complesso, denso di Storia e storie come quella di Vittoria Colonna che vi risiedette dal 1541 e di molti altri, dal medioevo per arrivare fino ai nostri giorni, dopo aver superato guerre, invasioni, la soppressione degli Istituti religiosi, la destinazione ad istituto scolastico.

Gruppo Fai di Orvieto

LUOGO SOLITAMENTE CHIUSO

Convento attualmente delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo che non sempre possono garantire l’apertura del sito

INIZIATIVE SPECIALI

Venerdì 13 si prevede l’apertura solo per gli iscritti FAI con visita guidata a cura della Dott.ssa Giovanna Bandinu Coordinatore dell’Ufficio per i BCE e l’edilizia di culto della Diocesi di Orvieto-Todi e dalle Dott.sse Asia Simonetti e Gaia Rotili

VISITE A CURA DI

Volontari FAI, Apprendisti Ciceroni dell’Istituto Majorana Maitani di Orvieto

VISITE IN LINGUA STRANIERA

Inglese

Dal 1975 il FAI difende la bellezza d’Italia. Per sempre per tutti. (fondoambiente.it)