Un’autopsia sul corpo di Giulia Cecchettin per svelare se per Filippo Turetta scatterà anche l’aggravante della crudeltà. Il medico legale, assistito dai consulenti nominati dalle parti, dovrà infatti stabilire oggi a Padova quando è morta Giulia, in che modo è stata uccisa e se il suo corpo è stato seviziato dopo.
Intanto Turetta, in carcere per l’omicidio dell’ex fidanzata, sarà interrogato in giornata nel carcere di Verona dal pm di Venezia Andrea Petroni.
Dopo le brevi dichiarazioni spontanee rese davanti al gip Benedetta Vitolo, lo studente universitario – difeso dall’avvocato Giovanni Caruso – potrebbe decidere di rispondere e andare ben oltre le poche ammissioni fatte sul delitto dell’11 novembre scorso. Il 21enne potrebbe infatti, per la prima volta, ricostruire la serata trascorsa insieme alla 22enne, quindi il rientro dal centro commerciale di Marghera fino al parcheggio a 150 metri dalla villetta della famiglia Cecchettin a Vigonovo (Venezia) dove Giulia viene accoltellate e un testimone chiama il 112 per denunciare le urla di una ragazza.
La studentessa viene costretta a risalire in auto, quindi nella zona industriale di Fossò avviene la seconda aggressione e la morte della 22enne. Turetta dovrà spiegare perché aveva con sé dei coltelli, del nastro adesivo con cui le ha tappato la bocca e dei sacchi neri con cui ha cercato di coprire il cadavere buttato in un dirupo non lontano dal lago di Barcis, a oltre 100 chilometri dal luogo dell’omicidio. Dettagli che serviranno a costruire il capo d’accusa: Filippo potrebbe doversi difendere dall’aggravante della premeditazione.
Come è stata uccisa Giulia Cecchettin? L’autopsia non potrà che fare luce su quelle che si ipotizzano essere tre fasi nell’omicidio. La prima fase consisterebbe nella prima aggressione, quella denunciata da parte di un vicino di casa di Giulia a Vigonovo e consumata in un parcheggio nei pressi dell’asilo: stando alla documentazione, l’uomo avrebbe parlato di urla, di lei che grida “Mi fai male” e di calci assestati mentre lei era raggomitolata a terra.
La seconda fase sarebbe l’aggressione consumata a Fossò, dove, come a Vigonovo, sono state trovate chiazze di sangue. A Fossò le telecamere di sorveglianza di un’azienda hanno infatti inquadrato una seconda aggressione, anche questa con calci, la tentata fuga di Giulia e una terza fase, quella che avrebbe portato al colpo fatale.
Giulia ha riportato 26 ferite, alcune inflitte post mortem, come quelle da trascinamento, ma ce ne sono alcune anche sulle mani, forse perché la 22enne ha lottato contro il suo aggressore o forse contro un coltello. Ce ne sono alcune alla testa: è da vagliare se siano legate al colpo fatale che avrebbe spezzato il collo della giovane dopo la tentata fuga. La rottura del collo ha dei margini netti e si trova nella regione latero-cervicale sinistra e cervicale posteriore: cosa o chi l’abbia inflitta potrebbe dare informazioni per valutare la possibilità dell’aggravante della crudeltà. Mentre il fatto che l’omicidio si sia svolto in tre fasi o meno potrebbe essere importante per valutare l’aggravante della premeditazione. Al vaglio anche l’ipotesi di morte per choc emorragico.
Ieri la nonna di Giulia, Carla Gatto, ha presentato il suo libro “Con lo zaino in spalla e…”: parla di Emma, una ragazza che si ribella alla violenza del patrigno. La nipote aveva iniziato a leggerlo: “Ma Giulia non è Emma, per lei non c’è stato un lieto fine e ora abbiamo un dolore devastante da affrontare. La nostra bambina non meritava un finale così crudele” ha detto l’autrice al Corriere della Sera.
Il romanzo è dedicato alla nuora scomparsa, ma Gatto ha spiegato che il prossimo lo dedicherà proprio a Giulia: “Giulia è diventata la figlia di tutti. Ma è giusto così, la sua storia è arrivata al cuore di tantissime persone”. E ha parlato anche di Turetta: “In questo momento non so cosa provo. Sentire un sentimento di rabbia è inevitabile. Provare odio non è, però, utile a nessuno. L’odio ci logora inutilmente”.