Etruscopolis, Daniela Bordo “In ricordo di mio padre Omero ogni giorno insieme agli etruschi”. A breve la riapertura con l’esposizione – per la prima volta- del “Cratere di Eufronio. Il sindaco Giulivi? Mio padre lo definiva “visionario” e ne aveva molta stima”
di Cristina Volpe Rinonapoli
TARQUINIA – Entrare in Etruscopolis è come prendere una macchina del tempo e ritrovarsi nel
IV/V sec. a.C., nel bel mezzo dell’era più fiorente della civiltà etrusca.
“Mio padre Omero Bordo, negli anni 90’ comprò una cava di macco, materiale usato per edificare la Tarquinia etrusca (Tarchna). E diede vita a questo museo” ci dice con la voce rotta dalla commozione la figlia Daniela.
Ma facciamo un passo indietro: chi è Omero Bordo?
Un personaggio, dal nome profetico, vista la sua vita, ha fatto parlare di sé più di mezzo mondo – le sue opere sono esposte al Metropolitan di New York, come al Louvre di Parigi – è ritratto in foto con Yasser Arafat, è stato più volte ospite di Maurizio Costanzo, passando da Ministri, esponenti politici della prima repubblica come Craxi, Andreotti, vantava amicizia anche con Tony Renis, personalità geniale, intelligenza nettamente superiore alla media, è stato definito da Vittorio Sgarbi: “l’ultimo degli etruschi”.
Perché?
Uno dei più noti riproduttori di opere al mondo per quel che riguarda l’arte etrusca il primo, forse l’unico in tutto il mondo: “le opere di mio padre passano “l’analisi del tempo” una datazione radiometrica basata sulla termoluminescenza, attraverso il carbonio 14, del materiale da datare, in base a questa analisi le opere, risultano risalenti a duemila e cinquecento anni fa, anche se sono state riprodotte di recente, nei giorni nostri. Mio padre utilizzava gli stessi materiali, utilizzati dagli etruschi creava attraverso le loro stesse tecniche e segreti che erano di sua esclusiva conoscenza”.
Un etrusco sopravvissuto al tempo giunto ai giorni nostri attraverso i secoli. Fra scientificamente dimostrabile e puro mistero, che possiamo definire senza mezzi termini genio. Riproduzioni impeccabili identiche agli originali, ed una smisurata conoscenza di quella che fu una delle civiltà più importanti della storia dell’umanità. Tale era la conoscenza di Omero Bordo circa l’arte etrusca, che la sovraintendenza spesso si è servita di lui per i lavori di scavo e i ritrovamenti di tombe.
Tarquinia è stata per Omero Bordo, non solo la sua città natia ma il luogo in cui, sin da ragazzino, ha cominciato a familiarizzare con la civiltà etrusca, dove la Tarquinia di oggi veniva chiamata Tarchna: si narra che fu fondata da Tarconte, fratello o figlio di Tirreno, l’eroe eponimo del popolo etrusco, nel XIII o XII secolo a.C.
Tarchna, conosciuta da Omero Bordo talmente bene, da riuscire a riprodurla in un platico, visitabile non appena si entra in Etruscopolis, qui il tempo riesce ad andare indietro le riproduzioni perfette, rispetto agli originali, delle tombe etrusche, il percorso del museo/ cava, è un’esperienza davvero unica: scese le scale ci si ritrova davvero ai tempi degli etruschi, è la stessa Daniela Bordo, figlia di Omero, colei che in famiglia è stata la più vicina alle attività del padre che ci guida in questa visita: “Il plastico riproduce la città di Tarquinia del IV/V sec. a.C. ci spiega-Tarquinia era una delle città più importanti della lega etrusca; i Romani la chiamavano Tarquinii, i Greci Tarchonion, mentre il vero nome etrusco era Tarchuna o Tarchna. Nel IV secolo A.C, la civiltà etrusca era già entrata in contatto con quella greca dalla quale subì una forte influenza in ambito artistico e architettonico evidente soprattutto nella costruzione di fastosi templi. Il sogno di mio padre? Riportare Tarquinia ad essere una città splendente e all’avanguardia, voleva, sperava, che da paese tornasse ad essere città – appunto – come nell’era etrusca”. E se l’attuale classe politica fa di tutto per conservarne il patrimonio artistico, culturale, archeologico, soprattutto quello di derivazione etrusca, la spinta fra un passato magnificente e un presente che punta a stare al passo con i tempi facendo anche degli scatti in avanti, porta Daniela Bordo a fare le sue riflessioni: “Mio padre, nel corso della sua vita, ha avuto a che fare con tantissimi amministratori e politici, anche senza mai essere entrato di fatto in politica, lui era un artista, ma proprio il suo sapere circa la civiltà etrusca, fortemente politicizzata, lo spingevano a fare delle considerazioni rispetto alla Tarquinia di oggi? L’attuale sindaco? Alessandro Giulivi?
In tema di conservazione del nostro patrimonio è sempre stato molto attento, inoltre la mia e sua famiglia erano profondamente legate, festeggiavano insieme ogni ferragosto quando noi eravamo ragazzi, all’epoca Alessandro era un giovane che voleva farsi strada, un visionario, lo definiva mio padre e per lui significava – nel senso etimologico della parola – avere una visione, quindi una prospettiva larga, ne aveva molta stima.
Spero che l’attuale Tarquinia vada sempre più in questa direzione, di visione larga, appunto, io insieme a mio padre ho girato il mondo, dall’Africa a noi tanto cara, a Dubai, all’America, ma le mie radici sono qui, il legame con gli etruschi è saldo indissolubile, sono stati dei precursori, degli anticipatori, quindi spero sempre di andare avanti attingendo dalle nostre origini etrusche, in termini di avanguardia culturale, artistica, politica e sociale”.
Di tutta questa storia bellissima, e di questo posto incredibile, che è questo museo scavato in una cava, dove i ragazzi in gita e nei laboratori didattici, che Etruscopolis propone, dimostrano interesse ma soprattutto stupore, perché visitare questo sito vale più di leggere mille libri- le riproduzioni perfette di Omero, non raccontano gli etruschi ma te li fanno vivere- sono gli occhi di sua figlia Daniela che mentre ci mostra le foto, brillano, la sua è una passione ereditata, ed un grande amore per questo padre scomparso nel 2018, di cui sente ancora la presenza, perché: “Vive attraverso le sue opere, mio padre era un artista chiamato in tutto il mondo, conosceva il segreto degli etruschi, un eletto… io quando vengo qui lo ritrovo, quando sono dentro Etruscopolis, calmo le mie ansie, le mie preoccupazioni, sono nel posto dove mio padre continua a vivere. Se lui con il suo genio ha saputo attraversare il tempo, io attraverso la materia, e lo penso qui: vivo, sono l’unica a cui ha tramandato segreti e tecniche, la depositaria del suo sapere…”.
Ma ringraziamo Daniela Bordo per aver scelto la nostra testata e concederci in anteprima ed esclusiva la notizia che nella prossima riapertura, il museo dei periodi dell’anno resta chiuso, verrà esposto per la prima volta la riproduzione perfetta del “Cratere di Eufronio”.
Il vaso di Eufronio, o anche cratere di Sarpedonte, è un cratere a calice decorato a figure rosse, alto 45.7 cm con un diametro di 55.1 cm, modellato dal ceramista Euxitheos e dipinto dal ceramografo Eufronio intorno al 515 a.C. Di provenienza illecita, è rimasto esposto dal 1972 al Metropolitan Museum di New York; dal 2006 è stato restituito allo Stato italiano ed è conservato presso il Museo nazionale cerite, in deposito dal Museo nazionale etrusco di Villa Giulia.
Insieme a Daniela Bordo siamo i primi a vedere questa riproduzione di cui al mondo esistono solo tre copie, una è qui proprio davanti a nostri occhi, si può guardare toccare, e visto che è fatta con gli stessi materiali dell’originale, la stessa tecnica, l’emozione è tantissima, sicuri che attirerà ancora personalità del mondo dell’archeologia, dell’arte, delle sovraintendenze, della politica, turisti, cultori della materia, ringraziamo Daniela Bordo, per aver fatto questo enorme regalo alla nostra redazione. E restiamo anche noi abbracciati alla storia, Daniela ci guarda scruta con i suoi occhi buoni e profondi la nostra reazione e sorride…è lo stupore, che legge anche nei nostri occhi. È tempo di risalire, alla velocità di qualcosa di inspiegabile, saliamo i gradini che portano all’uscita del museo, viaggiamo nei secoli, c’è il sole fuori, siamo di nuovo nel 2024, un minuto fa eravamo nel IV/V sec. a.C.