Montalto di Castro – Assemblea pubblica per dire “No al deposito nazionale di rifiuti radioattivi nella Tuscia”

Presenti i rappresentanti delle amministrazioni comunali di Montalto, Tarquinia, Tessennano, Cellere e Arlena di Castro

di Cristina Volpe Rinonapoli

MONTALTO DI CASTRO – Una cosa è certa, la Tuscia non ci sta a diventare un deposito di rifiuti radioattivi, e lo ha ribadito anche l’altro giorno in occasione dell’assemblea pubblica al Teatro di Montalto di Castro Lea Padovani “No al deposito nazionale di rifiuti radioattivi nella Tuscia”.

L’evento è stato promosso da varie associazioni come Italia Nostra Sezione Etruria, il Comitato Montalto Futura, la Provincia di Viterbo, i Comuni di Canino e Montalto di Castro, Tarquinia, Tessennano, Cellere e Arlena di Castro presenti con i loro amministratori sindaci e vice sindaci, comitati di quartiere, associazioni di categoria e cooperative del Viterbese.

L’obiettivo dell’assemblea era quello di discutere e ribadire la forte opposizione al deposito nazionale di scorie nucleari nella Tuscia.

Ad introdurre l’iniziativa Carlo Alberto Falzetti da sempre impegnato alla tutela del nostro territorio.

Lo ha ribadito la sindaca di Montalto di Castro Emanuela Socciarelli che da padrona di casa ha aperto l’assemblea ringraziando tutti in primis il presidente della Provincia Alessandro Romoli: “I Comuni della zona di Montalto di Castro, Arlena di Castro, Ischia di Castro, Piansano, Tessennano, Canino, Tuscania e Cellere in difesa del territorio e della salute dei cittadini. Con una propria delibera di Giunta andranno a presentare ricorso al Tar Lazio contro l’inserimento delle zone interessate nella proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) per la realizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e del parco tecnologico- dichiara la sindaca di Montalto di Castro-“I Comuni ritengono che tale scelta sia illegittima, irragionevole e lesiva degli interessi della comunità locale, in quanto non tiene conto delle caratteristiche geologiche, ambientali, economiche e sociali del territorio, che lo rendono incompatibile con la realizzazione di un’opera di tale impatto e rischio. Osservazioni che sono state presentate da tecnici e geologi in fase di consultazione pubblica nel gennaio 2021, ma che non sono state recepite dalla Sogin che ha comunque inserito nell’elenco definitivo della Carta nazionale 21 aree nella Tuscia”.

Gli fa eco il vicesindaco del Comune di Tarquinia Luigi Serafini, poiché anche il Comune di Tarquinia è fra quelli che si è opposto fermamente alla proposta di includere il suo territorio nella Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI) per il deposito nazionale di rifiuti radioattivi, è del 27 gennaio scorso la delibera di giunta con la quale si specifica l’impegno da parte del Comune di presentare ricorso al TAR del Lazio per l’annullamento dell’elenco delle aree presenti nella CNAI, nella parte che comprende la zona VT-25, in cui ricade Tarquinia: “Il nostro territorio ha già pagato il proprio debito energetico e non può essere ulteriormente compromesso. L’opera comporterebbe gravi conseguenze per la salute, l’ambiente, l’agricoltura, il turismo e lo sviluppo economico e sociale della comunità. Siamo determinati a portare avanti questa battaglia con tutte le nostre forze e con il sostegno di associazioni, comitati e cittadini” – continua Serafini. “Sono qui oggi insieme alla società civile, ai comitati ambientalisti, ai sindaci e vicesindaci di altri Comuni limitrofi, perché noi con il tempo siamo diventati una zona martorizzata; si indica sempre quest’area, la ragione è abbastanza semplice perché il nostro territorio è a bassa densità abitativa, è una zona che, secondo gli algoritmi che utilizzano per individuare le aree, è già compromessa, basti pensare che nel 2005 abbiamo combattuto contro il carbone di Civitavecchia, nel 2020 contro il termovalorizzatore A2A, oggi contro il fotovoltaico selvaggio ed ancora il deposito di scorie radioattive. Facciamo cartello e diciamo NO. Siamo chiamati ancora una volta a difendere il territorio che viviamo ed amministriamo” dichiara nel suo intervento il vicesindaco presente all’assemblea Luigi Serafini.

Mentre Giuseppe Cesetti, sindaco di Canino ribadisce l’importanza del territorio dal punto di vista ambientale, archeologico e la vocazione agricola che contraddistingue la sua tradizione ed economia: “A parte il nostro olio, una dop, ma anche l’asparago che ha ottenuto recentemente la denominazione Igp. Non possiamo subire questa cosa a costo di andare a Roma a dirglielo”.

Ma è il presidente della Provincia di Viterbo Alessandro Romoli che senza mezze misure punta il dito sulla Sogin la società pubblica che ha il compito di localizzare, progettare, realizzare e gestire il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, e si domanda: “con quali criteri sono state individuate le aree idonee, come si è passati dal potenzialmente idonee ad idonee, perché non sono state prese in considerazione le nostre osservazioni? Faremo una sfilza di ricorsi al Tar per ogni comune interessato- continua Romoli- L’unico elemento di novità è con l’autocandidatura di Trino Vercellese, comune che non era ricompreso nella Cnai seppure già ospiti un insediamento di scorie. Vedremo quello che sarà il proseguo, fermo restando che la Provincia continuerà la sua battaglia”.

La stessa linea seguita da Marzia Marzoli, Presidente di Italia Nostra Sezione Etruria, che ribadisce insieme Rodolfo Ridolfi, Presidente del Comitato per la salvaguardia del territorio di Corchiano e della Tuscia, l’opposizione non è di natura politica o ideologica, ma si basa su solide ragioni tecniche e scientifiche.

Le numerose osservazioni presentate alla Sogin: le osservazioni formulate da enti locali e cittadini non hanno ricevuto risposta. L’iter di selezione del sito: la mancanza di trasparenza e la scarsa attenzione alle osservazioni sollevano dubbi sulla validità del processo. In più questo territorio è già martorizzato dal fotovoltaico selvaggio”.

Segue l’intervento di specifica Ridolfo Ridolfi: “Sta veicolando una cattiva informazione circa tutta questa vicenda, ci dicono che sono rifiuti provenienti da sperimentazioni farmacologiche, quindi insinuano un senso di colpa nel cittadino, come se non si volesse mandare avanti la ricerca per curare le malattie, ma questo non è vero sono rifiuti per la maggior parte che provengono dallo smantellamento delle centrali nucleari. In più è in atto una forma di disprezzo verso gli agricoltori avendo individuato fra i siti proprio le aree agricole, fuori ci sono i trattori che da giorni protestano ed hanno adottato la nostra bandiera “ No scorie”.

Fra i tanti presenti ieri al Lea Padovani anche l’Associazione “Insieme – Montalto di Castro e Pescia Romana” che con la presenza al dibattito ha voluto ribadire il proprio NO convinto alla realizzazione del deposito, mettendo in luce un ennesimo aspetto penalizzante per il territorio qualora venisse realizzato il deposito: ”oltre ad implicare una serie di ricadute negative su agricoltura, turismo, salute, popolamento, potrebbe anche far decadere il progetto dell’Area Interna Alta Tuscia Antica Città di Castro”, che con un contributo già ottenuto dai comuni di Montalto di Castro, Tuscania, Ischia di Castro e Tessennano di 4 milioni e 700 mila euro -complementare ad un’azione più ampia ed organica del PNRR che mobiliterà €2,1 miliardi nei prossimo cinque anni- rappresenta una strategia europea volta proprio al ripopolamento delle zone rurali“.

Dunque la Tuscia sul piede di guerra fuori i trattori, che per tutta la giornata hanno protestato bloccando il tratto d’Aurelia che va da Montalto di Castro a Tarquinia, a fare da sfondo la torre della centrale nucleare, de nuclearizzata a testimonianza di un territorio che ha già fatto i conti con il nucleare pensando di vincere una battaglia una volta per tutte si ritrova oggi ad essere un sito per smaltirne i rifiuti, in più ironia della sorte quando si diceva un fermo no alla centrale, si invocavano energie pulite, le stesse che oggi sotto forma di pannelli solari e pale eoliche, che stanno mutando un territorio che da agricolo- di questo passo- diventerà industriale, e la domanda che ci si pone è solo una: La Tuscia riuscirà a conservare il suo patrimonio paesaggistico, ambientale ed archeologico?

Al momento sembra vittima di un destino che più che un piano per la transizione energetica, sembra una crudele legge del paradosso, no al nucleare, si ad energie pulite ma in forma massiccia, la tutela del territorio è davvero a rischio.