Alessandro Salvaggio è stato strangolato la sera del 19 dicembre 2023 dal suo compagno di cella
VITERBO – Dentro quel carcere non ci sarebbero le «giuste condizioni di vita che sono pessime e denigranti e irrispettose dei diritti dei detenuti», diceva Alessandro Salvaggio alla moglie un mese prima di essere ucciso. Inizia così il racconto della moglie nell’esposto presentato in Procura e ripreso sulle pagine di Repubblica dalla collega Romina Marceca.
«C’è freddo la sera, i detenuti sono senza regole, la struttura è fatiscente, le condizioni igieniche lasciano a desiderare», questo raccontava il detenuto che aveva una lunga esperienza di carceri.
Ne aveva girate diverse negli ultimi dieci anni. Alessandro Salvaggio è stato strangolato la sera del 19 dicembre 2023 dentro una cella del carcere Mammagialla di Viterbo.
Aveva 49 anni e stava scontando una condanna per evasione. Nessuno si è accorto di nulla. A ucciderlo è stato il suo compagno di cella, Tsvetkov Krasi- mir Ilyianov, un uomo che qualche giorno prima aveva preso a calci gli armadietti e le porte senza alcun apparente motivo.
«Ma nessuno lo ha spostato in una cella di isolamento o lo ha monitorato», sono gli ultimi racconti della vittima.
Le parole di Alessandro Salvaggio e la sua silenziosa protesta sono finite nella denuncia che la moglie, a distanza di tre mesi dalla morte del marito, ha presentato contro i vertici dell’istituto penitenziario.
«Aspetto ancora delle scuse da parte dello Stato», dice Lucietta Carnazzo, la vedova di Salvaggio.
Perché «è inaudito che un detenuto che sconta la propria pena in carcere, e che prima di essere tale è un individuo, un cittadino e un marito, un padre, un figlio, non debba ricevere da parte degli organi preposti al controllo e alla gestione dell’istituto una minima tutela della propria salute e della propria incolumità e debba pagare con la vita il frutto di errate scelte organizzative e gestionali», scrive in querela la donna, difesa dall’avvocato Giacomo Luca Pillitteri.
Che dice: «Con la famiglia ci auspichiamo che la morte di Alessandro Salvaggio accenda in faro sulla drammatica situazione delle carceri italiane e sui detenuti reclusi troppo spesso dimenticati e costretti a delle condizioni di vita indicibili».
Ci sono troppi particolari che non si riescono a chiarire nella morte del detenuto. «La notte del 20 dicembre 2023, verso le 00,10, ho ricevuto una chiamata dal carcere, venivo informata che il giorno 19 verso le ore 22,05 mio marito, “a seguito di una lite” con il compagno di cella, era stato ucciso dallo stesso», è quanto ricostruisce Lucietta Carnazzo nel suo esposto.
Ma l’autopsia ha rivelato che sul collo della vittima c’era un solco mentre sul suo corpo e su quello dell’aggressore nessuna ferita. «Mi sembra strano che l’assassino di mio marito lo abbia strangolato con una corda perché all’interno della cella non dovrebbero esserci di regola».
La scelta di lasciare il marito in cella con un potenziale compagno violento per la donna è stata «scellerata» e contesta che «attorno all’omicidio di mio marito regnano omertà e mistero consistenti nelle notizie apparentemente fuorviami ed imprecise che mi sono state date a fatto successo e nella assoluta indisponibilità dell’istituto penitenziario Mammagialla a discutere della tragedia in questione». Salvaggio è stato ucciso sotto gli occhi di tutti ma quegli occhi si sono chiusi sulla sua fine.