Tarquinia – Numeri record al Museo Etrusco, tutti in fila davanti alle protesi dentarie (e non solo)

Gli etruschi utilizzavano strisce finissime d’oro per legare i denti o aggiungere quelli mancanti. Due preziosi ritrovamenti che raccontano la storia di quel periodo

TARQUINIA – Il maltempo non ha fermato (per fortuna) la grande presenza di turisti che hanno approfittato del ponte pasquale per visitare le bellezze archeologiche della città. Tutto esaurito negli alberghi, B&B e ristoranti ma soprattutto gran pienone nei siti archeologici e nel museo etrusco.

Il Museo di Tarquinia raccoglie oggetti di ogni genere. Oltre ai sarcofagi, anfore, vasi a destare la curiosità gli oggetti personali. Forchette, coltelli, bicchieri, piccole bottiglie di vetro, piatti ma anche spille, pettini e protesi dentarie. Sì, avete letto bene, protesi dentarie.

Nel Museo di Tarquinia ne sono conservate due in ottimo stato. Gli Etruschi erano eccellenti orafi e grazie a questa loro abilità realizzavano delle protesi dentali di tutto rispetto, che si possono ammirare non solo nel Museo di Tarquinia ma anche in quello di Volterra. Pare che gli Etruschi impararono questa tecnica dai Fenici, per poi perfezionarla.

Le protesi dentali etrusche venivano realizzate utilizzando denti estratti, o in molti casi anche lo smalto dei denti di grossi animali domestici o conchiglie, che venivano successivamente intagliati e legati con bande o fili d’oro per agganciare le protesi agli altri denti.

Gli etruschi utilizzavano i fili d’oro anche per fissare e dare stabilità ai denti mobili a causa della malattia parodontale, realizzando così quello che in moderna odontoiatria si chiama splintaggio.

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Sono esposte, ordinate cronologicamente, le ceramiche provenienti dagli scavi delle Necropoli. La visita inizia dall’ultima stanza del ballatoio dove sono raccolti i materiali più antichi, risalenti al periodo Villanoviano (secc. IX – VIII a.C.). Le sale successive sono disposte in ordine cronologico, quindi procedendo si possono ammirare i reperti databili al periodo Orientalizzante (fine secc. VIII – VII a.C.) provenienti dalla Fenicia e dall’Egitto; i vasi importati dalla Grecia, soprattutto da Corinto, dalla fine del sec. VII al sec. VI a.C.; la ceramica etrusco-corinzia che gli Etruschi produssero ad imitazione della greca ed il bucchero, la tipica ceramica etrusca, riproduzione economica del vasellame bronzeo.

A seguire le ceramiche di importazione provenienti dall’Attica, eseguite con la tecnica a figure nere e a figure rosse, databili dal sec. VI a.C. In una vetrina del Salone delle Feste è raccolta una scelta di monete etrusche di bronzo, fuse e coniate e le monete d’oro risalenti al periodo tardo imperiale, ritrovate negli scavi della colonia romana di Gravisca, dedotta nel 181 a.C.

Inoltre, in una vetrina, sono esposti alcuni gioielli in oro eseguiti con la tecnica della granulazione. Procedendo nelle sale successive si possono ammirare reperti di produzione locale, sia ceramici che metallici: specchi, balsamari, suppellettili.

Nell’ultima sala sono raccolti gli ex voto, cioè doni offerti alla divinità per devozione, provenienti dal santuario dell’ “Ara della Regina”. La maggior parte di essi riproducono, in terracotta, parti del corpo umano oppure teste di individui per i quali si vuole chiedere la protezione della divinità.

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