ROMA – Otto anni di allarmi e promesse non mantenute, eppure il malcostume dei patronati all’estero sembra essere rimasto intatto. Era il 2016 quando una relazione esplosiva, inviata al Senato dal Comitato per le questioni degli italiani all’estero, denunciava diffuse irregolarità nel sistema dei patronati che forniscono assistenza agli italiani all’estero. Tra i problemi segnalati: pratiche prive di mandato, documentazione insufficiente e anomalie gestionali. La relazione sollecitava una riforma urgente, ma da allora nulla è cambiato.
A riaccendere i riflettori su questo mondo è ora il programma di Massimo Giletti, “Lo stato delle cose”, che nella puntata di domani sera, alle 21.20, presenterà un’inchiesta di Alessio Lasta che mostra come il sistema continui a funzionare senza adeguati controlli e trasparenza. Il viaggio di Lasta porta il pubblico al patronato Inca della Cgil di New York, dove emergono nuove presunte irregolarità, che si sommano a quanto già denunciato nella relazione del 2016: sprechi, mancanza di controlli e una gestione farraginosa delle pratiche.
Il problema non è solo negli Stati Uniti: le criticità sono state riscontrate anche in altri Paesi con forti comunità italiane, come l’Argentina. La gestione a distanza dei patronati rende infatti più difficile monitorare l’efficienza del servizio rispetto a quanto accade in sedi italiane, come ad Alessandria o Latina. Una situazione che il Comitato per le questioni degli italiani all’estero aveva già evidenziato, proponendo la costituzione di un Comitato ristretto in collaborazione con la Commissione lavoro per riformare il sistema e migliorare l’efficacia del servizio.
Il meccanismo di finanziamento dei patronati, così come è strutturato, si presta a manipolazioni. Più pratiche vengono gestite, più punti ottiene il patronato, e i punti generano maggiori finanziamenti. Ma quanto questi contributi siano erogati in modo corretto è proprio ciò che l’inchiesta di Lasta mette in discussione. In particolare, emerge una pratica nota come “doppia statisticazione”: una stessa pratica, ad esempio per ottenere una pensione, può essere conteggiata più volte modificando lievemente i dati, gonfiando così i numeri e, di conseguenza, i compensi.
Queste discrepanze potrebbero, in alcuni casi, essere attribuibili alla disattenzione, ma ciò che preoccupa è la scarsa frequenza delle ispezioni. Le poche che vengono effettuate rivelano spesso un’esagerazione dei punteggi assegnati, che vengono poi rivisti al ribasso dopo i controlli. Come sottolineato nella relazione del 2016, “solamente negli anni e nelle sedi dove c’è stata un’ispezione c’è stata una riduzione, a volte consistente, del punteggio”.
In assenza di una digitalizzazione efficiente, il sistema dei patronati all’estero appare ancora legato a pratiche cartacee e a processi obsoleti che ne rallentano il funzionamento e ne limitano la trasparenza. E nonostante l’urgenza dichiarata anni fa, la riforma rimane bloccata, se non dimenticata. Forse per negligenza, forse per inerzia, o forse perché il sistema, pur inefficiente, risponde a interessi che nessuno vuole disturbare.
In questa puntata de “Lo stato delle cose”, verranno presentati esempi specifici di presunte irregolarità riscontrate all’Inca della Cgil di New York, una delle 99 sedi del patronato in 26 Paesi. Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, è stato invitato in studio da Giletti per rispondere a queste accuse e chiarire la posizione del sindacato rispetto a quanto emerso.
Questa inchiesta, che riporta alla luce le stesse criticità già denunciate nel 2016, rappresenta un nuovo appello a una riforma che non può più attendere. I patronati all’estero svolgono un ruolo importante per le comunità di connazionali, ma richiedono una gestione più trasparente e controlli rigorosi per garantire che i fondi pubblici siano spesi in modo responsabile. Il dibattito di domani sera potrebbe offrire spunti utili per riavviare un processo di riforma ormai necessario.