Rifiuti nel Lazio, Vito Consoli (versione Babbo Natale) riesce nell’impossibile e a trasformare il TM di Pomezia in TMB

Ennesimo regalo alla Ecosystem che a due passi della riserva della Solfatara porterà ancora più rifiuti provenienti da Roma

ROMA – La gestione dei rifiuti nella Regione Lazio continua a suscitare incredulità e preoccupazione. Nonostante l’arresto di Flaminia Tosini e Valter Lozza, figure di rilievo nel settore, il sistema sembra aver trovato nuovi appigli per proseguire pratiche che hanno poco a che fare con la legalità  (sempre secondo le indicazione delle sentenze in ambito europeo).

Al centro della questione, emergono in modo preoccupante le deroghe concesse agli impianti di trattamento meccanico (TM), da anni ritenuti illegittimi dall’Unione Europea.

La normativa UE e sentenze nazionali ribadiscono che questi impianti non sono adatti per il trattamento dei rifiuti urbani, poiché non garantiscono una gestione sostenibile né un’effettiva riduzione dell’impatto ambientale. Nonostante ciò, in Lazio è stata adottata una linea di permissivismo che sfiora il paradosso. Con la dipartita di Tosini, è subentrato Vito Consoli, attuale dirigente responsabile della gestione dei rifiuti nella Regione, il quale ha saputo mantenere in funzione questi impianti “fuori legge” concedendo ulteriori autorizzazioni al limite della legittimità.

L’intervento più emblematico riguarda l’impianto Ecosystem di Pomezia, situato nelle vicinanze della Riserva della Solfatara, una zona protetta a livello naturalistico. Con l’ultima autorizzazione regionale datata 4 novembre, firmata proprio da Consoli, l’impianto è stato ampliato con una nuova linea di bio-stabilizzazione che permetterà di trattare fino a 441 mila tonnellate di rifiuti all’anno, includendo 6 mila tonnellate di rifiuti pericolosi. L’intervento, oltre a incrementare l’arrivo di rifiuti a Pomezia, introduce il trattamento biologico dei rifiuti organici per ridurre l’impatto odorigeno e ambientale.

L’autorizzazione ottenuta a settembre con la Determinazione G11985 evidenzia le gravi lacune di una gestione regionale che, invece di adottare misure di protezione ambientale, preferisce dare priorità a pratiche discutibili.

AIA_G11985_2023

L’impianto Ecosystem è stato dotato di sofisticati sistemi di abbattimento delle emissioni, con scrubber e biofiltro, per mitigare l’impatto olfattivo e migliorare la qualità dell’aria. Tuttavia, l’intervento non è sufficiente a rassicurare chi osserva la situazione da vicino, specialmente considerata la delicatezza dell’area protetta adiacente.

L’intero progetto di ampliamento è stato sottoposto a collaudi e sopralluoghi, con enti come la Città Metropolitana di Roma, il Comune di Pomezia e l’ARPA Lazio coinvolti nelle verifiche. Il 30 settembre 2024, il collaudo tecnico ha confermato la conformità dell’impianto alle normative, autorizzando l’avvio delle prime prove funzionali della nuova linea di bio-stabilizzazione.

La fase sperimentale, che durerà circa cinque mesi, prevede il test in condizioni reali e l’ottimizzazione dei processi operativi.

Al termine delle prove, Ecosystem dovrà presentare una relazione conclusiva alla Regione, passo necessario per ottenere l’autorizzazione definitiva. Consoli, ormai prossimo alla pensione, sembra determinato a concludere l’iter prima del suo ritiro, completando così un iter di autorizzazione che molti ritengono controverso e discutibile.

Questo impianto, che per anni ha operato al di fuori delle normative europee, è ora autorizzato a incrementare la propria capacità di trattamento di rifiuti grazie a una serie di deroghe che sollevano dubbi sia sulla trasparenza amministrativa che sull’efficacia della tutela ambientale.

La vicenda di Pomezia e dell’impianto Ecosystem riassume emblematicamente l’atteggiamento della Regione Lazio verso la gestione dei rifiuti.

La concessione di autorizzazioni in deroga a impianti ritenuti illegittimi dalle normative europee, senza adeguati strumenti di controllo e verifica sull’effettiva sostenibilità ambientale, mette in luce l’esigenza di un ripensamento del sistema. In un contesto delicato come quello della Riserva della Solfatara, ogni concessione dovrebbe essere bilanciata da criteri rigorosi e in linea con le direttive europee, al fine di proteggere l’ambiente e garantire la qualità della vita dei cittadini.

Le recenti sentenze che hanno colpito da vicino la CSA di Castelforte sembrano non aver scosso la coscienza a chi dovrebbe adoperarsi per il bene del territorio.

L’approccio di Consoli rappresenta l’ennesimo esempio di una gestione regionale che sembra più interessata a chiudere un occhio sulle irregolarità piuttosto che a far rispettare le norme. La preoccupazione dei cittadini cresce di pari passo con l’arrivo di nuovi rifiuti e la continua espansione di impianti “ad alto rischio”. L’imminente pensionamento di Consoli potrebbe rappresentare una svolta per la gestione dei rifiuti nel Lazio, ma resta l’incognita: chi prenderà il suo posto seguirà la stessa linea di permissivismo o adotterà un approccio finalmente orientato alla legalità e alla salvaguardia dell’ambiente?