Cassa integrazione nella Tuscia, Turchetti (Uil Viterbo): “La crescita del 2024 è un segnale preoccupante”

VITERBO – Cassa integrazione in crescita nella Tuscia. Il 2024 si è chiuso con un incremento percentuale rispetto al 2023 di 3,2 punti, che tradotto in valori assoluti significa oltre 600mila (644953) ore concesse, contro le 624777 del 2023. Sono i numeri che emergono dallo studio del servizio Lavoro, Coesione e Territorio della Uil.

“Dopo le province di Latina (75,6 cento) e Rieti (24,7 per cento) – dice Giancarlo Turchetti, Segretario generale della Uil Viterbo – il nostro territorio nel 2024 ha registrato la terza variazione percentuale positiva. Mentre l’area romana e quella ciociara hanno invece accusato flessioni, rispettivamente pari a -45,6% e -14,2%. Decrementi che hanno inciso sul dato regionale, facendolo scendere rispetto al 2023 a meno 30,6 per cento”.

Complessivamente nel Lazio è diminuita la cassa integrazione ordinaria e quella straordinaria, mentre è aumentata quella in deroga. Ma soltanto sei regioni hanno conosciuto diminuzioni. Per tutte le altre i rialzi sono stati consistenti, prima fra tutte il Piemonte con un più 64,2 per cento. Incrementi simili a quelli della Tuscia possiamo invece ritrovarli a Verbania (723112 ore autorizzate), Grosseto (787976) e Messina (601476)”.

“La nostra provincia – aggiunge il sindacalista – rivela una continua sofferenza del tessuto economico e produttivo, che avevamo già evidenziato mesi fa confrontando i primi sette mesi del 2024 con quelli del 2023. Adesso constatiamo che l’iniziale tendenza si è invece protratta per tutto il periodo di osservazione. Ciò significa che abbiamo davanti un panorama con poche certezze e tanti dubbi, che pesano non poco sul futuro socioeconomico della Tuscia”.

“Il nostro territorio come altri – conclude Turchetti – paga l’assenza di una seria politica industriale. Sotto questo aspetto i fondi stanziati dal Mimit per realizzare di programmi di sviluppo finalizzati a potenziare e promuovere la competitività e la resilienza delle filiere strategiche del Paese sono un segnale positivo, anche se le risorse stabilite non sono sufficienti per fornire ossigeno alle filiere produttive interessate. Serve una ampia strategia condivisa basata sulle politiche attive del lavoro e misure industriali mirate per assecondare e supportare la riconversione del sistema energetico, industriale e sociale dell’economia italiana”.