Emergenza idrica e sanitaria in tutta la provincia: il Comitato “Non ce la beviamo” lancia l’allarme e chiede risposte concrete dalle istituzioni
VITERBO – Con l’arrivo dell’estate, nella Tuscia esplode una doppia emergenza: da un lato i rubinetti a secco, dall’altro la presenza di contaminanti pericolosi come arsenico, fluoruri e batteri patogeni nelle acque distribuite ai cittadini. Una situazione che, come ogni anno, si ripete puntualmente, ma che oggi appare ancora più drammatica a causa dell’aggravarsi della siccità e della vetustà delle infrastrutture idriche.
A denunciare il quadro è il Comitato “Non ce la beviamo”, che in un comunicato dettagliato punta il dito contro il silenzio e l’inazione delle istituzioni locali, a partire dal Presidente dell’ATO e dai Sindaci, colpevoli – secondo il Comitato – di lasciare i cittadini in balia dei disservizi e dell’inquinamento, pur continuando a imporre tariffe tra le più alte d’Italia.
“Ogni estate – si legge nel documento – si chiedono sacrifici ai cittadini, ma il 50% dell’acqua si perde lungo reti idriche fatiscenti. La responsabilità non può essere scaricata solo sull’utenza: serve un’azione istituzionale forte e immediata.”
Un problema sanitario sottovalutato
La denuncia è accompagnata da dati allarmanti: numerosi Comuni della provincia di Viterbo sono oggetto di ordinanze di non potabilità dell’acqua, mentre altri registrano livelli di arsenico e batteri prossimi o superiori ai limiti di legge, con picchi in estate. Il rischio per la salute, soprattutto per i bambini, è concreto.
Proprio su questo punto interviene anche l’Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE, che insieme all’Ordine dei Medici di Viterbo ha presentato recentemente lo studio “Arsenico nelle Acque: quando a preoccupare sono le esposizioni croniche”. Secondo l’indagine, anche concentrazioni inferiori ai limiti di legge possono produrre effetti nocivi nel lungo periodo.
Le richieste del Comitato
Il Comitato propone una serie di misure urgenti e puntuali, rivolte alle amministrazioni pubbliche, per affrontare strutturalmente l’emergenza:
- Trasparenza e informazione costante alla popolazione su analisi dell’acqua e ordinanze;
- Distribuzione di acqua potabile alternativa nelle zone colpite, soprattutto per anziani, disabili, scuole e attività commerciali;
- Ammodernamento della rete idrica, con partecipazione e aggiornamento dei cittadini sull’avanzamento dei lavori e progetti legati al PNRR;
- Controlli chimico-batteriologici preventivi su pozzi e bacini di approvvigionamento;
- Verifiche rigorose sui processi di potabilizzazione;
- Censimento dei pozzi esistenti, anche per contrastare prelievi abusivi;
- Sgravi sulle bollette in caso di mancata erogazione o acqua non potabile.
Una proposta concreta dal mondo della ricerca
Tra le proposte più innovative figura anche la valutazione di un progetto presentato dall’Università della Tuscia, che evidenzia la possibilità di captare acqua potabile di alta qualità nei Monti Cimini, da falde superficiali a basso contenuto di arsenico. Il Comitato chiede che questo studio venga seriamente preso in esame.
Inoltre, si sollecita una valutazione delle nuove tecnologie di dearsenificazione, che potrebbero abbattere i costi di gestione e, di conseguenza, le tariffe applicate ai cittadini.
Un diritto da garantire, non un lusso da pagare
Non è più accettabile – conclude il Comitato – che ai cittadini si chiedano comportamenti virtuosi mentre mancano acqua potabile, trasparenza e giustizia tariffaria. L’accesso all’acqua sicura è un diritto universale, non un privilegio, né un lusso.”
L’appello è chiaro: la questione idrica deve diventare una priorità politica e amministrativa. Non servono più slogan o raccomandazioni di circostanza, ma interventi immediati, trasparenti e partecipati.