Grotte di Castro rinasce grazie alla Cultura, Rizzello: “Abbiamo preso la strada giusta”

Dopo i primi grandi successi di questa estate, abbiamo intervistato il sindaco Antonio Rizzello per raccontarci quale sia la “ricetta” per la rinascita del piccolo, grande borgo della Tuscia

GROTTE DI CASTRO – C’è una nuova Grotte di Castro che si sta affermando. Un paese che non si accontenta più di vivere la solita estate, ma che ha deciso di puntare su eventi di qualità, di caratura nazionale e persino internazionale. Una scelta coraggiosa della nuova amministrazione, insediata solo un anno fa, che sta già dando frutti concreti: visitatori in crescita, grande affluenza agli eventi, un’immagine del paese che si rinnova e si proietta all’esterno.

Abbiamo incontrato il sindaco Antonio Rizzello, che traccia un bilancio dell’estate appena conclusa e racconta i progetti che renderanno Grotte di Castro sempre più un punto di riferimento culturale e turistico nella Tuscia.

Sindaco, partiamo dal bilancio di questa estate. Come giudica i risultati ottenuti?

«È stata la prima estate interamente programmata dalla nostra amministrazione e possiamo dire che sia stata un vero successo. Abbiamo voluto costruire un calendario ricco, vario e soprattutto di qualità. La risposta è stata straordinaria: grande partecipazione dei cittadini, forte presenza di visitatori da fuori e un clima di entusiasmo che da tempo non si respirava a Grotte di Castro.

Abbiamo lavorato su due binari. Da un lato il recupero della tradizione, riportando in vita eventi storici che mancavano da anni. Penso alla Sagra della Patata, che non si teneva da cinque anni: un appuntamento molto amato, che è tornato in grande stile con la partecipazione di quasi cento volontari e la presenza di oltre 2500 persone. Anche i Sapori del Borgo sono stati una conferma importante, con stand e degustazioni che hanno saputo unire enogastronomia e socialità.

Dall’altro lato abbiamo introdotto novità assolute, capaci di dare respiro culturale e identitario diverso al nostro paese. Il Festival del Pensare, per esempio, è stata una scommessa vinta: tre giorni dedicati a neuroscienze, filosofia, intelligenza artificiale e critica d’arte, con relatori di altissimo livello e un pubblico numeroso e partecipe, arrivato anche da Roma e da altre regioni. È stato l’evento simbolo della nuova linea che vogliamo portare avanti: puntare sulla cultura come segno distintivo».

Oltre al Festival del Pensare, quali sono stati gli altri momenti clou dell’estate?

«Abbiamo inaugurato il Premio Castrum Cryptarum, che ha celebrato cittadini e realtà locali capaci di portare il nome di Grotte di Castro oltre i nostri confini. È stato un modo per dire “grazie” a chi contribuisce a dare prestigio e visibilità al paese.

Un altro momento molto emozionante è stato il conferimento della cittadinanza onoraria all’astronauta Walter Villadei, che ha portato con sé il nostro gagliardetto nello spazio: un gesto dal valore simbolico enorme. Contestualmente abbiamo inaugurato il nuovo polo museale dedicato a Umberto Nobile, l’esploratore che cento anni fa guidò la spedizione al Polo Nord.

Poi c’è stata la grande energia della compagnia teatrale La Rupe con il loro musical che ha conquistato più di 2000 persone in due serate. L’ultima settimana di agosto si terrà anche un altro festival civico che porterà arti visive, street art, fiori, colore e laboratori in paese, e subito dopo avverrà l’intitolazione della palestra comunale a Luigi Zonghi, medaglia d’oro olimpica e nostro concittadino, altro appuntamento molto importante per Grotte.

In totale abbiamo già organizzato più di venti eventi in poche settimane. Non era mai successo prima, e tutti hanno avuto un’ottima partecipazione».

In molti hanno parlato di un cambio di passo rispetto al passato. Perché puntare con decisione sulla cultura?

«Perché credo che la cultura sia l’antidoto alla superficialità del nostro tempo. Viviamo in una società dove tutto accade in fretta, si consuma in fretta e si dimentica in fretta. Gli eventi “usa e getta” possono riempire una serata, ma non lasciano niente. La cultura, invece, richiede impegno, concentrazione, a volte anche fatica, ma genera consapevolezza e arricchisce davvero le persone.

In più, Grotte di Castro ha nel proprio DNA una vocazione culturale fortissima. Siamo un paese con oltre 3000 anni di storia: necropoli, musei, siti archeologici, un paesaggio agricolo che è cultura anch’esso. Non avrebbe senso inseguire modelli turistici che non ci appartengono, magari puntando solo su feste o intrattenimento leggero. La nostra strada è un’altra: investire in identità e qualità».

Il legame con Nobile e Villadei sembra quasi un destino: un piccolo paese proiettato verso grandi orizzonti, dal Polo Nord allo spazio

«È proprio così, ed è un orgoglio enorme. Forse Grotte di Castro è l’unico paese d’Italia ad aver visto il proprio gagliardetto portato sia al Polo Nord da Umberto Nobile, sia nello spazio da Walter Villadei. È un segno che anche una comunità piccola può avere una dimensione internazionale.

E questo ci proietta già verso un appuntamento fondamentale: nel 2026 ricorreranno i cento anni della spedizione di Nobile al Polo Nord. Stiamo lavorando affinché il nostro museo, a lui dedicato e ricco di tantissimi dettagli legati alla sua grande spedizione, entri nel circuito nazionale dei festeggiamenti e diventi un punto di riferimento per le celebrazioni. Sarebbe un’occasione unica per valorizzare la nostra storia e attrarre ancora più visitatori».

Parliamo di futuro: ci può anticipare qualche progetto a cui tenete particolarmente?

«Sì, assolutamente. Stiamo lavorando a un progetto molto ambizioso: la creazione di un cammino spirituale dedicato a San Rocco, che attraverserà la Tuscia, la bassa Toscana e parte dell’Umbria.

San Rocco, pellegrino francese molto venerato in queste terre, è anche co-patrono di Grotte di Castro. Qui custodiamo uno splendido affresco in una chiesa rupestre e una tradizione ancora viva. Vogliamo trasformare questo patrimonio in un percorso che unisca i luoghi segnati dal passaggio e dai miracoli del Santo, sul modello della Via Francigena o del Cammino di Santiago.

L’obiettivo è quello di costituire già entro il 2025 un’associazione tra i comuni interessati, che abbiano legami con il santo, e lanciare ufficialmente l’iniziativa. Vogliamo arrivare al 2026 con un cammino riconosciuto, strutturato e capace di attirare pellegrini e turisti da tutta Italia e dall’estero. Sarà un progetto che unirà spiritualità, cultura e promozione del territorio, e Grotte di Castro sarà il cuore di questa esperienza. Sono già tanti i paesi interessati a far parte di questa rete, che ovviamente, trarrà beneficio da fondi pubblici, dall’impegno di enti locali di vario livello e dal supporto di professionisti privati di vari settori».

Guardando a ciò che è stato fatto e a ciò che verrà: possiamo dire che la cultura paga?

«Assolutamente sì. La cultura non porta risultati immediati come un concerto estemporaneo o una festa di piazza, ma costruisce basi solide. E i frutti cominciano a vedersi già oggi. Quest’estate Grotte di Castro era piena di visitatori, molti dei quali sono rimasti sorpresi dalla qualità e dalla varietà dell’offerta.

Per me il successo più grande è che chi viene qui non se ne va indifferente: porta con sé un ricordo positivo e spesso il desiderio di tornare. Questo significa che abbiamo imboccato la strada giusta. La cultura non solo paga, ma dà senso e prospettiva al nostro paese».

Una Grotte di Castro diversa, dunque: più consapevole della propria identità, capace di guardare lontano e di farsi conoscere al di fuori dei propri confini. Un paese che ha deciso di credere nella cultura come chiave per costruire il futuro. Un luogo che, nonostante conti meno di 2500 anime, ha dimostrato che non serve essere una metropoli per avere ambizioni e visione. I piccoli comuni, spesso dimenticati e marginalizzati, possono invece diventare laboratori di rinascita culturale e sociale, se hanno il coraggio di puntare sulla propria identità e di guardare oltre i propri confini. Il nome di Grotte di Castro, del resto, ha già viaggiato lontano: dal Polo Nord con Umberto Nobile – al quale è stato dedicato un museo nel paese, ricco di infiniti dettagli e “ricordi” della sua spedizione ai confini del mondo – fino allo spazio con Walter Villadei. Una traiettoria simbolica che racconta la vocazione a superare i limiti, a uscire dall’ombra, a proiettarsi verso orizzonti più ampi.

Oggi questo piccolo borgo, con una storia che affonda le radici nell’antichità, non vuole restare spettatore silenzioso né essere relegato al margine. Vuole farsi ricordare, e lo fa scegliendo la via più difficile ma anche la più feconda: la cultura come motore di crescita. Se c’è una lezione che Grotte di Castro offre a molti altri comuni italiani, è che non esistono paesi troppo piccoli per rilanciarsi. Con passione, idee chiare e un’amministrazione che crede nel valore del proprio patrimonio, anche un borgo di poche migliaia di anime può accendere un faro e indicare una strada.

La sfida ora è continuare su questa linea, senza accontentarsi. Perché la cultura non solo paga ma può concedere dignità, futuro e respiro internazionale a chiunque le sia davvero devoto.