Per oltre un anno ha guidato una Porsche Cayenne ricevuta in comodato d’uso gratuito da due imprenditori di Gela. A far discutere non è solo il prestigio dell’auto, ma soprattutto l’identità dei proprietari: i fratelli Rocco e Salvatore Luca, titolari di una concessionaria di auto di lusso, già finiti sotto processo.
Il protagonista della vicenda è il magistrato Lirio Conti, oggi in servizio all’ufficio Gip di Palermo, ma per anni giudice al tribunale di Gela. Proprio lì, nel 2010, fu lui ad assolvere Salvatore Luca dall’accusa di favoreggiamento alla latitanza di un killer del clan Emmanuello, sentenza poi ribaltata in appello con una condanna definitiva.
Il Consiglio Superiore della Magistratura ha definito i legami tra il giudice e i due imprenditori “quantomeno inopportuni”. Nella relazione del Csm si legge che, tra il 2007 e il 2019, Conti avrebbe ottenuto numerose agevolazioni economiche: auto a prezzi scontati, permute vantaggiose, comodati gratuiti di vetture di grossa cilindrata, fino al pagamento delle polizze assicurative da parte delle stesse concessionarie.
Situazioni delicate, considerando che in quegli stessi anni il magistrato si trovava a dover decidere su più procedimenti riguardanti proprio i fratelli Luca.
Nel 2019 la sezione disciplinare del Csm aveva già disposto, in via cautelare, il trasferimento di Conti al Tribunale di Palermo. Parallelamente, la Procura di Catania lo aveva indagato per corruzione in relazione a questi rapporti, ma il procedimento si era chiuso con l’archiviazione.
Ora, però, il nuovo provvedimento disciplinare del Csm segna un colpo pesante: per i prossimi due anni la carriera del magistrato resta congelata. Nessuna progressione di stipendio né possibilità di avanzamento. Se anche la prossima valutazione dovesse risultare negativa, scatterebbe la radiazione dalla magistratura.
Intervistato dal Giornale di Sicilia, il giudice ha scelto la cautela:
“Da buon magistrato non commento il merito del provvedimento. È una decisione non condivisibile che non mi è stata ancora notificata. Attendo di conoscere le motivazioni e impugneremo la decisione”.
Il caso solleva ancora una volta il tema della trasparenza e dell’indipendenza dei giudici, soprattutto quando i rapporti personali o economici rischiano di interferire con la funzione giudiziaria. Per il Csm, la linea è chiara: i comportamenti di Conti hanno incrinato la fiducia che la collettività ripone nella magistratura.
Ora si attende la prossima verifica, ma la vicenda è destinata a lasciare il segno.