Latina – Caso Iannotta: rinvio e colpi di scena clamorosi nell’udienza di oggi: “Rinuncio alla prescrizione”

I documenti che si riteneva fossero stati distrutti dall’imprenditore di Sonnino sono stati ritrovati laddove veniva indicato (da cinque anni) dalla difesa, una svolta clamorosa grazie anche al ruolo terzo del presidente del collegio, Mario La Rosa

LATINA – Nell’aula principale del Tribunale di Latina, soffocata da un caldo quasi irreale e da un’atmosfera sospesa, si è consumata oggi un’udienza che resterà negli annali del caso Iannotta.

Non tanto per gli atti formali — il rinvio al 25 settembre — quanto per i colpi di scena che hanno squarciato, come fendenti, il velo di un processo che da anni procede tra sospetti, ritardi, assenze e accuse pesantissime.

Un’udienza segnata da assenze e da un presidente fermo

Doveva essere la giornata del controesame del “pentito” Renato Pugliese, atteso in videocollegamento.

Ma di lui e del suo avvocato nessuna traccia. Assente pure il PM della DDA, Francesco Gualtieri,
senza giustificazione resa in aula o almeno dalla parte del pubblico non è stato percepito nulla.

Nel collegio mancava la giudice a latere Roberta Brenta, giustificata per malattia. Presenti invece, e visibilmente infastiditi dal ripetersi di queste anomalie, il presidente Mario La Rosa e i giudici Paolo Romano e Pierluigi Taglienti.

È stato proprio La Rosa a dare la misura della sua terzietà e del suo coraggio istituzionale,
imponendo con calma e fermezza il rispetto del rito e dei diritti.

Una presenza che ha fatto percepire a tutti — avvocati, imputati, osservatori — che la giustizia,
nonostante tutto, può ancora trovare il suo spazio.

Due fendenti che cambiano lo scenario

Prima che il collegio rinviasse l’udienza, sono arrivati due passaggi destinati a incidere profondamente nella vicenda.

Il primo: la rinuncia di Luciano Iannotta alla prescrizione per i reati contestati al capo 3.

Un atto di straordinario coraggio. In un sistema dove molti scelgono di rifugiarsi dietro il tempo che cancella, Iannotta preferisce restare in piedi, affrontare il processo fino in fondo e chiedere una sentenza piena di assoluzione.

Una scelta che dice molto sulla sua volontà di difendere non solo la propria libertà, ma la propria dignità.

Il secondo: il ritrovamento dei documenti contabili della società Pagliaroli, la cui presunta distruzione era stata il fondamento per misure di prevenzione devastanti — quelle che hanno azzerato il gruppo imprenditoriale costruito in anni di lavoro.

I faldoni, invece, erano lì, ordinati, numerati, catalogati. Esattamente dove Iannotta
aveva sempre sostenuto si trovassero.

A scovarli, fotografarli e filmarli, gli uomini della Squadra Mobile di Latina e la Polizia Scientifica intervenuta anche in questo caso dopo una lunghissima battaglia e decisioni di Tribunali non ascoltate.

Un ritrovamento che ha il sapore di un colpo di scena clamoroso e che rischia di ribaltare il tavolo.

I testimoni che negarono l’esistenza delle carte

Per oltre cinque anni, l’avvocato Mario Antinucci ha dovuto contrastare versioni ufficiali che
negavano categoricamente l’esistenza di quei faldoni. In aula, testimoni autorevoli avevano sostenuto che la documentazione fosse inesistente. Perduta o distrutta. Parliamo di Domenico Stirpe, presidente del collegio sindacale; del curatore fallimentare Vincenzo La Brocca e di  Francesco Giovanni Ciro Esposito amministratore giudiziario.

Le loro dichiarazioni hanno alimentato per anni l’ipotesi di una bancarotta fraudolenta aggravata
dalla distruzione della contabilità. Ipotesi che oggi, con i faldoni materialmente ritrovati,
appare sempre più infondata.

Non solo. Per alcuni di loro si prevedono strascichi giudiziari molto pesanti per quanto dichiarato.

La lunga battaglia dell’avvocato Antinucci

Dietro questa svolta c’è il lavoro silenzioso e instancabile di Antinucci.

Per anni ha chiesto, inutilmente, di poter accedere a quei locali. Per anni ha ricevuto dinieghi.

Ha dovuto presentare istanze, diffide, ricorsi, fino a ottenere l’ordinanza della Corte d’Appello di Roma.

Avvocato Mario Antinucci

E solo lo scorso 26 agosto le porte di quel garage sono state finalmente aperte.

Dentro, la prova che Iannotta non aveva mai mentito. E con essa, l’inizio di un nuovo capitolo difensivo. Perché quei faldoni, oggi, entrano nel fascicolo della difesa e promettono di diventare
la chiave per smontare le accuse e restituire un senso a una vicenda giudiziaria
che sempre più osservatori definiscono come uno dei più grandi errori giudiziari recenti in Italia.

«Se la documentazione fosse stata acquisita tempestivamente,
si sarebbero potuti dimostrare i flussi finanziari e la provenienza lecita degli investimenti, evitando la dispersione di un patrimonio costruito in anni di lavoro»
, ha dichiarato l’avvocato Antinucci.

Il peso di un processo che interroga le istituzioni

Il rinvenimento dei documenti non è solo un fatto processuale. È anche un campanello d’allarme istituzionale.

Per mesi, più giudici tra Latina e Roma avevano emesso provvedimenti autorizzativi rimasti inascoltati. Le omissioni e i rinvii hanno prodotto danni incalcolabili, lasciando spazio a chi ha gestito le aziende sequestrate senza la possibilità di un vero contraddittorio.

Ora, con quelle carte tornate alla luce, il castello accusatorio perde il suo pilastro principale:
la presunta distruzione delle scritture contabili. Un’accusa che aveva giustificato
sequestri per oltre 50 milioni di euro e che ha portato alla rovina un intero gruppo imprenditoriale.

Luciano Iannotta
Luciano Iannotta

Lo sguardo verso le prossime udienzeLa fine di settembre sarà decisiva. Il 25 settembre il Tribunale di Latina tornerà a riunirsi;
il 30 settembre toccherà alla Corte d’Appello di Roma pronunciarsi sulle misure di prevenzione.
Due date ravvicinate che potrebbero segnare una svolta epocale.

Da una parte c’è un uomo, Luciano Iannotta, che ha perso tutto ma non ha piegato la testa,
e che oggi ha rifiutato la prescrizione pur di ottenere una sentenza di innocenza.

Dall’altra, un avvocato, Mario Antinucci, che con caparbietà ha riportato alla luce
documenti che si dicevano cancellati per sempre.

In mezzo, un presidente, Mario La Rosa, che ha dimostrato come il giudice possa
essere davvero terzo, coraggioso e garante della giustizia.

Una battaglia di dignità

Oggi Iannotta non ha più aziende, non ha più patrimonio, non ha più nulla. Ma non ha ceduto sulla dignità. Quella non si baratta con una prescrizione.

La sua battaglia è quella di chi non chiede scorciatoie ma pretende giustizia, perché solo una sentenza di assoluzione potrà restituirgli l’onore perduto.

L’aula del Tribunale di Latina ha restituito questa immagine: un uomo che non arretra, un difensore che scava e resiste, un presidente che garantisce l’equilibrio.

Forse è questo il vero cuore della cronaca di oggi: il segnale che, anche tra macerie e ingiustizie,
il diritto può ancora trovare la sua strada.