Le minacce di morte, i reati confessati a più riprese dell’ex appartenente al Clan Di Silvio, omesse durante le indagini
LATINA – È proseguito questa mattina dinanzi al terzo collegio del Tribunale di Latina (La Rosa-Zani-Romano) il processo “Dirty Glass”. Al centro dell’udienza, durata oltre tre ore, il controesame del collaboratore di giustizia Renato Pugliese, figlio del boss Di Silvio, primo pentito della storia criminale pontina e da anni sotto protezione.
La sua testimonianza “televisiva” si è rivelata però costellata di contraddizioni, racconti approssimativi e generici “mi hanno detto/ho sentito dire”, che hanno acceso più di uno scontro con l’avvocato della difesa di Luciano Iannotta, Mario Antinucci. Non sono mancati momenti in cui il teste è parso quasi “guidato” dall’accusa nelle risposte, circostanza che ha alimentato ulteriori tensioni in aula.
La svolta: Pugliese ammette estorsioni e minacce di morte a Iannotta
Il dato dirompente emerso oggi è che per la prima volta sono stati messi nero su bianco episodi gravi fino a oggi ignorati da chi ha condotto indagini e interrogatori: lo stesso Pugliese ha confessato di aver “estorto svariate decine di migliaia di euro a Iannotta e di averlo persino minacciato di morte “ti metto dentro una buca e ti sotterro” quando ha osato difendersi e picchiare uno dei “compari” dell’oggi pentito Pugliese.
Il collegio, preso atto delle dichiarazioni, ha disposto la trasmissione d’ufficio degli atti – denunce comprese e trascrizioni dell’udienza – alla Direzione Distrettuale Antimafia e alla Procura competente.
La difesa: “Un capovolgimento della realtà”
Per l’avvocato Antinucci, le dichiarazioni del collaboratore appaiono come chiacchiere da bar tra pregiudicati, prive di riscontri concreti. Lo stesso Iannotta, nelle sue dichiarazioni spontanee, ha parlato di una “vergogna dello Stato”: da vittima di estorsioni da parte di un clan di stampo mafioso, si ritrova oggi sul banco degli imputati.
“Formalizzo le denunce di estorsione a Pugliese, Riccardo e Pagliaroli – ha dichiarato in aula –. Da otto anni combatto debiti per 24 milioni, ma la giustizia sembra ritenere immune chiunque voglia estorcere Luciano Iannotta”.
Le contraddizioni del collaboratore
Durante il controesame, sono emerse più volte le discrepanze tra le versioni rese da Pugliese in aula e quelle precedenti, in particolare sui rapporti con Iannotta, sull’incontro iniziale e sulle presunte fatture false. Antinucci ha messo in luce divergenze sostanziali anche con le dichiarazioni di altri collaboratori, come Agostino Riccardo, criminale di second’ordine che quando ha osato affrontare da solo Iannotta tentando di estorcergli altro denaro fu rispedito a casa a suon di ceffoni.
Una giustizia “a metà”
La vicenda, per molti presenti in aula, ha assunto i contorni di un paradosso: chi ha subito estorsioni da un clan mafioso si trova imputato, mentre i responsabili di quelle minacce per anni non sono stati neppure sfiorati dalle indagini.
Altro colpo di scena il tentativo del pubblico ministero Gualtieri di minimizzare sul ritrovamento dei documenti all’interno di uno dei box sotto sequestro nel compendio attinto dalla Prevenzione anni prima.
Ha fatto riferimento a due lettere anonime giunte proprio in questi giorni dove si fanno allusioni a strani movimenti nei pressi di quel box. Un tentativo molto suggestivo ma poco professionale da parte di chi deve accertare con le prove la commissione di uno o più reati.
Le lettere anonime non hanno valore legale vincolante e le autorità non sono obbligate a prenderle in considerazione. A quanto pare però per il pubblico ministero sembrano talmente credibili che vanno ascoltati anche presunti testimoni in grado di riferire sugli eventi.
Altro tentativo molto suggestivo da parte del magistrato inquirente quello di minimizzare su un atto notarile a firma del Notaio Becchetti del 2016.
Secondo il magistrato il documento redatto dal notaio Becchetti sarebbe sospetto perché nel 2025 è stato sospeso e il sigillo revocato. Come dire che Iannotta quando ha fatto fare quel documento nel 2016 sapeva che poi nove anni dopo poteva tornargli utili.
Altra ipotesi molto più pesante e brutta il sospetto che Iannotta e Antinucci abbiamo inscenato il ritrovamento dei documenti per svilire l’attività investigativa che, in realtà, si è svilita già da tempo.
Un processo strano e che pone dubbi anche sul trattamento riservato a Iannotta. Invece di offrirgli la possibilità di difendersi e di argomentare viene trattato da COLPEVOLE.
La gravità delle dichiarazioni del “pentito” Pugliese sulle estorsioni a danno di Iannotta, colpevolmente taciute e nascoste dagli investigatori alla Procura competente, dovrebbe far riflettere sul fatto che, il pubblico ministero Gualtieri, potrebbe essere inidoneo a proseguire in questo processo per non aver difeso un cittadino (Iannotta) finito sotto le grinfie del più pericoloso clan mafioso pontino dei Di Silvio.
Il processo è stato aggiornato alle date del 6 novembre, 18 dicembre e 16 gennaio.