Dedicata a lui una sezione permanente all’interno del Museo del Ciclismo “Gino Bartali”
MONTEFIASCONE – A pochi giorni dall’evento celebrativo del ciclista montefiasconese Sante Ranucci presso il Museo del Ciclismo “Gino Bartali” di Bagni a Ripoli, la figlia Veronica ci invia un suo ricordo personale.
“Sono l’ultima figlia di Sante Ranucci”, sottolinea. “Purtroppo, quando sono nata, il babbo aveva già smesso di correre da molti anni. Non ho vissuto la sua carriera da atleta e non ho visto le sue vittorie. Ma non ho mai avuto bisogno di vederlo in corsa per essere orgogliosa di lui: per ciò che aveva raggiunto e, soprattutto, per la persona che era. Mio padre era una persona semplice e riservata, ma allo stesso tempo forte e autentica. Un uomo che viveva di grandi passioni. Non sentiva mai la fatica, non si risparmiava, non delegava: tutto ciò che faceva, lo faceva in prima persona, con dedizione e cura. Era sempre pronto ad aiutare gli altri, con generosità e rispetto. Ho sempre pensato che fosse il ciclismo ad aver forgiato questo lato del suo carattere. Ma forse, al contrario, è questo “lato del suo carattere che lo ha reso un grande campione. Essere un ciclista, ai suoi tempi, era tutt’altro che semplice: le strade non erano asfaltate, le bici pesavano più dei corridori, e ogni vittoria era una conquista di resistenza, determinazione e spirito di squadra.
Spesso mi raccontava delle sue corse. E io, da “brava” figlia distratta, lo rimproveravo di ripetere sempre le stesse cose. Oggi me ne pento. Non mi parlava delle sue vittorie più grandi, dei Campionati Mondiali o del Giro d’Italia. Mi raccontava delle prime corse da ragazzino, per le strade di Montefiascone, quando l’unico traguardo era un applauso, una stretta di mano, la consapevolezza di aver dato tutto. Durante i viaggi da Firenze a Montefiascone, quando andavamo a trovare gli zii, mi descriveva le rimonte in salita, le volate, le curve e i compagni. Raccontava con entusiasmo: non tanto la gloria, quanto l’amicizia, la fatica condivisa.
Per quanto mio padre fosse una persona molto competitiva, dai suoi racconti emergeva più il divertimento che la competizione.
Il ciclismo, per lui, non è stato solo uno sport: è stato vita.
Poterlo ricordare con una sezione permanente a lui dedicata all’interno del Museo del Ciclismo Gino Bartali è una grande emozione per me e per la mia famiglia. È un tributo che mio padre si è meritato, per tutto ciò che ha rappresentato, come atleta, come uomo e come padre”.
Montefiascone ricorda il ciclista Sante Ranucci, consegnata targa alla famiglia