Professore di biologia dell’Università dell’Aquila da due mesi nelle carceri albanesi per incidente stradale

L’AQUILA – Cresce la mobilitazione per Michele D’Angelo, 44 anni, professore di Biologia all’Università dell’Aquila e originario di San Severo (Fg), detenuto in Albania dallo scorso agosto a seguito di un incidente stradale avvenuto nei pressi di Tirana.

Secondo una prima ricostruzione, D’Angelo viaggiava a bordo di una Lancia Ypsilon la sera dell’8 agosto, insieme alla compagna si stavano recando al matrimonio di un’amica,  a velocità moderata e con la freccia inserita per svoltare, quando la sua auto sarebbe stata colpita da un altro veicolo arrivato a velocità elevata, guidato da un cittadino albanese,

Nello scontro ha perso la vita un ragazzo di 16 anni. Secondo quanto raccontato, la coppia avrebbe cercato invano soccorsi: nessuno si sarebbe fermato e neanche le forze dell’ordine sarebbero arrivate sul posto. Il mattino seguente, D’Angelo e Castelli si sono presentati spontaneamente al commissariato di Valona, dove il professore è stato arrestato.

Al docente sono state contestate la violazione delle norme stradali e l’abbandono del mezzo.

Secondo i legali, l’allontanamento immediato dall’auto fu un gesto istintivo dopo lo spavento, e non un tentativo di fuga. Da quel momento però, il ricercatore è rinchiuso in carcere in attesa di giudizio.

L’Università dell’Aquila ha espresso piena solidarietà al docente. «Stiamo facendo il possibile – ha dichiarato il rettore Graziosi – per ottenere la liberazione del collega e per alleviare il peso psicologico sulle persone coinvolte».

Preoccupazione anche dal mondo politico. Il senatore Luciano D’Alfonso, già l’11 settembre, ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri chiedendo un impegno diretto nelle interlocuzioni con le autorità albanesi.

La Farnesina ha fatto sapere che l’Ambasciata d’Italia a Tirana e il Consolato Generale a Valona seguono il caso “con la massima attenzione”, mantenendo contatti costanti con i familiari e fornendo assistenza consolare, incluse visite in carcere.

La compagna Vanessa Castelli, in questi giorni ha lanciato un appello al governo Meloni per il trasferimento del processo in Italia.