Straviterbo, il cuore di Viterbo corre: storie, volti e abbracci lungo 10 chilometri di città

VITERBO – All’alba di domenica, Pratogiardino “Lucio Battisti” sembra trattenere il respiro. Le prime pettorine compaiono tra gli alberi, i gazebo prendono vita come vele bianche, il chiacchiericcio cresce a onde.

È il rito della Straviterbo, alla sedicesima edizione, ed è uno di quei momenti in cui la città si accorge di essere una comunità: quasi mille tra agonisti e camminatori, famiglie, gruppi di amici e plotoni dell’Esercito, pronti a ritagliarsi un pezzo di felicità in scarpe da running.

Il villaggio che profuma di città

Il “villaggio” è un mosaico di colori: lo stand dell’associazione culturale La Rosa sforna panini e sorprese, i volontari dell’AVIS sorridono dietro al banco informativo, la Croce Rossa Italiana sistema le bende – sperando di non doverle usare – i Vigili del fuoco scambiano pacche sulle spalle con gli atleti. Poco più in là, i reparti dell’Esercito: mostrano orgoglio e disciplina, ma nei loro occhi c’è la stessa trepidazione degli amatori. È un sabato che sa di casa: bimbi in bici a far da scorta, nonni con la radiolina, cani che scodinzolano ai bordi del percorso.

La liturgia della partenza

Alle 08:00 l’adunata riempie il parco; le ultime spille fermano i pettorali, si discutono tattiche e si ride delle notti troppo corte. Alle 10:00 il colpo di start degli agonisti taglia l’aria, seguito alle 10:25 dalla marea festosa dei non competitivi. Due fiumi che scorrono nella stessa direzione: 10 km per chi vuole misurarsi con il cronometro, 5 km per chi cerca soprattutto il gusto di esserci.

Il percorso è una dichiarazione d’amore a Viterbo: due giri nel centro medievale, saliscendi che mordono i polpacci, sanpietrini che chiedono attenzione e passo corto, mura e piazze storiche che si fanno tifo naturale. Le gambe lavorano, gli occhi ringraziano.

La gara: quando l’istinto incontra la strategia

Tra gli agonisti, i primi chilometri sono un gioco di sguardi e piccoli strappi. Poi la gara si chiarisce: vince Alessandro Visone in 33’06”, scelto dal ritmo più che dalle parole. Il secondo gradino è di Nicolò Crescenzi (33’14”), terzo Paolo Luigi Lupi (33’19”). Tre tempi dentro un soffio: differenze che si giocano tra le curve strette e i tratti in pavé.

Nel settore femminile, il copione è altrettanto limpido: Marcella Municchi conquista la prova in 37’40”, Gilda Maria Arceri (Aeronautica Militare) chiude in 39’50”, Angelica Marino completa il podio con 41’15”. Dietro, tante storie che non finiscono sul podio ma restano nella memoria: chi esordisce con la paura di “non farcela”, chi rientra dopo un infortunio, chi corre con il nome di un amico sulla canotta.

La città che abbraccia

La Straviterbo non è solo tecnica e parziali: è abbracci alle transenne, pacche sul dorso, incitamenti urlati a chi sta faticando. È la Scuola Sottufficiali dell’Esercito che orchestra l’evento – insieme a UISP e CONI Lazio, con il patrocinio del Comune – e la città che risponde: volontari che smistano bottigliette d’acqua come piccoli tesori, fotografi che si arrampicano su ogni muretto per rubare l’attimo, commercianti che alzano la saracinesca un’ora prima per non perdersi la partenza.

Il centro storico diventa una pista a cielo aperto: i runner che sfilano sotto un balcone fiorito, un applauso improvvisato in una piazza, la musica che sgorga da un bar, un bambino che allunga la manina per un cinque. La città si riconosce e si restituisce allo specchio migliore di sé.

Memoria e impegno: il perché che dà senso al fiato corto

Ogni edizione porta con sé un nome da ricordare. Quest’anno la corsa onora la memoria dell’Allievo Maresciallo Daniele Ferrante. È un attimo silenzioso dentro il rumore di una festa: la partenza che vale anche come promessa, il traguardo che diventa ringraziamento. La Straviterbo tiene insieme agonismo e responsabilità sociale, e lo fa con semplicità: correre, ricordare, aiutare.

Aiutare, sì: perché l’intero ricavato va a “Viterbo con Amore”, la realtà che con il suo emporio solidale sostiene quasi 300 famiglie del territorio. In tempi in cui le difficoltà mordono, quei chilometri si trasformano in spesa sospesa, in visite mediche, in libri di scuola. È il passo che si fa gesto.

L’onda dei non competitivi: la gioia senza cronometro

Quando la gara “vera” entra nel finale, dall’altra parte del percorso esplode la festa dei 5 km: passeggini, canotte improvvisate, coppie che si tengono per mano, camminatori che si godono un unico giro come fosse il giro del mondo. Ci sono i gruppi delle palestre, le maglie coordinate delle scuole, la compagnia che ha deciso di trasformare una colazione tardi in una marcia colorata. È la parte più chiassosa e più tenera dell’evento: si ride, si fanno foto, si ascoltano i racconti di chi “l’anno prossimo provo i 10”.

L’arrivo e le medaglie che pesano di meno

Le premiazioni delle categorie e degli assoluti scattano alle 11:30. Le coppe brillano sotto il sole mentre gli ultimi arrivano con il passo largo e il sorriso pieno. Nel mezzo, il rito del ristoro: acqua, frutta, qualche panino dello stand de La Rosa. C’è chi si stende all’ombra, chi rientra sul percorso a fare il tifo per gli amici, chi controlla subito la traccia sul GPS e chi, più saggiamente, spegne il telefono e si gode l’applauso.

Perché Straviterbo funziona (e continuerà a funzionare)

Funziona perché non sceglie: accoglie i veloci e i lenti, i precisi e gli improvvisati, i militari dal passo cadenzato e le nonne col cappellino, chi insegue un personale e chi vuole soltanto respirare la città. Funziona perché parla la lingua dei luoghi: le mura, le pietre, le curve, i profumi della domenica; e perché ha un cuore solidale che batte forte. Funziona perché, chiusa la parentesi dei pettorali, lascia in chi ha partecipato quella sensazione rara di essere parte di qualcosa.

Alla fine, resta un’immagine: il Pratogiardino che si svuota piano piano, i gazebo che si richiudono, le transenne che si spostano, una medaglia che dondola sul petto di un bambino. E Viterbo che si riprende le sue strade, un po’ più fiera, un po’ più leggera. La Straviterbo si archivia così: con i muscoli caldi e il cuore pieno. E già con la voglia di ritrovarsi, alla prossima volata.