Il consigliere Giancarlo De Gennaro lo ha prima insultato e poi minacciato di aggredirlo all’esterno dell’aula consiliare. Anche la consigliera Albertina Cotunno si è scagliata contro l’uomo che l’accusava di svolgere abusivamente l’attività di NCC in porto
CIVITAVECCHIA – Quello che è accaduto ieri mattina in consiglio comunale a Civitavecchia non è un semplice incidente di percorso: è uno strappo grave alle regole basilari della democrazia.
La vicenda è nota: durante l’intervento del consigliere Giancarlo Frascarelli, interrotto dal presidente del consiglio Marco Di Gennaro, l’aula è degenerata tra urla, sospensioni e nervosismo.
Ma il punto non è solo la maleducazione istituzionale dei banchi: il punto è l’allontanamento forzato di un cittadino, Mario Benedetti, “colpevole” di filmare quanto stava accadendo in un luogo pubblico, la casa di tutti.
Che in aula possano volare parole grosse non sorprende più nessuno, purtroppo. Che però si invochi l’uso della forza per cacciare chi documenta, questo sì che segna un passaggio inquietante.
Invece di tutelare il diritto di cronaca e la trasparenza, si è preferito oscurare, zittire, nascondere. E non parliamo di un disturbatore: parliamo di un cittadino che da tempo denuncia con i suoi video il degrado, le inadempienze, la scarsa cura dei luoghi sacri della città. Piaccia o no, questo è servizio civico. È controllo dal basso. È partecipazione.
Gravissimo, poi, che un consigliere di maggioranza, Giancarlo De Gennaro, si sia avvicinato a Benedetti insultandolo e invitandolo “fuori” per lo scontro fisico. Siamo oltre la polemica: siamo nell’intimidazione. E non basta. Anche la consigliera Albertina Cottuno si sarebbe inserita con attacchi verbali, mentre sulla sua attività di Ncc pendono — secondo quanto emerge da atti e sentenze richiamate nel dibattito pubblico — questioni di piena legittimità operativa. Qui non interessa il dettaglio tecnico, che spetta ai giudici e agli uffici: interessa l’etica. Chi amministra non può usare l’aula per regolare conti personali con chi esercita il diritto di riprendere e raccontare.
Audio esclusivo sull’espulsione forzata da parte dei vigili urbani dell’influencer Mario Benedetti. Censura, bavaglio, minacce e tanto altro ancora… tutto da ascoltare

Alla luce del livore della consigliera Albertina Cotunno la domanda sorge spontanea: è vero che svolge attività NCC (noleggio con conducente) con una licenza acquista in Calabria e precisamente a Lamezia Terme?
Risponde al vero che altra licenza le è stata revocata dal Comune di Nicotera?
Può un consigliere comunale sedere in un luogo dove la legge e il rispetto delle regole sono alla base del proprio mandato ed essere “fuorilegge” fuori dalle mura del Palazzo del Pincio?
Perché nessuno la controlla e le revoca la licenza se quanto è emerso tra un grido e l’altro corrisponde al vero?
Il comportamento del Sindaco Piendibene e dei suoi consiglieri è stato, in questo quadro, politicamente irresponsabile. Quando la tensione sale, il dovere di chi guida è abbassarla; quando la cittadinanza chiede luce, il dovere è aprire le finestre, non tirare le tende.
Invece si è imboccata la scorciatoia autoritaria: allontanare chi riprende, trasformare un’aula pubblica in un set privato, mettere la museruola al dissenso. È una cultura del potere che non tollera sguardi esterni, che vive la critica come offesa personale, che scambia l’istituzione per proprietà di parte.
E i Vigili Urbani? Hanno obbedito a un ordine che, se confermato nei termini descritti, contraddice lo spirito — e probabilmente anche la lettera — delle norme su pubblicità degli atti e libertà d’informazione.
La Polizia locale non è il buttafuori del palazzo: è presidio di legalità e garanzia imparziale. Prestarsi a espellere un cittadino quieto e armato solo di telefono equivale a mandare un messaggio sinistro: qui si entra se stai zitto. È inaccettabile.
Nel merito politico, poi, la maggioranza ha approvato una variazione di bilancio che sposta risorse dalla riqualificazione di Borgo Odescalchi per completare il Palagrammatico di San Liborio. Si può discutere di priorità e scadenze Pnrr — e il confronto è legittimo — ma il clima in cui si è presa la decisione è tutto. Se la scelta è buona, non ha paura delle telecamere; se è necessaria, non teme le domande; se è solida, non chiede manette al cittadino che riprende.
Mario Benedetti, piaccia o no, oggi incarna una cosa semplice e potentissima: il diritto della gente comune a vedere, sapere, domandare. Non un “nemico” dell’amministrazione, ma uno specchio: e certi poteri agli specchi preferiscono coprirli con un panno. Ecco perché la sua espulsione pesa più di una lite in aula: perché dice a tutti noi che il controllo dal basso dà fastidio.
A questa città serve l’esatto contrario: sedute integralmente registrate e trasmesse, regolamenti che esplicitino il diritto a filmare nel rispetto dell’ordine, formazione per chi guida i lavori d’aula, e un chiaro richiamo alla Polizia locale sul ruolo di garanzia. Serve soprattutto un’assunzione di responsabilità politica: il Sindaco chieda scusa alla cittadinanza, ripristini da subito prassi di massima trasparenza, e si impegni pubblicamente a tutelare chi documenta fatti di pubblico interesse.
Perché la democrazia non si misura nel silenzio delle sedie ordinate, ma nel rumore — civile, visibile, documentato — delle domande scomode. Ieri, in Aula Pucci, quel rumore si è provato a spegnerlo. Da oggi, lo si deve amplificare. In nome di Civitavecchia, in nome della legge, in nome di tutti quelli che non hanno voce e la cercano nello schermo di un telefono. Oggi il paladino si chiama Mario Benedetti; domani può essere chiunque di noi. E in una democrazia sana, nessuno di noi dovrebbe aver bisogno di un paladino per entrare in un’aula pubblica con la luce accesa.