LATINA – Si poteva e si doveva fare di più. È quanto emerge dalla relazione degli ispettori del Ministero dell’Istruzione e del Merito sul caso di Paolo Mendico, lo studente di 14 anni che si è tolto la vita l’11 settembre scorso nella sua abitazione di Santi Cosma e Damiano, in provincia di Latina, alla vigilia del primo giorno di scuola.
Gli ispettori, inviati dal ministro Giuseppe Valditara, hanno concluso gli accertamenti sull’istituto tecnico Pacinotti, frequentato dal ragazzo, evidenziando omissioni e mancate iniziative da parte della scuola in presenza di una classe definita “turbolenta” e caratterizzata da comportamenti “non conformi al regolamento d’istituto”. Secondo quanto riportato da la Repubblica, non sarebbe stato avviato alcun protocollo antibullismo, né una valutazione approfondita delle dinamiche relazionali all’interno della classe, “indipendentemente dalla qualificazione giuridica degli episodi”.
Dalle 28 pagine della relazione emergerebbe un quadro di contraddizioni e mancanze. Gli ispettori parlano di un “meccanismo difensivo” messo in atto dall’istituzione scolastica e ritengono “più verosimile” la ricostruzione contenuta nei verbali dei consigli di classe rispetto a quella fornita da alcuni docenti durante l’ispezione. Pur precisando che “manca la ripetitività nel tempo”, elemento necessario per configurare il reato di bullismo, gli ispettori sottolineano come i comportamenti aggressivi riscontrati non dovessero comunque esonerare il personale scolastico da una presa in carico della situazione.
A seguito dell’ispezione, il Ministero ha chiesto l’avvio di tre procedimenti disciplinari nei confronti della dirigente scolastica, della vicedirigente e della responsabile della succursale dell’istituto, per presunte “condotte omissive”. Parallelamente sono in corso due inchieste giudiziarie.
Durissimo il commento del padre del ragazzo, Giuseppe Mendico, che in un’intervista ha dichiarato: “Quello che abbiamo sempre detto io e mia moglie è quello che ora scrivono gli ispettori. Avevamo ragione. Le insegnanti di Paolo sono delle grandissime bugiarde”. L’uomo contesta anche la definizione di classe “quasi aggressiva”: “Mio figlio è stato sbattuto al muro. È o non è aggressività?”.
I genitori avevano presentato una denuncia parlando apertamente di bullismo. Sulla mancanza di ripetitività, Giuseppe Mendico replica: “E le continue prese in giro di mio figlio e l’aggressione in classe cosa sono?”. Un elemento centrale, secondo la famiglia, potrebbe arrivare dalle chat tra studenti, che non sono ancora state acquisite formalmente: “Ci sono messaggi che parlano proprio dell’ultimo episodio. Quelle chat inchioderanno le insegnanti”.
Il padre del 14enne sostiene inoltre di aver informato più volte la scuola, in particolare la vicedirigente, la quale però avrebbe dichiarato agli ispettori di non sapere nulla delle vessazioni. “È strano – conclude – che finisca comunque tra i procedimenti disciplinari. Noi quereleremo tutti quelli che non dicono la verità, se sarà necessario anche il rappresentante di classe”.
Ora si attende la decisione dell’Ufficio scolastico regionale sui procedimenti disciplinari, mentre proseguono le indagini per chiarire eventuali responsabilità penali e civili legate alla tragedia.

