La Corte dei Conti, vecchia conoscenza del candidato del centrosinistra alle regionali, bacchetta pesantemente l’operato della maggioranza. Gestione della sanità fallimentare nonostante le tasse più alte d’Italia
ROMA – Che la sanità laziale sia un disastro lo dimostrano le cronache giornaliere. Prestazioni mediche quasi impossibili da prenotare, con gli utenti costretti spesso a ricorrere a strutture private, pronto soccorso affollati con malati lasciati in barella per ore, a volte anche giorni.
Questo tanto per fare due esempi.
Oltre il danno, però, c’è anche la beffa. Per i cittadini laziali è arrivato anche l’aumento delle addizionali regionali Irpef, al livello massimo consentito dalla legislazione nazionale, a partire dal primo gennaio 2023. Nel Lazio, dunque, i cittadini dovranno sopportare, oltre all’aumento della luce, gas, benzina, carovita ecc, anche l’aumento delle tasse regionali operate da D’Amato & Co.
Come ricordato in un dettagliato articolo di Donato Robilotta su L’Opinione, il Lazio oltre ad applicare l’aliquota più alta, ha mantenuto la tassa sulla salute, che con la fine del commissariamento doveva essere cancellata o abbassata ai minimi. Tassa che pagano tutti, anche i cittadini con redditi bassi. 800 milioni di euro che vengono utilizzati in parte per il trasporto pubblico e per altro, tranne che per la sanità.
La spesa sanitaria, con la guida di D’Amato, è di nuovo in rosso. L’assessore alla sanità, recentemente condannato dalla Corte dei Conti a risarcire 275mila euro per aver gestito soldi pubblici per fini personali, non può certo smentire tutto ciò. È scritto, nero su bianco, nel recente rapporto del ministero dell’Economia e delle finanze- dipartimento della Ragioneria generale dello Stato sul “monitoraggio della spesa sanitaria dal 2012 al 2022”. Segno meno del 2021 con un disavanzo di 90,7 milioni di euro.
Inoltre, come ricorda Robilotta, “se si leggono i numeri, si vede che l’azzeramento del disavanzo è stato dovuto quasi interamente all’aumento del fondo sanitario negli anni 2012-2018. Fondo che è passato da 10,3 miliardi del 2012 a 11,6 miliardi del 2021. Tanto per essere chiaro, quando la nuova giunta Zingaretti si è insediata nel 2013, il disavanzo era pari a -670 milioni e la quota di fondo sanitario per la Regione Lazio era pari a 10,04 miliardi, nel 2017 tocca quota 10,682 miliardi di euro. Quasi 700 milioni in più dal Fondo sanitario, senza contare il riconoscimento dell’adeguamento Istat della popolazione, che ha comportato una somma aggiuntiva al fondo di 376,6 milioni di euro”. Nonostante la montagna di soldi in più, D’Amato è riuscito a portare di nuovo i conti in rosso.
Ma quello che più preoccupa, e in qualche modo inchioda D’Amato alle sue responsabilità, è la solita (per D’Amato è ormai diventata una croce) Corte dei Conti.
Nell’ultima relazione, che ha parificato il bilancio 2021 per il rotto della cuffia e con molte osservazioni, infatti, “è scritto nero su bianco che la mobilità sanitaria regionale per il 2021 ha un delta negativo pari a oltre 220 milioni di euro, con quella attiva pari a 303.368.578 di euro rispetto alla mobilità passiva di 523.514.633 euro.
Sempre la Corte dei conti, nel recente referto al Parlamento sulla gestione finanziaria dei sevizi sanitari regionali, nel quale i magistrati contabili hanno analizzato i dati della mobilità sanitaria interregionale degli anni 2012-2021, hanno quantificato in oltre 2 miliardi il rimborso che la Regione Lazio ha dovuto presentare alle altre Regioni per prestazioni fuori confine regionale”.
Un conto salato che pagherà il prossimo Presidente della regione Lazio. In questi anni si è speso tanto e male. Servizi sanitari pessimi (nonostante Roma sia dotata di eccellenze sanitarie e alcuni Policlinici Universitari) e soldi gettati al vento. Con la spada di damocle (come se non bastasse quanto fin qui detto) della imminente l’ingiunzione di pagamento della rata di ammortamento di circa 250 milioni del prestito dallo Stato che arriverà al nuovo Governatore. Ricordiamo che l’ex assessore Alessandra Sartore fu abile nel far inserire nel decreto sul terremoto di Amatrice una norma che rinviava al 2023, dopo le elezioni, il pagamento delle rate di ammortamento di oltre il 90 per cento dell’intero prestito di 10 miliardi preso dallo Stato.
Nell’attesa di avere risposte da D’Amato sulla restituzione alla regione dei famosi 275mila euro del danno erariale riscontrato dalla Corte dei Conti, un altro bel disastro sulla gestione sanitaria del candidato alla presidenza del centrosinistra sta venendo a galla (sempre grazie all’operato dei magistrati contabili).