In Lazio crolla l’affluenza ma per i dem il segnale è bruttissimo. Sono le periferie a disertale le urne
ROMA – La campagna elettorale che ha portato avanti Alessio D’Amato in questi ultimi mesi è stata incentrata su quella che lui stesso, leggermente autoincensandosi, ha voluto definire come “l’eccellenza della sanità” nel Lazio, accompagnata dalla buona amministrazione durante l’emergenza della pandemia.
Peccato che il candidato alla presidenza della Regione Lazio per il Partito Democratico si sia dimenticato di alcuni dettagli non esattamente irrilevanti che hanno riguardato direttamente l’assessorato che ha guidato in questi ultimi cinque anni: alcuni punti poco chiari sono infatti rimasti in sospeso e, con il passare del tempo, i nodi sono venuti al pettine.
Il Covid ha consentito all’assessore alla Sanità di conquistare una certa popolarità anche tra chi ne ignorava l’esistenza. Anche perché Roma è stata la prima città europea a venire colpita dal virus – poco più di tre anni fa – con il ricovero della coppia di turisti cinesi che erano stati ricoverati di urgenza all’ospedale Spallanzani e curati in maniera magistrale da tutto lo staff medico. Molti osservatori avevano elogiato la gestione della Regione guidata da Nicola Zingaretti, anche per via del piano vaccinale messo a punto a inizio 2021. Il problema è che, anche durante le fasi più acute del Coronavirus, non tutto è andato propriamente per il meglio. Basti pensare al danno erariale da oltre 11 milioni di euro per il quale la Corte dei Conti ha accusato il governatore – insieme al responsabile della Protezione Civile – a causa degli affidamenti per la fornitura di circa 7,5 milioni di mascherine parzialmente pagate e mai arrivate. Almeno così hanno detto fino a quando Giletti non ha scoperto che le mascherine sono arrivate ma non sono mai state utilizzate.
1/2 Esclusiva #NonelArena: abbiamo scoperto dove si trovano le cosiddette “#mascherine fantasma” acquistate in piena pandemia dalla Regione Lazio e mai consegnate. Una spesa importante, che secondo la Corte dei Conti ha procurato un danno erariale di quasi 12milioni di euro. pic.twitter.com/LQkVPlcaUy
— Non è l’Arena (@nonelarena) January 27, 2023
Sempre di Corte dei Conti, lo stesso D’Amato è stato condannato a risarcire 275 mila euro. La vicenda riguarda l’associazione “Fondazione Italia – Amazzonia onlus”, della quale l’esponente dem è stato fondatore, vicepresidente e presidente onorario, che è stata destinataria di 275mila euro – attraverso due finanziamenti – per il programma di promozione di “iniziative di carattere sociale, culturale e sportivo di peculiare interesse per la regione”. Bisognava quindi, con quei soldi, realizzare progetti di ricerca e valorizzazione delle culture dei popoli amazzonici. E, invece, i soldi dei cittadini sono stati utilizzati per sostenere, in modo indebito, “l’attività politica e di propaganda elettorale svolta dall’associazione Rosso Verde-Sinistra Europea, che nel periodo in esame ha espresso propri candidati alle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e alle comunali del 29-29 maggio 2006”.
Una volta superata l’emergenza Covid, il ritorno alla normalità ha comunque portato di nuovo alla luce i disastri nella sanità laziale. La situazione viene certificata dal nuovo Rapporto annuale che valuta le Performance regionali stilato dal Centro per la Ricerca Economica Applicata (Crea) Sanità. Secondo questo report, infatti, continua a peggiorare lo stato di salute della sanità laziale, che è crollata in un solo anno dal decimo al quattordicesimo posto. Il Lazio, ormai, è pericolosamente vicino alla “area critica” delle sei regioni peggiori per quanto riguarda la qualità delle cure e la mortalità “evitabile”. Rapporto che fa il paio con il Governance poll pubblicato da Il Sole 24 Ore che vede la regione Lazio al penultimo posto nel gradimento del consenso (fa peggio solo il Molise).
Uno sfascio della sanità laziale e certificato dal Centro per la Ricerca Economica Applicata (Crea) Sanità che non sorprende i cittadini laziali, che vedono con i propri occhi, giornalmente, la gestione fallimentare extra-Covid dell’assessore D’Amato. Proprio pochissimi giorni fa, del resto, hanno destato non poco sconcerto le immagini del pronto soccorso dell’ospedale Sant’Andrea di Roma che stanno girando sul web in queste ore. Pazienti privi di barelle adagiati sul pavimento, in mezzo al corridoio e con le flebo attaccate al braccio, e una serie di persone in attesa di essere curati. Il personale ospedaliero ha spiegato che il paziente ripreso mentre si trovava a terra era un codice azzurro, quindi non si trovava in gravi condizioni e che, nonostante gli fosse stata fornita una postazione seduta, avrebbe scelto di stendersi a terra di propria volontà. Tuttavia non vengono negate le difficoltà logistiche e organizzative della struttura che ormai durano da tempo. E non solo al Sant’Andrea.
Nella sua candidatura a presidente della Regione Lazio, sostenuto anche dal Terzo polo, Alessio D’Amato ha poi tentato di tutto per rompere l’alleanza con il fronte calendiano e renziano. I suoi continui flirt con il Movimento 5 Stelle, che è stato implorato fino all’ultimo istante possibile da parte dell’esponente del Partito Democratico affinché fornisse a quest’ultimo un appoggio giallorosso unitario, hanno agitato le acque tra le mura del movimento politico di Carlo Calenda e Matteo Renzi. Il tentativo di abboccamento non è andato a buon fine. Anche perché il partito di Giuseppe Conte non potrà mai allearsi con Azione e Italia Viva; e alla fine infatti ha virato per la candidatura solitaria di Donatella Bianchi. L’appello agli elettori pentastellati di esercitare sulla scheda il “voto utile” – anche tramite quello disgiunto – è stata la carta disperata dell’ultimo minuto. E così Francesco Rocca e tutto il centrodestra si sfrega le mani: galvanizzata da un lato dai dissidi interni al centrosinistra e dall’altro dai disastri del duo Zingaretti-D’Amato negli ultimi anni in Lazio.