L’incendio di Ciampino è solo l’ultimo di una lunga serie. Basti ricordare il misterioso rogo di Malagrotta del giugno 2022 avvenuto in piena emergenza rifiuti per Roma Capitale
CIAMPINO – Decine di vigili del fuoco in azione in via Ferrari per un gigantesco rogo: sono all’opera quelli dell’aeroporto Ciampino e di Roma. Con loro squadre della Protezione Civile di Ciampin, Albano, Ariccia e Genzano e anche l’autobotte della Regione Lazio.
Serviranno almeno due giorni per spegnere l’incendio alimentati da rifiuti indifferenziati provenienti da alcuni comuni del Litorale e ammassati nel Centro di stoccaggio Ecologica 2000, già nel settembre 2022 teatro di un rogo. Le indagini del caso alla Polizia Locale e alla Polizia di Stato di Marino in collaborazione con l’Asl Roma 6, i Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Roma e l’Arpa Lazio.
L’incendio che si è sviluppato stamattina nell’impianto di stoccaggio e recupero di rifiuti non pericolosi di proprietà di Ecologica 2000, in via Enzo Ferrari a Ciampino, al confine con le frazioni di Cava dei Selci e Santa Maria delle Mole, è solo l’ultimo di una lunga serie di roghi avvenuti nel territorio laziale.
L’ennesimo colpo alla tanto discussa gestione dei rifiuti nella regione. Tra business, disastri ambientali, Piano Rifiuti discutibile, termovalorizzatori annunciati di cui ancora non si vede traccia, inchieste giudiziarie e arresti.
La nostra analisi sui disastri ambientali e sugli incendi avvenuti negli impianti laziali nasce da un preciso dato di fatto: il sito di Ciampino di proprietà di Ecologica 2000 già un anno fa è stato colpito dalle fiamme. Una coincidenza? Non si può dire ma bene ha fatto Filiberto Zaratti, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, a sottolineare la strana coincidenza. “Già un anno fa abbiamo subito le conseguenze di un altro incendio nello stesso impianto di rifiuti di Ciampino. Di nuovo oggi Roma Sud e l’area dei Castelli Romani sono avvolte da una colonna di fumo nero e intenso. Ci chiediamo se l’impianto Eco Logica 2000, sebbene autorizzato dalla Città metropolitana per il deposito di rifiuti non pericolosi, sia gestito in sicurezza e sia soprattutto compatibile con una zona a ridosso della città ad altissima densità di abitanti. Chiediamo al ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin di rispondere rapidamente, vista gravità della situazione, alla interrogazione che stiamo predisponendo. Intanto, in attesa di conoscere le analisi dell’Arpa su eventuali presenze di diossina, il Comune e la Asl RM6 invitano la cittadinanza a tenere le finestre chiuse, mentre l’aeroporto di Ciampino è stato chiuso, notizia che ci preoccupa ulteriormente: vogliamo sapere quale sia il danno alla salute e alla ambiente provocato da un impianto che evidentemente presenta forti criticità”.
Giuste osservazioni anche se sarebbe opportuno indirizzare le suddette interrogazioni a chi ha rilasciato le autorizzazioni, vale a dire alla regione Lazio.
La puzza di bruciato (nel vero senso della parola, visto che i cittadini della zona sono stati costretti, con questo caldo, a tenere chiuse le finestre) dei rifiuti laziali lascia sempre qualche dubbio. Per questo si è presentato immediatamente, sul luogo del disastro, anche il Pubblico ministero Giuseppe Travaglini, della procura di Velletri, per le prime disposizioni sulle attività di indagine, delegate alle forze di polizia presenti.
Gli incendi di impianti di trattamento rifiuti aumentano quando aumenta l’emergenza. Questo è un incontrovertibile dato di fatto. Dopo la chiusura di Malagrotta disposta da Marino nel 2013, sono praticamente raddoppiati gli incendi degli impianti di rifiuti. Nell’arco di tre anni, nel Lazio, dal 2014 al 2017, sono stati ben 13. Più di quattro ogni 12 mesi. Praticamente il doppio rispetto agli anni precedenti.
Paurosi roghi come, per esempio, il caso della Eco X di Pomezia, che sprigionò una nube tossica che inquinò Roma e provincia (e una parte della provincia di Latina) per giorni costringendo i cittadini a tapparsi dentro casa.
Ricordiamo, poi, il rogo che a fine maggio 2014 ha avvolto l’impianto Tmb della società Trattamento rifiuti ecologia di Viterbo, legata al gruppo Cerroni. Gli incendi nella discarica di Colle Fagiolara a Colleferro, gestita da Lazio Ambiente, nella Kiklos di Aprilia, nel Tmb della Pontina Ambiente ad Albano Laziale, società della galassia Cerroni. Per continuare con l’impianto di trattamento e stoccaggio rifiuti di Onano, in provincia di Viterbo, della Ternipolimeri di Cittaducale, nel reatino.
Fino ad arrivare all’incendio del TMB Salario avvenuto l’11 dicembre del 2018, con ingenti fiamme che hanno distrutto e reso inutilizzabile l’impianto di trattamento meccanico biologico dei rifiuti. Un sito di Ama attivato nel 2011 a poche centinaia di metri da case, scuole e aziende.
Infine, il clamoroso incendio del Tmb di Malagrotta del giugno 2023, mentre Roma era in piena emergenza rifiuti. Un rogo avvenuto a distanza di due mesi dall’annuncio di Gualtieri della volontà di costruire un termovalorizzatore per risolvere l’emergenza rifiuti della capitale e che attirò le attenzioni di una lunghissima puntata della trasmissione televisiva “Report”.
Tante fiamme, ma anche tante inchieste giudiziarie. Le indagini sui roghi, però, si sono concluse in larghissima parte con l’archiviazione e in molti casi non sono state neppure compiute.
Una lunga scia di fiamme che, dopo il clamore iniziale, finisce sempre nel dimenticatoio.