Il sindaco di Caprarola e l’ex sindaco di Acquapendente non potevano che essere del Partito democratico
CAPRAROLA – Davanti alle manifestazioni violente pro Hamas non ci si meraviglia difronte alla vergognosa posizione ideologica espressa pubblicamente da due personaggi che, con i loro post su facebook, hanno dissacrato il “Giorno del Ricordo” istituito dallo Stato per ricordare i martiri delle Foibe.
Il primo cittadino di Caprarola (se così lo si può definire) Angelo Borgna, ha condiviso sul proprio profilo facebook un post negazionista, rilanciato poco dopo dall’ex presidente della Provincia, Ugo Nardini (ritiratosi dalla politica per scrivere libri).
Prima della giornata dedicata al ricordo delle vittime dei partigiani titini e italiani il presidente della Provincia, Alessandro Romoli, per sua stessa ammissione, ha dichiarato di essere stato contattato da un sedicente comitato antifascista che, attraverso una lettera recapitatagli in ufficio, gli avrebbe chiesto di non partecipare alla cerimonia del 10 febbraio.
Angelo Borgna è sindaco eletto dal Partito democratico e nonostante le polemiche di queste ore continua orgogliosamente a lasciare pubblicato quel post vergognoso.
«I primi e maggiori infoibatori – si legge nel testo a caratteri cubitali – furono i fascisti repubblichini. Il primo ‘storico’ foibologo fu un infoibatore e torturatore dei più feroci, Luigi Papo. Chi parla e addirittura spende i nostri soldi con sceneggiati bugiardi, studi i documenti storici».
Oltre alla didascalia c’è anche il testo di una presunta canzone patriottica pisinese che viene descritto così: «Quando i fascisti insegnavano ai bambini italiani che gli slavi andavano infoibati».
Scritta questa bestialità non poteva mancare l’emulatore. Ad aggiudicarsi il titolo di negazionista comunista Ugo Nardini, ex presidente della Provincia di Viterbo e sindaco di Acquapendente dal 1988 al 1993 prima in quota Partito Comunista e successivamente Pds. Dopo anni di politica e di conduzione del Consorzio Agrario a Viterbo si è ritirato per dedicarsi alla scrittura di libri (dice).
A questi due personaggi piuttosto discutibili che la politica provinciale ancora non ha condannato le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Un muro di silenzio e di oblio, un misto di imbarazzo, di opportunismo politico e talvolta di grave superficialità, si formò intorno alle terribili sofferenze di migliaia di italiani, massacrati nelle foibe o inghiottiti nei campi di concentramento, sospinti in massa ad abbandonare le loro case, i loro averi, i loro ricordi, le loro speranze, le terre dove avevano vissuto, di fronte alla minaccia dell’imprigionamento se non dell’eliminazione fisica», ha detto il Capo dello Stato. «La ferocia che si scatenò contro gli italiani in quelle zone – ha detto ancora Mattarella – non può essere derubricata sotto la voce di atti, comunque ignobili, di vendetta o giustizia sommaria contro i fascisti occupanti». Anche perché nelle fosse scavate dai titini non finirono solo fascisti. «Le sparizioni nelle foibe o dopo l’internamento nei campi di prigionia, le uccisioni, le torture commesse contro gli italiani in quelle zone – ha ricordato Mattarella – colpirono funzionari e militari, sacerdoti, intellettuali, impiegati e semplici cittadini che non avevano nulla da spartire con la dittatura di Mussolini. E persino partigiani e antifascisti, la cui unica colpa era quella di essere italiani, di battersi o anche soltanto di aspirare a un futuro di democrazia e di libertà per loro e per i loro figli, di ostacolare l’annessione di quei territori sotto la dittatura comunista».