Dal 2017 ad oggi le Fiamme gialle hanno stroncato un vero e proprio “sistema” che sfruttava i lavoratori attraverso assunzioni fittizie con società e cooperative di comodo. In fase conclusiva il processo per nove di loro davanti alla giudice Viviana Di Iorio
TARQUINIA – Straordinaria attività di verifica fiscale della Guardia di Finanza su società e stabilimenti balneari di Tarquinia iniziata nel 2017 (e ancora non completamente chiusa) ha permesso di smantellare un “sistema” che gestiva, attraverso società e cooperative di comodo una vera e propria attività di caporalato e sfruttamento dei lavoratori costretti a turni di lavoro massacranti a costi inferiori a quelli di legge che variavano dal 20 al 66% in meno sulla busta paga.
Recentemente, la Compagnia della Guardia di Finanza di Tarquinia ha reso noti gli esiti di una verifica fiscale su una società che gestisce uno stabilimento balneare nel lido di Tarquinia.
Questa indagine, che copre gli anni dal 2020 al 2023, ha portato alla luce una serie di gravi irregolarità finanziarie e lavorative.
Indagine che è stata la prosecuzione di un’altra attività investigativa che vede già a processo davanti al Tribunale di Civitavecchia, gestori di attività ricettive e balneari, commercialisti e addetti alle buste paga coinvolti nel primo filone che riguardava gli anni dal 2017 al 2019.
Durante l’ispezione, è emerso inoltre che, alcune società, hanno omesso di dichiarare ricavi per oltre un milione di euro.
Soltanto nell’ultima indagine sono stati identificati 47 lavoratori non regolari, di cui 13 impiegati in nero e 34 irregolari perché assunti attraverso pseudo appalti di servizi. Questa pratica consiste nella somministrazione illecita di manodopera, mascherata da contratti di appalto fittizi, privi dei requisiti di rischio d’impresa e autonomia organizzativa.
A seguito delle scoperte, il rappresentante legale della società è stato segnalato alla Procura della Repubblica di Roma. Le accuse comprendono la dichiarazione fraudolenta tramite l’uso di fatture false e l’omessa dichiarazione dei redditi, in conformità agli articoli 2 e 5 del D.Lgs 74/2000.
Le società coinvolte, prive di una reale struttura economica e operanti senza rispettare gli obblighi fiscali e contributivi, hanno ricevuto pesanti sanzioni per un totale di € 117.280,00.
Durante le attività ispettive, è stato accertato che tre lavoratori somministrati illecitamente non avevano comunicato l’inizio della loro attività lavorativa all’INPS. Questo ha impedito all’Istituto di adeguare o revocare l’importo del reddito di cittadinanza erogato ai rispettivi nuclei familiari. Di conseguenza, i beneficiari sono stati segnalati alle autorità giudiziarie per l’indebita percezione del reddito.
I lavoratori balneari avrebbero così avuto uno stipendio inferiore del 20% rispetto a quello previsto dai contratti nazionali, non avrebbero avuto quattordicesima, avrebbero perso giorni di ferie e permessi retribuiti, e subito decurtazioni sugli straordinari, i festivi e il lavoro notturno comprese tra il 33,3 e il 66,6%.
L’operazione condotta dalla Guardia di Finanza rappresenta un’importante azione di contrasto all’evasione fiscale e al lavoro sommerso. Queste misure sono essenziali non solo per recuperare le imposte evase, fondamentali per garantire i servizi statali alla collettività, ma anche per combattere le forme più insidiose di concorrenza sleale che minano il tessuto economico locale.
In conclusione, l’attività della Guardia di Finanza evidenzia l’importanza di un controllo rigoroso e continuo per mantenere l’integrità economica e assicurare equità nel mercato del lavoro.
Nel frattempo, gli esiti della prima indagine condotta dal magistrato Alessandro Gentile sono già oggetto di dibattimento davanti al Tribunale di Civitavecchia dove il giudice Viviana Di Iorio dovrà stabilire i vari gradi di responsabilità.
In questo caso ha fatto molto scalpore la notizia rilanciata dal quotidiano nazionale “La Repubblica” perché ha portato a conoscenza che tra gli imputati alla sbarra c’è anche un candidato a sindaco di Tarquinia che, in caso di condanna, incapperebbe nella censura della Legge Severino a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190) nella parte in cui prevede la sospensione automatica dalla carica di chi sia stato condannato in via non definitiva per reati di particolare gravità o commessi contro la pubblica amministrazione.